La Talpa (Tinker, Tailor, Soldier, Spy)

Regia di Tomas Alfredson. (GB, 2011, spionaggio, 127 min) Con Gary Oldman, Colin Firth, John Hurt, Tom Hardy, Jared Harris)
Tratto dall’omonimo bestseller di John Le Carrè, uno dei massimi esponenti della letteratura di spionaggio, il film di Alfredson racconta di alcune vicende all’interno del Circus inglese: la mission è quella di individuare una spia, che da anni fa il doppio gioco a favore del Kgb sovietico, a causa della quale è stato defenestrato Control, capo dei servizi segreti inglesi, dopo il fallimento di una missione segreta in Ungheria, dove ha perso la vita l’agente speciale Prideaux.
Anche Smiley, fedelissimo di Control viene allontanato, salvo poi essere in gran segreto riassunto per intensificare la caccia alla spia. Siamo nel 1973, in clima ancora da guerra fredda e le locations del film si spostano fra Budapest, Londra e Parigi. Ne vien fuori un film fresco, intenso, originale.
Anche se a chiunque sarebbe risultato molto difficoltoso trasporre in pellicola la monumentale opera di Le Carrè, Alfredson pur distaccandosi in parte dagli scenari originali e dalle caratteristiche dei protagonisti del libro, è riuscito a tirarne fuori un film molto british, un grande film di spionaggio con la particolarità che la descrizione del clima da guerra fredda ci è proposta da un cittadino di un paese (la Svezia) storicamente neutrale.
Se consideriamo poi che il lavoro è stato fatto con pochissimo budget a disposizione, ci possiamo rendere conto della grandezza del risultato. Gary Oldman dopo aver interpretato innumerevoli personaggi sempre molto agitati e scorbutici, qui interpreta il serafico Smiley, felpato, saggio e arguto.
Un ruolo che per lui ancora al cinema non si era mai visto.
Colin Firth, dopo l’Oscar quale miglior attore protagonista, qui recita in un ruolo da non protagonista, ma appare a suo agio ed impreziosisce con la sua presenza un cast davvero importante.
Il film che eccelle per un’ottima sceneggiatura, per i dialoghi e per una attenzione verso i particolari può senza dubbio essere definito anche molto estetico: la pittura, la musica, l’arte in genere oltre ai dialoghi della vita quotidiana sono sempre percepibili. Un’altra chiave di lettura del film è data dalla presa di coscienza della solitudine maschile: scorrono silenziose le vite, i sacrifici di chi fa un certo tipo di mestiere, vengono toccate le corde, i nervi dei singoli protagonisti, facendone emergere malinconie, silenzi, senso della vita che scorre e…quasi sempre fedeltà alla causa.
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