La Lentini postcomunista (1975-1980)

Nuova puntata della storia politica di Ferdinando Leonzio in esclusiva per i lettori di Girodivite. In questa puntata, la storia dal 1975 al 1980...
La fine dell’esperienza Marilli
Le elezioni amministrative del 15 giugno 1975 segnarono la fine dell’egemonia comunista a Lentini. In un sol colpo il PCI subì un forte calo in voti, in seggi e in percentuale [1] rispetto alle precedenti consultazioni del 1970, perdendo la maggioranza relativa, in Città e nel Consiglio Comunale, e la guida dell’Amministrazione Comunale, da cui anzi rimase escluso.
Per di più il 90 % delle perdite comuniste andò a rimpolpare le file degli alleati/rivali socialisti, che riportarono una brillante affermazione. Con tutta evidenza si trattava di un chiaro messaggio, secondo cui quella parte di elettorato comunista che si era orientato sul PSI non si era spostato a destra, ma aveva specificamente voluto “punire” il gruppo dirigente comunista, che da tempo si era identificato con i maggiori esponenti impegnati nel Comune [2]. Insomma, le proteste contro l’Amministrazione venivano scaricate sul partito di cui essa era considerata l’espressione.
Come nel 1958, in seguito alla mancata rielezione di Marilli alla Camera, anche nel 1975 la rabbia dei militanti, privati di quello che per anni avevano sentito come un proprio fortilizio inattaccabile, il Comune, esigeva un qualche sfogo, l’individuazione fisica dei responsabili di tanto sfacelo, da punire severamente. Per cui il giovane e brillante segretario Elio Magnano, da troppo poco tempo alla guida della sezione per poter essere accusato di alcunché, non poté fare a meno di convocare una serie di riunioni degli organi del partito. Ma veramente conclusiva di quella che man mano era diventata una specie di “caccia alle streghe”, fu l’assemblea di sezione del 17 luglio 1975 che si svolse alla presenza del segretario regionale del PCI, Achille Occhetto, appositamente intervenuto.
L’intenzione della dirigenza era quella di individuare le cause che avevano portato alla sconfitta e ricercare i possibili rimedi. Ma l’assemblea non tardò a trasformarsi in una specie di processo di Salem [3], alla fine del quale fu deciso che l’on. Marilli [4], il sindaco uscente Cassarino e l’assessore uscente Paolo Innocenti dovevano lasciare lo scranno di consiglieri comunali [5].
Anche se, riesaminando a distanza di tempo le vicende di quell’agitato periodo, si possono individuare varie cause di quella grave sconfitta [6], probabilmente strettamente intrecciate fra loro, a prevalere fu sostanzialmente un cieco senso di ribellione e di rivalsa contro il gruppo che aveva gestito il partito nell’ultimo decennio e che si riteneva politicamente responsabile della sconfitta.
Se il mondo comunista locale stentava, smarrito ed incredulo, ad assorbire il suo dolore e la sua rabbia, in campo socialista regnava l’euforia per la brillante affermazione ottenuta [7]: il partito socialista , in tutte le sue correnti e sottocorrenti, era in piena euforia. Ma una “leggenda metropolitana” vuole che il suo maggior leader, il vicesindaco uscente Sebastiano Centamore abbia pronunciato a caldo un profetico quanto sorprendente giudizio: “Semu cunsumati! ” (Siamo rovinati!). Egli sapeva, infatti che, manovrando sul tesseramento, si può controllare un piccolo partito, ma che è quasi impossibile dirigerne uno improvvisamente cresciuto, specie se attraversato da così tanti orientamenti politici, ideologie, intese, accordi, cordate, rivalità e quant’altro. Egli comunque non intuì che, per mantenere l’elettorato ex comunista, e dunque di sinistra, occorreva al PSI non deluderlo, cercando di promuovere una nuova, sia pure risicata, maggioranza di sinistra [8], magari a guida socialista. Ma obiettivamente, nel clima di sconfitta bruciante in cui si contorceva, sarebbe stato politicamente impossibile anche il solo tentare una formula che riportasse, in qualche modo, il PCI al potere, da cui così clamorosamente l’elettorato aveva voluto escluderlo. Ed inoltre forse il leader socialista rimase abbagliato dall’ipotesi di una sua sindacatura, che la DC si affrettò ad offrirgli, obiettivo che lui, appena qualche settimana prima, non si sognava certo di poter raggiungere.
