La Cassa di Terracina - un enigma
La nostra corrispondente dalla Bulgaria Anna Georgieva racconta una storia impressionante del Medioevo
Qualche mese fa la professoressa di culturologia Nadezhda Dragova, amica mia, ha chiamato con richiesta: cercare in Internet dove in Italia si trova la Cassa di Terracina – un artefatto conosciuto tra gli scienziati bulgari da anni. Ho iniziato esplorare su Internet in lingua italiana – testi ed immagini.
Durante le mie visite a vari musei in Italia non avevo incontrato questa straordinaria cassa lignea. Di recente in Internet ho trovato fatti interessanti sulla Cassa di Terracina.
Da molti anni la Cassa di Terraciana è esposta come capolavoro nel Museo Nazionale del Palazzo di Venezia a Roma.
Il visitatore può leggere il seguente:
CASSA DI TERRACINA
Manifattura campano laziale
Cassa detta ’di Terracina’ X-XI sec.
Legno di noce
cm 60x106x66
Provenienza: Castel Sant’Angelo ( 1920 ), già Duomo di Terracina Il ritrovamento ( 1889) di questa cassa all’interno della Cattedrale di Terracina ci ha consegnato uno dei più antichi cassoni giunti ai nostri giorni, datato tra il X e XI secolo. Il tema del eterno scontro tra il Bene e li Male è alla base delle scene di lotta inserite entre le arcatelle che decorano i pannelli, e allo stesso significato va ricondotto anche Il peccato originale di Adamo ed Eva, posto in basso al centro. Tante sono le influenze che si colgono nella cassa, sia di origine occidentale che orientale, destinata a contenere documenti o paramenti liturgici. La cassa ha, purtoppo, perduto il suo originario coperchio e le tre serature, poste in corrispondenza dei vani quadrangolari.
Durante la navigazione attraverso le imaggini ingrandite ( scaricati sul mio PC ) del questo imponente mobile medievale, sono stata inspirata cercare e trovare tutto posibile su web.
In un sito su Laziosud ho tovato il nome di Natale Baldoria chi “1889 comunicò al pubblico che in ambiente del Duomo diTerracina era stata scoperta un’interessante casa in legno di epoca medievale.”
Cercando il testo che Baldoria pubblicò lo ho incontrato nel sito della Biblioteca dell’Università di Heidelberg in Archivo storico del arte 1889 – 2 pp. 242- 247.
“Nella nostra cassa però l’elemento orientale vi è predominante specialmente ove anche si considere il genere delle cose espresive e l’unità del concetto evidente più che in nessun altro monumento.”
Senza l’analisi dettagliata utilizzando la definizione ’orientale’ Baldoria fa una previsione molto reale.
Il suo testo ha stato il punto di partenza per succesivi analisi degli sculture in legno sulle tre lati della Cassa di Terracina.
Ho trovato anche LA CASSA DI TERRACINA – Piccole e grande storie di un mobile tra Oriente e Occidente – catalogo di Clara Rech. Roma. Museo di Palazzo Venezia 12 maggio-14 giunio 1987 - Terracina, Museo Archeologico 15 luglio - 15 settembre 1987 Edizione QUASAR.
In fatto non è un catalogo semplice come scrive nel introduzione Clara Rech, oggi professoressa e dirigente scolastico del Liceo Clasico Statale Ennio Quirino Visconti: “Lo studio della Cassa di Terracina è stato l’argomento della mia tesi di Laurea ( Università di Roma “La Sapienza”, Istituto di Storia dell’arte 1982-83).”
La giovane studiosa racconta come La Cassa di Terracina rientra nella collezione del Palazzo Venezia:
”Non è noto con precisione l’anno in cui è avvenuta la transizione dell’opera dal Capitolo della catterdale al Ministero della Pubblica Istruzione, ma si può ritenere che si sia stata intorno al 1909, anno a cui risale un carteggio tra il Capitolo e il Comune di Frosinone per l’autorizzazione a vendere ed anche la richiesta di un parere in merito all’allora direttore del Museo cittadino, Pio Capponi, noto studioso di storia locale. Dal Catalogo Provvisorio del Museo di Castel S.Angelo di Roma, redatto a partire dal 1/8/1907, apprendiamo che la cassa fu venduta per L.4800 e che era posta ora nel Bastione di S.Luca, ora nella sala di Clemente VII. Dagli inventari del Museo di Palazzo Venezia , dove si trova attualmente la cassa, si apprende che l’opera vì e giunta il 3 maggio 1920, evidentemente in occasione della costituzione del Museo e per volontà di Federico Hermanin. Esiste infatti una velina dello studioso del 1917, in cui si nomina la cassa, intitolata ’ Oggetti da portare a Palazzo Venezia’. Nel 1968 L’Istituto Centrale del Restauro ha effettuato sulla cassa un intervento di consolidamento...Il coperchio originale è invece andato perduto.”
