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La Romania nell’Unione Europea, i primi sette mesi

Quello del 2007 non è stato un Capodanno come gli altri per i cittadini rumeni; è stato l’ingresso –o meglio il ritorno a tutti gli effetti- nella famiglia europea. Ma quali sono le conseguenze di questo evento cruciale per la Romania, dopo 7 mesi dai brindisi e i fuochi d’artificio in Piazza della Rivoluzione? Un interessante report inviatoci dal Dr. Marco Ranieri e pubblicato sul sito del Centro di Ricerca Eurac

di Emanuele G. - venerdì 3 agosto 2007 - 2822 letture

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Stemma della Romania

Se è vero che attraversare la dogana non richiede più visti, ore di coda e molta pazienza, è anche vero che l’integrazione è un processo lungo e non indolore. Naturalmente è troppo presto per fare un bilancio, anche se è possibile cogliere alcuni segnali significativi.

Nel primo trimestre del 2007 la Romania è cresciuta ad un tasso del 6% ed ha attratto investimenti diretti esteri (Ide) per 1,31 miliardi di Euro. Questi dati, sicuramente ragguardevoli, indicano tuttavia un rallentamento rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, quando i dati erano rispettivamente 6,9% e 1,97 miliardi di Euro. La crescita del Pil prevista per l’anno in corso è del 6% (ma con previsioni di crescita a due cifre per industria e le costruzioni) e gli Ide dovrebbero raggiungere i 7 miliardi di Euro, a fronte dei 9 del 2006 (di cui però, va detto, oltre il 40% era costituito da investimenti di portafoglio nel settore bancario).

Il rallentamento della crescita del Pil è causato principalmente dai bassi risultati raggiunti nel settore agricolo, dal rallentamento della crescita dei consumi interni e da un aumento sproporzionato delle importazioni rispetto alle esportazioni. Quest’ultimo elemento è strettamente legato all’ingresso nel Mercato unico europeo: nei primi 4 mesi del 2007 il disavanzo commerciale rumeno è aumentato di circa il 66% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, raggiungendo 5,67 miliardi di Euro. Il disavanzo è dovuto in gran parte all’esplosione delle importazioni (sia delle famiglie che delle imprese) di beni dai paesi UE, aumentate del 41% rispetto ai valori dell’anno precedente.

Nei parcheggi dei sempre più diffusi ipermercati di catene francesi, tedeschi o austriaci che continuano ad aprire in Romania, si vedono sempre più auto straniere i cui bagagliai si riempiono sempre più di beni importati. La definitiva rimozione dei dazi per i prodotti UE e il costante apprezzamento del Leu hanno spinto imprese e consumatori a preferire beni importati, siano essi macchinari industriali, automezzi o beni per la casa e la persona. Sebbene sia previsto che l’apprezzamento del Leu nei confronti dell’Euro continuerà (a gennaio 2007 un Euro comprava 3,39 Lei, a giugno 3,22), va notato che se il disavanzo commerciale (previsto a 18 miliardi di Euro nel 2007) e il disavanzo di conto corrente (che già nel 2006 aveva superato i 10 miliardi di Euro) continuassero ad aumentare in maniera incontrollata, la valuta correrebbe il rischio di svalutarsi e le spinte inflazionistiche allontanerebbero il paese dalla strada che dovrebbe portare all’adozione dell’Euro nel 2014.

La decrescita dei flussi di Ide è spiegabile sia dal progressivo esaurirsi delle opportunità derivanti dalla privatizzazione sia dalla diminuzione, già in corso da qualche anno e accelerata dall’ingresso nell’UE, delle operazioni di "perfezionamento passivo" per i prodotti labour-intensive. Negli anni scorsi gli investitori esteri, soprattutto italiani, hanno delocalizzato in Romania le fasi ad alta intensità di lavoro della produzione (soprattutto nei settori tessile e calzaturiero) beneficiando del basso livello dei salari che poteva essere fino ad un decimo di quello italiano. Oggi questo tipo di investimento è sempre meno conveniente, perché i salari in Romania crescono velocemente (lo stipendio medio lordo ad aprile 2007 era di 320 Euro). Inoltre, un problema piuttosto recente che gli imprenditori riscontrano in Romania e che potrebbe acutizzarsi grazie alla maggiore facilità per i cittadini rumeni di lavorare negli altri paesi dell’UE, è la mancanza di manodopera. Con circa 3 milioni di rumeni che lavorano all’estero, gli imprenditori in Romania sono costretti ad impiegare lavoratori moldavi, ucraini e, fenomeno nuovo e in crescita, cinesi.

Un altro fenomeno legato all’emigrazione è quello delle rimesse dall’estero che si stima supereranno i nel 2007 i 5,5 miliardi di Euro. L’ingresso nell’UE e la maggiore facilità di lavorare, e soprattutto stabilirsi definitivamente in un altro paese europeo potrebbero però far decrescere questi flussi poiché l’emigrazione definitiva, non solo di lavoratori singoli ma anche delle loro famiglie, comporterà sicuramente una contrazione delle rimesse. Negli ultimi anni, comunque, le rimesse degli emigrati hanno anche creato effetti distorsivi, tra cui l’eccessivo consumo di beni importati e la nascita di fenomeni speculativi nel mercato immobiliare, con l’effetto di rendere Bucarest la 78esima città più cara al mondo (secondo i dati della "Cost of Living Survey" dell’inglese Mercer Human Resource Consulting).

Al di là dei fenomeni citati, fino ad oggi non è stato tuttavia ancora possibile capire quali saranno gli effetti di uno dei maggiori benefici dell’ingresso nell’UE: i 30 miliardi di Euro, di cui circa 12 destinati all’agricoltura, che arriveranno alla Romania sottoforma di fondi strutturali e di coesione nel periodo 2007-2013. I fondi dovrebbero essere utilizzati principalmente per le infrastrutture, l’educazione, la sanità, lo sviluppo locale e le PMI. Nonostante l’ottimismo dei politici e dei mass media, si riscontra però la mancanza di una chiara strategia post-adesione e si stima che realisticamente la Romania potrebbe assorbire nel 2007 solo il 10% dei fondi a disposizione. La questione dell’assorbimento dei fondi è dunque cruciale per lo sviluppo della Romania, per poter brindare già dal prossimo Capodanno ai risultati raggiunti.

Autore: Dr. Marco Ranieri

e-mail: marco.ranieri@email.it

Link diretto all’articolo: Centro di Ricerca Eurac


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