Anche la DC, nonostante due segnali negativi [9], poteva cantare vittoria, essendo, per la prima volta a Lentini, divenuta partito di maggioranza relativa ed in procinto di entrare nell’area del potere comunale, non più in seguito ad alchimie politiche [10], ma tramite alleanze organiche di centro-sinistra (DC-PSI-PSDI-PRI). Si apriva, in ogni caso un periodo di larga influenza nel territorio per il partito dello Scudo Crociato, un periodo che vedrà il suo leader storico Enzo Nicotra Presidente della Camera di Commercio [11], l’avv. Salvatore Moncada Presidente della Provincia [12] e il rag. Pippo la Rocca Commissario dell’Ospedale Civile, oltre a una presenza costante e autorevole della DC nell’Amministrazione comunale [13]. Un ruolo, dunque, di grandissimo peso nella realtà cittadina.
Furono premiati anche i partiti che con maggior virulenza avevano attaccato il PCI durante la campagna elettorale: il MSI-DN (11 %), che raddoppiò i suoi seggi, portandoli da due a quattro [14] e il PSDI (5,7 %) che ritornò in Consiglio Comunale con due consiglieri [15].
Il centro-sinistra di Sebastiano Centamore
Venne dunque costituita, presieduta da Sebastiano Centamore (PSI) una Giunta di centro-sinistra (DC-PSI-PRI) [16] che si insediò il 4 agosto 1975. Essa, man mano che svolgeva la sua attività, i cui risultati erano ritenuti insoddisfacenti, lasciava uno strascico di malumori, insoddisfazioni e critiche, sia all’interno della DC, che del PSI, la cui minoranza ben presto cominciò a chiedere addirittura il ritiro della delegazione socialista, il che ovviamente significava le dimissioni del Centamore. Il quale, inoltre, si trovò a dover fronteggiare non solo i virulenti attacchi del PCI, dentro e fuori del Consiglio Comunale, ma anche a gestire i forti dissensi che la sua amministrazione suscitava dentro il suo partito e nel gruppo consiliare socialista e, in più, come leader della maggioranza interna, a cercare di dare un riassetto alla sezione. Non riuscì però a trovare soluzioni che conciliassero fedeltà ed efficienza, per cui si ebbe nel PSI un periodo di agitato interregno, che vide alternarsi alla guida della sezione, dopo il ritiro del vecchio e fedele Sebastiano Ventura, il dott. Giuseppe Centamore, presto costretto a rinunciare ai suoi disegni di rilancio del partito [17]; il commerciante Saro Ferrauto, elemento di spicco della minoranza, presto eliminato assieme ai suoi propositi di rinnovamento, ed infine l’imprenditore edile Alfio Serratore, il quale si vide costretto a gestire una situazione politica, già in gran parte compromessa, soprattutto in seguito a due importati novità.
Verso il compromesso storico
Era avvenuto che il vertice nazionale del PCI, guidato da Enrico Berlinguer, in seguito ad una approfondita riflessione, seguita alla tragica conclusione in Cile dell’esperimento del cartello di sinistra di Unidad Popular, guidata dal socialista Salvador Alliende [18], aveva adottato la nuova linea politica del compromesso storico, secondo cui per una nuova politica di necessarie riforme, occorreva un accordo fra le principali correnti di pensiero: quella comunista, ovviamente, la socialista e la laica e la cattolica. Insomma, per dirla in soldoni, si apriva la porta ad una possibile collaborazione fra PCI e DC. Il congresso sezionale del PCI lentinese del 6-7 marzo 1976 recepì subito tale direttiva:
Noi comunisti proponiamo quindi che, sulla base di un preciso ed avanzato programma… si giunga ad un definitivo superamento del centro-sinistra e alla costituzione di una Giunta a cui portino il loro contributo direttamente tutte le forze democratiche e in primo luogo il PCI.
Tale presa di posizione metteva in campo una possibile formula di governo locale alternativa al centro-sinistra e toglieva al PSI il suo ruolo di “ago della bilancia” senza il cui apporto in precedenza era stato impossibile formare maggioranze di sinistra o di centro-sinistra. In fondo non era che un invito alla DC a liquidare la sindacatura Centamore.