Clara Rech, oggi conosciuta per le sue attività nell’ Associazione Nazionale Insegnanti Storia del’Arte (ANISA), comincia il catalogo con la storia breve di Terracina e del territorio campano, poi analizza il stile e l’iconografia della cassa.
“La cassa di Terracina con tutta la complessità di influenze che la contraddistingue, deve necessariamente essere il prodotto di una zona di confluenza di culture diverse... Convivono nella cassa di Terracina influssi orientali (sassanide, bizantino, copto, arabo) e influssi occidentali ( longobardo, sassone, normano)... Nell’opera inoltre si verifica un’interessante operazione di fusione di diverse culture, facilitata evidentemente dalla zona campana. La critica è infatti propensa a identificare la figura del cavaliere con quella dell’eroe germanico Sigfrido che uccide il drago Faffner, fusa con quella cristiano-orientale di S.Giorgio... E’ opinione comune che tramite quelle furibonde lotte che vedono impegnati tanto uomini che animali, si sia voluta manifestare la lotta tra il bene e il male, tema tra i più ricorrenti nell’arte medioevale.”
Mi rendo conto che questi brevi estratti non possono rappresentare fedelmente i ricerchi interessanti di Clara Rech. Il lettore ha possibilità di trovare il catalogo anche oggi nell’una biblioteca in Italia.
Adesso devo raccontare un evento importante della storia del Primo Regno di Bulgaria. Anno 865 Boris I rè (Knyaz )dei bulgari dall’852 all’889 converte in Cristianesimo il popolo bulgaro – atto che ha provocato la resistenza di molti dei suoi boiardi.
Lo scopo di Boris I era una chiesa autocefala, indipendente dal Costantinopoli Patriarcato. Il rè ha bisogno di un alleato affidabile – lo ha trovato nella persona di papa Niccolò I.
ANNALI BERTINIANI (una cronaca franca relativa al periodo fra l’830 e l’882) trovati nell’Abbazia di San Bertino, raccontano che “ il rè bulgaro Boris ha intestato a Roma suo figlio e molti nobili del suo regno mandando per S. Pietro tra gli altri doni anche la spada con cui era armato cuando nel nome del Cristo triunfò su gli avversari. Lui ha fatto le numerose inchieste al papa Niccolò a cosigliarsi per quanto riguarda i misteri della fede....”
29 agosto 886 l’inviati di Boris arrivano a Roma. Portano una cassa con i doni.
Negli ANNALI si legge che “il imperatore d’Italia Ludwig ( 850 il rè tedesco ottiene l’Italia) ha mandato al papa Nccolò suo iviato con la raccomandazione trasmettere l’arma e gli altri oggetti della cassa. Alquni oggetti papa Niccolò ha trasmesso con Arsenii a Benevento, dove il imperatore era in quel momento, mentre altri si è tenuto, scusandosi. “ Simile testo si trova nel “ Vitae Nicolai” di Anastasius Bibliothecarius (810-879).
Purtroppo non sono conservati i 112 inchieste di Knjaz Boris I (+ 2 maggio 907 ). Il testo integrale delle risposte è nelle mie mani - una edizione bilingua latino-bulgara del anno 1939 (del mio padre, professore di lengua latina preso L’università).“ Responsa Nicolai I. papae ad consulta bulgarorum” ( anno 866) è una delle principali fonti della storia di Bulgaria. Fortunatamente dall’inizio del ogni risposta è chiaramente leggibile la domanda.
Il noto studioso bulgaro del’arte Prof. Nicola Mavrodinov ha pubblicato 1959 il libro “ Starobalgarsco izcustvo”( L’arte della Bulgaria vecchia) dove nella testa dedicata a “ Cassa di Terracina” egli cerca sogmilianze tra il famoso tesoro di Nagy S. Miclos dalla stessa epoca e le immagini di scultura di legno sulla Cassa di Terracia. Sul piatto 21 del tesoro d’oro c’è una scritta in lettere greche “ Boil Zoapan rende questo assetto”. ( Boil – il nobile del rè bulgaro ) - prova per origine bulgara di tesoro.
Sulla brocca № 2 una scena raffigura un cavaliere su una creatura con corpo animale e testa umana tornato indietro, lanciando lancette a una pantera. Prof. Mavrodinov vede una grande somiglianza con motivi mitologici di sculture di legno della Cassa di Terracina.
Non e difficile esaminare le scene sulla cassa di Terracina la parte d ei cuali sono variazioni del confronto fra il bene e il male tra l’uomo e creature mitologichi – figuri che esistono nelle legede di tutti regoini di Europa anche Asia e sono “ viaggiati” attraverso il tempo e regioni in diversi modifiche.
Ovviamente un studio più approfondito è nessesario. Purtroppo negli ANNALI nessun testo si riferisca alla Cassa di Terracina, tutte le prove devono venire dalle studi culturali comparati.
