La Repubblica delle banane

Lo scoop di "girodivite" e il salto carpiato di Scalfari

di Adriano Todaro - martedì 28 novembre 2017 - 5299 letture

Fare uno scoop rimane sempre la vetta più alta per un giornalista. Portare una notizia che i giornali concorrenti non hanno, è una goduria, una delizia. I giornalisti, si sa, sono brutta gente che venderebbero la “madre a un nano”, come cantava De André, pur di fare uno scoop. E non è un caso, come ricordava Mark Twain, che un famoso detto così recita: “Non dite a mia madre che sono un giornalista, lei crede che faccia il pianista in un bordello”.

Eh sì, racconto questo anche per farvi capire com’è dura la vita di un giornalista. Qualche giorno fa ho appreso una notizia e così ho cominciato a investigare, a cercare di capire, a scavare così come insegnano nelle migliori scuole di giornalismo. La notizia riguardava l’intervista Tv di Giovanni Floris al fondatore di Repubblica, Eugenio Scalfari. Un mitico grande giornalista, un monumento vivente. Pensate che è talmente importante che il suo giornale ha cambiato, in suo onore, anche il carattere dei testi. Finora c’era il Bodoni (usato da Repubblica), il Times, il Garamond ecc., caratteri con le “grazie” o con i “bastoni”. Ora c’è anche il carattere “E” in onore del fondatore di Repubblica.

Devo dire che sono invidioso. Lo ammetto. E lo sono non solo per la bravura di Eugenio nello scrivere ma anche perché, a imperitura memoria, nelle scuole di grafica si studierà il carattere “E” e non il carattere “A” (inteso Adriano).

Comunque torno all’intervista Tv perché, come il solito, mi perdo in discorsi che non c’entrano nulla. Dunque, l’intervista ha suscitato un sacco di polemiche perché “Barbapapà”, com’è affettuosamente chiamato dai suoi redattori, a un certo punto ha dichiarato, papale papale, che voterebbe Berlusconi piuttosto che Di Maio, E, per chiarire meglio il profondo concetto, ha continuato dicendo che sì Berlusconi è populista ma il suo populismo ha una certa “sostanza”.

E lo scoop dov’è? E’ vero, non c’è. Questa notizia l’hanno portata tutti. Ma ecco che a questo punto viene fuori il mestieraccio, la capacità, come dicevo sopra, di saper scavare, di vedere i nessi, i collegamenti, leggere fra le righe dei documenti. Io l’ho fatto. Ho scarpinato a destra e a manca, ho incontrato “gole profonde” con il mal di gola, ho intervistato testimoni cui ho garantito l’anonimato e uomini dei servizi. Alla fine ho scoperto – solo io – il perché di una dichiarazione come quella di Scalfari. E così ho incontrato il caporedattore di girodivite, Piero Buscemi, qualche giorno fa a casa mia. Lui, per non farsi riconoscere, è arrivato travestito da bergamasco. E, a lui, ho raccontato il tutto chiedendo il suo consenso per la pubblicazione di questo pezzo.

Dovete sapere che Buscemi è un grande affabulatore siculo. L’ha presa alla lontana con tutto l’armamentario che hanno i capiredattori in questi casi: “Chi è la tua fonte? Hai le prove di quello che dici? Non è che rischiamo una querela temeraria e milionaria?”. Ho dato tutte le rassicurazioni ma non ho rivelato le mie fonti neppure a lui. Avuto il via libera, oggi sono in grado, dopo più di una settimana d’intenso lavoro, di informare anche voi lettori di cosa ci sta dietro quella sibillina frase di Scalfari.

State attenti ai termini che usa il geniale inventore di Repubblica: populista sì ma di “sostanza” dice riferendosi al Vecchietto Ripugnante. Ora “sostanza” è un sostantivo femminile che si usa in tanti modi e che significa una cosa che rimane immutata, anche se mutano le sue qualità esteriori. Le qualità esteriori del Laido Vecchietto sono visibili a tutti ma lui rimane immutato dentro: è e sarà sempre un condannato definitivo per frode fiscale. Ma il nostro direttore, anzi il Direttore Eugenio, bada al sodo, alle cose concrete. Esempio? Ecco, alla dentiera. Sembra una cosa da nulla ma lo scoop è proprio questo. Scalfari ha 93 anni, e Silvio, come risaputo, ha promesso dentiere gratis a tutti gli ospiti di Villa Arzilla.

Nessun giornale ha portato questa notizia ed io sono fiero di essere stato il solo a capire cosa ci stava dietro a questo grande gioco fra La7, Repubblica e il direttore Mario Calabresi che farà sì uscire la Repubblica rinnovata, ma che, in questo momento, non se la passa troppo bene in quanto a vendite del giornale. Il suo posto traballa e in tanti sono pronti a occupare la sua poltrona. E’ la dura vita dei giornalisti. D’altronde Calabresi non ha molto da lagnarsi: subito dopo aver frequentato l’Istituto per la formazione al giornalismo di Milano, nel 1998, è già cronista parlamentare dell’Ansa. Mica è andato alla Gazzetta di Carrapipi o al Giornale del Naviglio!

A proposito di soldi. Subito dopo lo scoop che ho raccontato sopra, ho chiesto a Piero Buscemi un aumento di stipendio. Piero mi ha guardato come un siciliano guarda uno del Nord, quella faccia tipica siciliana, un po’ schifata e nello stesso tempo incredula e altezzosa, se mi capite, un po’ normanna. Ha risposto che ci penserà. Comunque sia, non ho problemi. Se Calabresi se ne va, io sono pronto per Repubblica. Sarei un direttore ideale: costo poco e non ho la dentiera. E neppure il pannolone, almeno finora.


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