Il secondo e importantissimo segnale di crisi fu dato dai risultati delle elezioni regionali e nazionali, che si tennero contestualmente il 20 giugno 1976. Esse, dopo un solo anno di centro-sinistra a guida socialista, ridiedero a Lentini la maggioranza assoluta al PCI [19], ridussero di due terzi la forza del PSI [20] e ridimensionarono la forza della DC [21].
Il sindaco Centamore, dimostrando sensibilità democratica, ne colse il messaggio politico e rassegnò le dimissioni, mentre nel suo partito, senza più una maggioranza interna coesa, risultava sempre più difficile la formazione di una passabile dirigenza. Anche Serratore dunque rassegnò le dimissioni da segretario, mentre al leader di fatto Sebastiano Centamore non restò altro che chiedere lui stesso il commissariamento della sezione [22], perdendo così, d’un sol colpo, il controllo dell’Amministrazione Comunale e quello del partito.
Il crollo elettorale del PSI, il calo dei suoi alleati in Giunta DC e PRI [23], la contemporanea riconquista della maggioranza assoluta da parte del PCI [24], la buona affermazione del MSI-DN [25] indicavano con chiarezza il fallimento in città della formula di centro-sinistra. Per cui, vista la disponibilità del PCI a un accordo programmatico con la DC, iniziarono, e si conclusero positivamente, le trattative per la costituzione di una Giunta Comunale che sarà chiamata di “larghe intese”, formata da DC, PCI, PSI, e PSDI, con sindacatura alla DC, partito di maggioranza relativa in Consiglio Comunale [26]. Il nuovo esecutivo guidato dal dott. Fisicaro riprese la tematica dello sviluppo urbanistico, approvò le lottizzazioni, effettuò opere di miglioramento nella “zona 167”, cercò di arginare l’abusivismo mediante una modifica della variante al PRG, si adoperò per la realizzazione di una nuova ala dell’Ospedale Civile, fece installate ringhiere di ferro, tuttora esistenti, in tutte le numerose scalinate della città, ecc.
Intanto un certo malumore serpeggiava all’interno della Dc per i nuovi equilibri interni che vi si stavano configurando: accanto alla tradizionale corrente maggioritaria (Nicotra) e alla consistente minoranza (Moncada) si stava configurando una terza componente, guidata dal segretario Cannone, che in un certo senso stava modificando i consolidati equilibri interni. Il congresso sezionale del 24 ottobre 1976, convocato per il rinnovo del Comitato sezionale e per l’elezione dei delegati al Congresso provinciale, si concluse con la vittoria della maggioranza nicotriana. Lo stesso avv. Nicotra ritornò alla segreteria del partito, con vice un giovane emergente, originario di Floresta: l’avv. Giacomo Capizzi. Le fibrillazioni che attraversavano il partito a Lentini erano probabilmente dovute ad una crisi di crescita, in cui si facevano largo nuove e forti personalità, come Pippo La Rocca e Salvatore Martines. C’è da osservare, comunque, che le rivalità interne, a volte molto accentuate, non portarono mai al “taglio della testa”, cioè all’eliminazione dell’avversario politico interno, in quanto nella DC c’era, in tutti i gruppi, la consapevolezza che la forza e l’incidenza del partito erano basate essenzialmente sulla sua unità, come si poteva constatare nella distribuzione delle cariche interne ed esterne, da cui nessuno veniva mai totalmente escluso.
L’Amministrazione Fisicaro, logorata dalle rivalità fra i partiti, la collaborazione tra i quali si era rivelata piuttosto fragile, e soprattutto dal loro frazionismo interno, durò poco più di un anno (18-1°-1976/10-3-1978) e si dimise per consunzione, con una motivazione generica, ufficialmente per consentire una ristrutturazione dell’attuale Giunta così come disposto dai partiti che l’avevano sostenuta.