1983 nella rispetata rivista bulgara “ Patria” la studiosa del arte Christina Milceva ha pubblicato un articolo detagliato con fotografie sulla Cassa di Terracina. L’autora ha visitato Palazzo di Venezia varie volte oservando il reliquario in cerca di plove della sua origine bulgara.
Dopo lunghi anni di studio 2001 Milceva pubblica il libro “La cassa di Terracina”, ricerca scientifica impresionante in direzione storica ed artistica. Su libro contiene senza dubbio la prova più importante che La cassa di Terracina è questo oggeto inestimabile, inviato da Khnyaz bulgaro Boris I. come un dono a papa Niccolò I.
La nota studiosa Christina Milceva non e più fra noi,ma oggi ho privileggio da citare per i lettori le idee di base del suo libro, condivisi dalla stessa autrice in una sintesi in lingua italiana.
“...Sulla casa spicca la potente presenza dell’aquila, un immagine ben conosciuta nell’arte protobulgara, provieniente dalla lontana Protopatria. Sembra incredibile il atto che nei disegni sulle mura di Plisca (segundo capitale del Primo regno bulgaro - nota mia) c’è la stessa aquila con le ali spiegate sovrastante il cavaliere che combatte con il nemico. L’aquila e il grifone - raffigurato anche sulle fibbie-amuleti dei nobili, sono le due figure dal significato sacrale e simbolico che proteggevano gli eroi. Vi e presente anche il cavallino dalle due teste, simbolo della felicità, un amuleto tipico dei prtobulgari che non si trova da nessun’altra parte del mondo. E’ impressionante la presenza dell’aquila in mezzo alla scena centrale, sotto la serratura, raffigurata come un’antica imaggine araldica con la testa volta da una parte e le potente ali spiegate.I suoi artigli pestano un serpente, il simbolo della forza maglina nella terra.Sulla testa dell’aquila c’è una corona.
Ai suoi due lati ci sono due scene unite in un cuadro logico dalla stessa idea. Due cavalieri dai capelli lunghi con le lance -come nell imagine dell Cavaliere di Madara ( un relievo dal Primo regno Bulgaro sulla roca di Madara - nota mia) – stanno per uccidere il leone nemico. Di fronte a queste due scene vittoriose come di riflesso, si vedono due sacerdoti dai corpi di cavallo e dalle face allungate, come negli amuleti protobulgari che stanno sacrificando un cavallino e un vitello. Sembra che in queste scene risuona il testo dell’iscrizione sulla colonna di pietra di Madara :” Ho effettuato un sacrificio a Tangra...” Presso i protobulgari il kan era anche supremo sacerdote.
Nelle due immagini solenni della fascia superiore sono raffigurati gli eroi di un’epoca più remota. Sono degli esseri mitici di una leggenda o una saga. Mentre gli eroi, raffigurati nella fascia inferiore, portano vestiti diversi – tonache corte fatti di pelle, esattamente come quelle descrite da un cronista oreintale del X secolo: “ I bulgari portavano degli abiti corti con le cinture lunghe.“ Questo costume bulgaro si é conservato fino al giorno d’oggi e fa parte del costume rituale dei danzatori di Pirin. Con lo stesso abito è raffigurato il sacerdote su un blocco di Madara e su un piatto di Sciumen del X sec. Ovunque è presente l’aquila, l’uccelo supremo protettore. La vediamo raffigurata sopra l’eroe-kan che marcia contro u animale mitico. L’eroe è raffigurato con le mani volte al cielo, in un gesto di adorazione, mentre l’aquila è artisticamente stilizzata con il collo allungato, somigliante ad un arco protettivo e con ala abbassata sopra il sovrano. Così quest’immagine rappresenta una sintesi della vita e della fede dei nostri antenati nella suprema protezione dell’Inizio. Le figure di un uomo e una donna, con le pudenda coperte da rosette sembrano un vago ricordo del fatto che i bulgari conoscevano già i miti cristiani.Al maestro pagano era arrivato il mito di Adamo ed Eva ed egli aveva trasformato in pagani anche loro.”
Il testo di Christina Milceva fa una forte impressione non solo con la vasta conoscenza della storia ed arte, ma anche con l’eleganza e la bellezza di espressione. All’inizio della mia carriera come giornalista presso la Radio Nazionale di Bulgaria, ho avuto il piacere di conoscerla. Christina Milceva ha scrito per i nostri emissioni all’estero una serie articoli sulla storia d’incisione su legno in Bulgaria.
Ora si aspettano recenti scoperte della professoressa Nadezhda Dragova.
Scrivo questo articolo con profonda convinzione che è venuto il momento di essere ampiamente pubblicizzati tutte le prove d’origine bulgara della Cassa di Terracina e condividerli con la comunità scientifica d’Italia.
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