La Madonna del Malaffare
Politica e clero islamico a Bronte
Il concetto e la pratica del Simulacro stanno al centro di molta filosofia contemporanea. Dissolta la verità assoluta, infatti, ciò che rimane è una pluralità di immagini tutte “parlanti”, di prospettive diverse e legittime, di apparenze che costituiscono la sostanza stessa del mondo.
Il Simulacro è strettamente legato anche al Sacro. Esperienze religiose come l’Ebraismo, l’Islam, il Cristianesimo protestante, non riescono a comprendere che gli esseri umani hanno bisogno di un contatto iconico e materico col Divino. Tale consapevolezza pervade, invece, il Cristianesimo cattolico e i culti pagani. Nelle antiche religioni mediterranee, infatti, e in quelle che Julian Jaynes (Il crollo della mente bicamerale e l’origine della coscienza [1976], Adelphi 2002) ha definito le «civiltà bicamerali» sparse per tutto il pianeta, le divinità non stavano al di fuori, non venivano implorate come lontane o persino inaccessibili, non erano il “totalmente Altro” ma costituivano una parte dell’essere umano, una presenza costante nel tempo e nello spazio, pronta ad ascoltare, consigliare, ammonire, punire, difendere. Il tempo lunghissimo -millenni interi- nel quale alle statue veniva attribuito un culto tanto costante quanto convinto e diffuso, non può essere spiegato in termini anacronistici, quale semplice “superstizione” o “idolatria”. È assai più probabile che gli umani udissero le statue rivolgere loro la parola, come i guerrieri dell’Iliade sentivano i loro dèi o uno schizofrenico è circondato dalle sue voci.
La persistenza del culto delle statue nella pratica cattolica conferma la fecondità di tale ipotesi, come se molte persone non si rassegnino a privarsi di un contatto fisico con il proprio Dio, con una parte così essenziale e potente del sé ma anche del noi. La venerazione per i simulacri della Madonna ha quindi ragioni profonde e importantissime.
Tanto più diventa moralmente e religiosamente grave l’utilizzo politico di questo culto, come quello che caratterizza molte feste locali. Nel paese in cui sono nato avviene qualcosa di singolare. Il programma dei Solenni festeggiamenti in onore della Madonna Annunziata, patrona della Città di Bronte prevede, infatti, un «incontro ufficiale della Madonna con la cittadinanza, consegna da parte del sindaco, sen. Giuseppe Firrarello, della chiave d’oro della città e saluto».
Il Sindaco consegna quindi le chiavi della città alla Madonna. Non mi soffermo sul vulnus che una simile consuetudine infligge alla laicità di una amministrazione pubblica e al principio di eguaglianza di tutti i cittadini (tra i brontesi, infatti, possono esserci -e ci sono- esponenti di altre confessioni cristiane e di altre fedi, o non credenti in alcuna religione) ma sul suo valore emblematico. Bronte è infatti un luogo dominato in ogni fase della sua vita pubblica e privata dai preti cattolici, i quali guidano gruppi e associazioni di ogni genere, diffondono attraverso megafoni canzoni religiose per l’intera domenica, gestiscono la locale casa di riposo, offrono i loro consigli di voto in ogni occasione elettorale, riempiono dei loro manifesti le strade, l’ospedale, i negozi.
E in questo tripudio di fede, la gestione della cosa pubblica, il senso civico, la qualità della vita -assistenza, trasporti, occupazione, cultura, abusivismo edilizio e arredo urbano, rispetto del territorio e del Parco dell’Etna (all’interno del quale si vuole costruire un assurdo campo da golf...)- sono a livelli infimi. Bronte si presenta quindi come una teocrazia sempre ben disposta nei confronti delle mafie locali. Povera Madonna.
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Bronte è infatti un luogo dominato in ogni fase della sua vita pubblica e privata dai preti cattolici, i quali guidano gruppi e associazioni di ogni genere, diffondono attraverso megafoni canzoni religiose per l’intera domenica, gestiscono la locale casa di riposo, offrono i loro consigli di voto in ogni occasione elettorale, riempiono dei loro manifesti le strade, l’ospedale, i negozi.
A ’Bronte’ è possibile sostituire a piacimento Biancavilla, Adrano e chissà quanti altri paesini dell’etneo...
Ha un bel da fare la filosofia a trovare una via d’uscita dai troppi dogmi..
Ci vorrebbe un cervello veramente freddo..(o forse superfreddo)
Ma a cosa può servire l’analisi?
La saggezza nell’uomo della campagna prepara al raccolto dell’uva. Quale saggezza in più di disporre un tale evento?
Eppure, senza un corpo non vi è modo di vedere, scrutare, riquadrare ciò che ai nostri sensi sembra assai mastodontico.
Come se i nostri sensi fossero adatti a cogliere l’infinito o l’infinitesimo!
Cosa sappiamo noi della finezza della mente del falegname mentre fischiettando sta veramente montando una porta?
Vediamo le cose dal lato della religione: altre menti ci precedono nel raccontare il nostro disappunto, o dolore dell’esistenza..
Poi esci dalla Chiesa.. riconosci l’enorme passo fatto per allontanarti dai problemi che giacciono..
Una risposta?
La Chiesa ci deve essere, poichè il difetto dell’esistenza è grande.
Non sarà la chiesa a peggiorarlo.
Ci accomodiamo nell’idea che non ci vuol nulla per evitare di negare, per evitare il rischio dell’inferno.
In tal senso è una manovra sbagliata.. perchè l’inferno è voler essere nel mucchio, in mezzo a chi non potremo mai somigliare.
Il Paradiso è già presente.. è una stradina stretta, e poco frequentata.
SalvoP