Si aprì così una lunga crisi che travolse soprattutto il PSI e modificò gli schieramenti consiliari, provocando altresì lo sganciamento del PCI dalla formula delle larghe intese. Nel periodo a cavallo della crisi comunale il PSI aveva attraversato un periodo piuttosto agitato, caratterizzato da lotte tra gruppi e sottogruppi, di cui allo storico è difficile seguire il filo logico. Il quadro che si presentò, quando, a conclusione della gestione commissariale, fu convocata l’assemblea di sezione per l’elezione del nuovo Direttivo, era alquanto frastagliato. La minoranza si era divisa in due: una “manciniana”, facente capo a Lentini all’avv. Pupillo e provincialmente al prof. Vincenzo Bondì e l’altra, “autonomista” , guidata a Lentini da Saro Ferrauto e provincialmente dal prof. Raffaele Gentile. A quest’ultima aderì il dott. Santo Ragazzi, che presto ne diverrà il leader. La maggioranza, con leader a Lentini Sebastiano Centamore e a Siracusa il prof. Salvatore Miceli era al sui interno alquanto composita, annoverando nelle sue file gli ex psiuppini facenti capo ad Angelo Celso, mentre era in formazione un nuovo gruppo guidato da Saro Renna e Turi Mangiameli. La turbolenta assemblea per l’elezione del Comitato Direttivo si concluse con il ritiro del gruppo Ferrauto, mentre tutti gli altri si accordarono per una lista unica di 15 componenti, che ovviamente furono tutti eletti. Segretario ritornò ad essere l’ex sindaco Centamore.
La crisi comunale seguita alle dimissioni della giunta Fisicaro colse il PSI in questo periodo di forti turbolenze, dal momento che ogni gruppo cercava di assicurarsi un posto nella futura Amministrazione. Proprio per porre un argine a questa “fibrillazione assessoriale”, al Comitato di sezione non restò altro che decidere (12 dicembre 1977) la non partecipazione alla Amministrazione che si sarebbe formata, limitandosi a dare un appoggio esterno, e rinviando a tempi migliori la partecipazione diretta del PSI. Tuttavia , il giorno dopo (13-12-1977) alcuni dirigenti si riunirono privatamente per un riesame della situazione. La cosa non fu ovviamente gradita ai “non invitati”, sicché quando i due gruppi, finito l’incontro, vennero a contatto fecero… scintille. L’episodio, riportato dalla stampa, non poteva rimanere senza conseguenze e perciò provocò un nuovo scioglimento della sezione [27], la riduzione del gruppo consiliare a cinque membri [28], il divieto assoluto, per tutti i consiglieri socialisti di partecipare a qualunque maggioranza consiliare [29].
Ovviamente la crisi socialista, lo sganciamento del PCI, le rivalità e le incomprensioni fra i politici rischiavano di scaricarsi sulla città, ormai da troppo tempo senza un’Amministrazione. Per questo la DC si intestò un’iniziativa di interesse civico, in nome di quello che allora si chiamava “spirito di servizio” nei confronti delle istituzioni: quella di costituire una Giunta di minoranza, in ciò assecondata dal PSDI.
Le sindacature DC: da Amore a Bombaci
Fu dunque eletta, l’11 marzo 1978, una Giunta “di servizio” di minoranza DC-PSDI, presieduta dall’ing. Andrea Amore [30], il quale però, a causa della differenza di vedute tra il PSDI e tutti gli altri partiti sulla questione del Biviere, dopo qualche mese rassegnò le dimissioni (27-7-1978), facendo però salva la formula. La successiva Giunta, infatti, rimase invariata rispetto alla precedente, con la sola inversione dei ruoli tra l’ing. Amore e l’avv. Bombaci, che perciò divenne sindaco.
Le larghe intese tra PCI e DC: la sindacatura di Insolia
Anche quest’ultimo Esecutivo, per la sua stessa natura minoritaria, non poteva durare a lungo; sicché, quando il clima politico si fu rasserenato e stabilizzato, si dimise anch’esso, per agevolare l’allargamento della Giunta Municipale, ad altre forze politiche, lasciando cioè il posto ad una nuova giunta di “larghe intese” (DC-PCI-PSDI), questa volta presieduta dal prof. Riccardo Insolia, giovane promessa del nuovo PCI [31] e destinata a durare per tutto il resto della legislatura.
