La coerenza incoerente dell’ex senatore a riposo Ugo Sposetti
Ciclicamente, come le disgrazie, l’ex senatore a riposo Ugo Sposetti torna a far parlare di sé. Nella sua vita ha fatto una carriera invidiabile da ex ferroviere a deputato e ultimamente senatore, è stato amministratore e curatore fallimentare dei beni dell’ex PCI inguattandoli in 57 fondazioni, con manovre che lo portarono ad essere definito un genio della finanza da Massimo D’Alema la cui moglie, ora pensionata, ricopre una carica importante nella gestione delle fondazioni, niente di illegale s’intende, tutto secondo le regole un pochino bislacche delle numerose e contraddittorie leggi italiane.
Grande sostenitore del finanziamento ai partiti che, secondo lui, sono i depositari della democrazia che io invece definirei partitocrazia ed ultimamente, vista la crisi dei partiti, ’’fondazionocrazia’’. In tutti questi passaggi si può riscontrare un robusto filo rosso di opacità amministrativa con sintomi di orticaria alla parola controlli. Ma veniamo ancora al ’’nostro’’ senatore che in questi anni si è fatto strenuo difensore dei diritti (privilegi ad essere gentili) acquisiti chiamati vitalizi, ovviamente non guardando per il sottile chi erano i suoi camerati di cordata che vanno da Violante a Fini senza trascurare Razzi e Scilipoti.
Fa una certa impressione sentirlo dire che lui difende quei poveri deputati e senatori che si vedranno decurtato il privilegio dell’80-90% (boom!) e che la fame e la miseria stanno in agguato per ghermirli. Poi vai a guardare gli emolumenti e non riesci a trovare cifre inferiori ai 2.000 euro mensili che sono il sogno di milioni di pensionati italiani che li avevano votati sperando in un mondo più equo.
Ma c’è un’altra cosa che mi irrita ed è quella dei debiti fatti dai partiti con il mantenimento di giornali che, grazie ad una discutibilissima legge sull’editoria, sono campati sulle spalle degli italiani e la nutrita schiera di giornali di partito e che per definirli tali ed accedere ai finanziamenti bastava ci fosse la richiesta di due o tre onorevoli, anche Il Sole 24 ore, il Corriere della sera e la Repubblica hanno goduto di tali finanziamenti.
Malgrado questi fondi molti giornali, che nel frattempo si erano trasformati in ’’postifici’’ per amici e parenti e anche qualche trombato alle elezioni in attesa di un posto migliore negli apparati o società sotto il controllo statale. In alcune interviste di qualche anno fa Sposetti dichiarò che i debiti dei giornali contratti con le generose banche, poi si è capito perché andavano aiutate, potevano non essere pagati e che gli istituti di (dis)credito dovevano rivalersi sullo Stato, il quale effettivamente in molti casi è intervenuto.
Ora vorrei fare due domande all’ex senatore: la prima perché, visto che il suo vitalizio supera di gran lunga la quota di contributi versata, lo debbano pagare alla fine i lavoratori con i loro contributi reali, i quali alla fine percepiranno, speriamo, una misera pensione fra molti anni? La seconda perché i debiti dei fallimenti di giornali, riviste, canali tv e radio dei partiti debbano essere pagati dallo Stato, cioè da tutti quei contribuenti italiani con le loro tasse? Lei cosa ne pensa. Ha conosciuto personalmente Berlinguer, crede che sarebbe stato d’accordo?
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