Intanto in campo socialista, per il momento autoesclusosi da ogni maggioranza, si stavano verificando importanti movimenti. Essendo ormai imminente la conclusione della gestione commissariale, le varie componenti [32] avevano ripreso a organizzarsi, nel tentativo di conquistare la maggioranza, e quindi la guida, della sezione. Sebastiano Centamore, non più sostenuto dal gruppo ex psiuppino di Celso, rimasto fuori del partito, prese contatto con un gruppo di medici desiderosi di far politica e godenti di un certo seguito [33], che decise di entrare nel PSI.
Sicché, in vista dell’Assemblea di sezione che doveva segnare il ritorno agli organi statutari ordinari (Comitato Direttivo) , nel clima di personalizzazione ormai creatosi a tutti i livelli nel PSI, nel tentativo di rinnovare il partito, il tesseramento fu in un certo senso “appaltato” ai due nuovi leader emergenti: Filadelfo D’Anna e Santo Ragazzi. La diarchia unitaria non resse, D’Anna divenne segretario e la rivalità fra le due “componenti” si trasformò in aperta rottura, quando la maggioranza decise di riammettere nel partito Celso e i suoi (9-10-1979) [34]. Mentre cresceva la conflittualità fra le due componenti, ne sorse una terza, facente capo all’avv. Filadelfo Pupillo [35], sicché quando, alla scadenza statutaria, si svolsero le elezioni interne per il rinnovo del Direttivo sezionale (13-1-1980) furono presentate tre liste, facenti capo rispettivamente a D’Anna (6 seggi nel Direttivo), Ragazzi (4 seggi) e Pupillo (3 seggi). Le due minoranze, alleate fra loro, divennero maggioranza ed elessero segretario il prof. Filippo Motta, un docente di Storia e Filosofia di origine catanese, trapiantatosi a Lentini per ragioni di lavoro. Il quale, al momento della preparazione della lista per le elezioni comunali, si schierò per l’inserimento di Celso, in ciò assecondato dal gruppo D’Anna, ma contrastato dai gruppi che lo avevano eletto. Egli perciò si dimise, ma le sue dimissioni furono respinte dal gruppo D’Anna, a cui egli poi aderì, e che perciò ridivenne maggioranza (7 seggi sui 13 del Direttivo). Con questo clima e con questi movimenti il PSI si accingeva a partecipare alle imminenti elezioni comunali dell’8 e 9 giugno 1980.
Intanto, durante la sindacatura Insolia, avevano avuto luogo le elezioni politiche anticipate del 3 e 4 giugno 1979, che avevano grosso modo confermato la forza dei partiti maggiori (PCI 47,22 [36] %, DC 26,15 %, PSI 6,13 %), un consolidamento nel territorio di PSDI (3,27 %) e PRI (2,98 %) e un calo della destra missina (7,97 %). Le elezioni europee, seguite una settimana dopo (10-6-1979), non avevano cambiato di molto il quadro politico locale.
Nel febbraio 1980 il XIV congresso nazionale della Dc decise di considerare ormai esaurita la breve stagione del “compromesso storico” e perciò anche delle giunte di “larghe intese”, che ne erano la conseguenza sul piano locale. Il nuovo orientamento del partito, impersonato dal nuovo segretario Flaminio Piccoli, accantonata ogni intesa col PCI, privilegiava invece accordi col PSI e coi partiti laici (PSDI, PRI, PLI). Queste decisioni contribuirono ad alimentare, anche sul piano locale, le tensioni interne fra le componenti della DC, del resto mai completamente sopite e in aumento all’approssimarsi di ogni appuntamento elettorale. Infatti il vero confronto all’interno della DC lentinese sarebbe avvenuto in occasione del rinnovo dei consigli comunale e provinciale.
Sulla natura di tale rivalità, che durerà quanto il partito stesso, una riflessione è comunque necessaria. In origine il confronto era stato tra l’iniziale impostazione etico - aristocratica, piuttosto arroccata nel suo conservatorismo medio-borghese, dei fondatori, tutti strettamente legati alla Chiesta e la nuova ala nicotriana, più pragmatica e movimentista e anche popolaresca, anch’essa legata alla Chiesa, ma in modo più laico. Grazie alle sue intuizioni strategiche nella lotta al PCI, da essa efficacemente contrastato sul terreno sociale, quest’ultima, ben allineata all’energica segreteria Fanfani, e con la benedizione del segretario provinciale (l’ex partigiano Graziano Verzotto) era poi prevalsa, ma quasi subito era stata costretta a confrontarsi con la nuova opposizione guidata dall’avv. Moncada, intellettualmente vivace e impregnata di senso delle istituzioni. Differenze, quelle fra le due componenti, sottili e difficili da decifrarsi, ma che esploderanno in modo visibile in seguito. Una cosa, tuttavia, si può certamente affermare: non si può assolutamente ridurre il confronto Nicotra-Moncada a puro personalismo.
Si trattava invece di visioni politiche certamente non opposte, ma solamente diverse, come diverse erano le ”anime” del partito cattolico, peraltro abbastanza rispettose l’una dell’altra. Tanto è vero che, all’interno della DC, non si parlò mai di provvedimenti disciplinari né di cancellazioni politiche.
Dunque la parola ai fatti, che sono maestri di Storia più delle parole degli storici.
Ferdinando Leonzio
In icona, foto di Enzo Nicotra.
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[1] Il PCI passò dai 7385 voti del 1970 ai 5767 del 1975, dal 42,3 % al 29,9 %, da 18 seggi su 40 a 12. Fra gli eletti gli uscenti Marilli, Cassarino, Innocenti, Siracusano e i nuovi Paolo Di Falco, Riccardo Insolia, Elio Magnano (segretario della sezione), e tre donne: Salvatrice Arcidiacono, Emanuela Neri (moglie del sindacalista Turi Raiti) e la sindacalista Graziella Vistrè.
[2] Un ulteriore segnale di tale indicazione può leggersi nel risultato delle provinciali (contestualmente tenute assieme alle comunali e di solito più politicizzate di quelle): il PCI riportò il 33 % di fronte al 29,9 % delle comunali, in cui più direttamente era presente il gruppo dirigente comunista. Nell’occasione fu eletta consigliere provinciale Lidia Costanzo Tocco, esponente delle nuove leve.
[3] A Salem, villaggio del Massachusset, ebbe inizio, nel 1692, un processo per il reato di “stregoneria”, al termine del quale furono impiccate 19 persone ed altre centinaia perseguitate in vario modo.
[4] Marilli non partecipò a quella assemblea, perché impegnato a Palermo in una riunione del gruppo parlamentare comunista all’ARS. Scriverà successivamente un memoriale di protesta alla Commissione Centrale di Controllo del PCI, per il metodo usato nei suoi confronti e per non essere mai stato ascoltato personalmente. Infine emigrerà a Catania, dove morirà il 29-11- 1979.
[5] Gli subentrarono Carlo Arcidiacono, Guido Arcidiacono e Nunzio Fisicaro. Poco tempo dopo si dimise da consigliere anche il prof. Siracusano, successore di Guido Grande e predecessore di Elio Magnano quale segretario della sezione del PCI. Gli subentrò, in Consiglio Comunale , Simone Pulia.
[6] Fra di esse: il distacco tra gruppo dirigente, accusato di leaderismo e la base del partito; l’appiattimento quasi esclusivo del PCI sul bracciantato in calo numerico per la trasformazione di molti braccianti in piccoli proprietari, ecc.; un PRG ritenuto troppo avveniristico, la scelta della zona in cui allocare la “167”; la scarsa disponibilità di aree fabbricabili, che induceva taluni all’abusivismo; la crisi che cominciava a serpeggiare nel settore agrumario, in cui stava penetrando la DC; i disoccupati alla ricerca di continui cantieri di lavoro; le divergenze strategiche coi sindacati, i malumori di vario genere per aspettative insoddisfatte.
[7] Il PSI passò dal 7 % del 1970 al 18,8 del 1975 e da 3 a 8 seggi. Furono eletti gli uscenti Sebastiano Centamore, Ferdinando Leonzio, Angelo Celso, gli ex consiglieri Saro Chiarenza e Vitale martello e i nuovi Nello Cardillo (capogruppo), Vittorio Maglitto e Alfio Mangiameli, il più giovane dei 40 consiglieri, destinato a diventare uno dei migliori conoscitori della macchina amministrativa.
[8] Teoricamente sarebbe stato possibile mettere insieme una maggioranza di 21 consiglieri su 40, sommando gli 8 del PSI ai 12 del PCI e all’1 del PRI, per la prima volta presente (4,6 %) in Consiglio Comunale, con un eletto, l’avv. Salvatore Maddalena. Segretario del PRI era allora Giovanni Scuderi.
[9] 1) La mancata rielezione a consigliere provinciale del segretario Gianni Cannone (fu invece riconfermato il leader della minoranza interna avv. Salvatore Moncada, che nel corso della legislatura diventerà presidente della Provincia); 2) La flessione elettorale, in quanto la DC passò dal 32,2 % delle precedenti comunali (1970) al 30 % e da 14 a 13 consiglieri comunali.
[10] La precedente Amministrazione a guida DC, con sindaco Alessandro Tribulato (21-11.1962/1-12-1963) si era poggiata su una maggioranza debole e poco omogenea, sostenuta dal voto di fuorusciti da altri partiti.
[11] All’intensa attività di raccordo dell’avv. Nicotra col sottosegretario alla P.I., il letterato catanese Domenico Magrì, si deve l’istituzione a Lentini di alcune scuole: il Liceo Scientifico, l’Istituto Professionale per l’Agricoltura e quello per il Commercio.
[12] Alla sua Amministrazione va attribuito il merito della costruzione del Polivalente a Lentini.
[13] Di notevole prestigio il gruppo consiliare democristiano. Ne facevano parte, fra gli altri, Vincenzo Bombaci (capogruppo), Francesco Fisicaro, Pippo La Rocca, Franco Rossitto (tutti e quattro futuri sindaci di Lentini), Il giovane Roberto Addamo, il decano del Consiglio Comunale cav. Pasquale Valenti, il lapiriano Cirino Di Mauro e il giornalista politologo Salvatore Martines.
[14] Furono eletti il cav. Attilio Iachelli (capogruppo), la prof.ssa Sara Sferrazzo Curcio (ind.), il prof. Salvatore Sciuto (segretario della sezione) e il dott. Nello Neri, futuro deputato di AN e sindaco di Lentini. Il MSI-DN, nonostante disponesse di un gruppo consiliare compatto e qualificato, sarà però escluso da tutte le formule che si alterneranno alla guida del Comune nel corso della legislatura. Ciò in assonanza con la situazione nazionale, che vedeva i suoi voti “ibernati” e l’opposizione conservatrice ai governi di centro-sinistra rappresentata dal PLI. La segreteria di Almirante era perciò contestata sia dall’ala più nostalgica, guidata da Pino Rauti, sia da quella moderata, rappresentata da Lauro e Nencioni, che alla fine lascerà il MSI- DN per fondare (dicembre 1976) un proprio partito, Democrazia Nazionale (DN), che tuttavia avrà vita effimera.
[15] L’ing. Andrea Amore e il leader storico della socialdemocrazia locale, Peppino Pisano.
[16] La Giunta era così composta: Sebastiano Centamore (sindaco), Angelo Celso, Vitale Martello (PSI), Pasquale Valenti (vicesindaco), Salvatore Martines, Francesco Fisicaro, Cirino Floridia, Tanino Sferrazzo (DC) e Salvatore Maddalena (PRI).
[17] Durante la segreteria dell’avv. Centamore si ebbe tuttavia un’importante adesione al partito (aprile 1976): quella del dott. Santo Ragazzi (Santino per gli amici), proveniente dalle file dell’Azione Cattolica ed ex presidente della FUCI (Federazione Universitaria Cattolica Italiana) di Lentini. Il nuovo orientamento di apertura alle tematiche sociali era emerso in quell’organizzazione cattolica nel corso della precedente presidenza di Armando Rossitto.
[18] L’11 settembre 1973 una rivolta di generali traditori aveva rovesciato con la forza il governo democraticamente eletto di Salvador Allende (1908-1973), caduto combattendo lo stesso giorno, e imposto la sanguinaria dittatura di Augusto Pinochet.
[19] Regionali 51,61 %, Senato 53,2 %, Camera 52,93 %.
[20] Regionali, nonostante la candidatura dello stesso sindaco): 6,40 %, Senato 5,7 %, Camera 5,72 %.
[21] Regionali 25,31 %, Senato 23,7 %, Camera 24,56.
[22] Commissario della sezione del PSI fu nominato il dott. Francesco La Face di Augusta, poi sostituito dal prof. Pippo Amara, pure di Augusta.
[23] Anche il piccolo PRI aveva perso per strada oltre metà dei suoi consensi: 2,08 % alle regionali e 1,44 % alla Camera.
[24] Il PCI elesse deputato all’ARS l’on. Guido Grande, ex segretario della sezione di Lentini ed ex segretario provinciale della CGIL.
[25] Il MSI-DN conseguì il 10,67 % alle regionali e l’11,26 % alla Camera.
[26] La nuova Amministrazione era così composta: Dott. Francesco Fisicaro (sindaco), Salvatore Martines (in seguito sostituito da Roberto Addamo), prof. Tanino Sferrazzo (DC), prof. Riccardo Insolia (vicesindaco), dott. Carlo Arcidiacono, Simone Pulia (PCI), prof. Ferdinando Leonzio (in seguito sostituto da Nello Cardillo), Saro Chiarenza (PSI), ing. Andrea Amore (PSDI). Gli assessori socialisti, essendo la sezione commissariata, furono scelti dalla Federazione, su una rosa di quattro, precedentemente votata dal gruppo consiliare.
[27] Commissario il dott. Franco Vinci di Ferla.
[28] Rag. Vitale Martello (capogruppo), prof. Ferdinando Leonzio, Saro Chiarenza, Vittorio Maglitto, Sebastiano Centamore.
[29] Successivamente un gruppo di militantii, guidato da Saro Renna e comprendente i consiglieri Nello Cardillo e Alfio Mangiameli, aderì al PRI. Il consigliere Celso rimase appartato.
[30] Sindaco l’ ing. Andrea Amore (PSDI), assessori: l’ avv. Vincenzo Bombaci (vicesindaco), il rag. Roberto Addamo, il rag. Pippo Emmi, il cav. Cirino Floridia, il rag. Pippo La Rocca, il prof. Tanino Sferrazzo, il cav. Pasquale Valenti e il politologo Salvatore Martines, tutti della DC.
[31] Il nuovo Esecutivo risultò così composto: Riccardo Insolia (sindaco), Angelo Brancato, Simone Pulia, Guglielmo Tocco (PCI), Vincenzo Bombaci (vicesindaco), Pippo La Rocca, Franco Rossitto e Salvatore Martiines che si stava ritagliando un proprio ruolo, collocandosi nell’area provincialmente facente capo all’on. Foti (DC), Andrea Amore (PSDI).
[32] Dal 1976 segretario nazionale del PSI era diventato l’autonomista Bettino Craxi, che apportò notevoli mutamenti alla ideologia del partito, alla sua prassi interna e al suo indirizzo politico. Con la gestione Craxi scomparvero rapidamente le vecchie correnti organizzate e tutti divennero “craxiani”. Ma nelle federazioni e nelle sezioni le rivalità interne rimasero, anche se ormai senza copertura ideologica o politica. Si cominciò così a parlare non più di correnti (di pensiero), ma di “cordate” e di gruppi, che pudicamente si autodefinivano “componenti”. Nella Federazione siracusana emersero così le componenti facenti capo a Turi Miceli, a Raffaele gentile, a Carlo Giuliano, ecc.
[33] I medici erano Nello Greco (vecchio militante), Delfo D’Anna (figlio di Salvatore, ex assessore di Castro nel dopoguerra), Nino Moncada e Alfio Lombardo (nipote di Peppino Pisano).
[34] In data 5-11-1979 il segretario del PSI D’Anna comunicò al sindaco di Lentini la nuova composizione del gruppo consiliare socialista: Vitale Martello (capogruppo), Ferdinando Leonzio, Saro Chiarenza, Vittorio Maglitto, Angelo Celso, Rosario Cattano (subentrato a Sebastiano Centamore, deceduto).
[35] A essa aderirono il consigliere Martello e i medici Nello Greco e Alfio Lombardo.
[36] La flessione del PCI era dovuta principalmente alla presenza nelle elezioni politiche di partiti non presenti a quelle comunali, che in qualche modo pescavano nel suo elettorato: PDUP (Partito di Unità Proletaria per il Comunismo) 1,43 %, PR (Partito Radicale) 2,65 %, DP (Democrazia Proletaria) 0,29 %. In queste elezioni il PCI elesse alla Camera l’on. Luigi Boggio, originario di Nicosia (EN), ma lentinese di adozione.
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