La Casa del Nespolo

Piccolo viaggio nel tempo, tra una pietra miliare della letteratura siciliana e vecchie fotografie scattate sul set di un film di Visconti.
A volte è facile viaggiare nel tempo. Di solito si sceglie il passato, perché il futuro è troppo complicato da immaginare. Il passato, invece, è un patrimonio di ricordi che possiamo fare nostri, in ogni momento, solo se ne sentiamo il bisogno. E’ un contatto con i sogni delle generazioni che ci hanno preceduto. E’ restare in silenzio, mentre qualcuno ce li racconta. E’ andarli a cercare tra le parole scritte, in tempi sui quali possiamo solo fantasticare. E’ la nostra evoluzione tra passaggi occultati da falso modernismo, tra oggetti sparsi sul pavimento, dei quali con difficoltà proviamo a comprenderne l’utilizzo.
Si, a volte è facile viaggiare nel tempo. Qui in Sicilia, è sufficiente recarsi in un paesino di provincia. Davanti lo scapriccio della natura con il quale inventarsi una mitologia. Attorno un mare che avvolge le emozioni, che affiorano dalle cromie di un gozzo di pescatori a bruciarsi al sole.
Basta così poco per dissolversi nelle parole di un romanzo che sa di salsedine che scrosta le anime assenti, dentro frastuoni di clacson che disturbano la magia di una storia che avremmo voluto scrivere, per addormentarci ogni sera nel mezzo di un capitolo interrotto.
Lo abbiamo fatto fermando l’auto davanti ai faraglioni di Aci Trezza. Ed è così che il romanzo ha trovato un titolo ed un autore. I Malavoglia e Giovanni Verga. Un pezzo delle nostre notti insonni sopra i libri di scuola. Un libro amato ed odiato, per un dovere che straccia la seduzione di una favola di verità, in cambio di un ambito giudizio didattico.
In un secondo, personaggi di sudore, barche spaccate dalle onde, mani ricamate dal sale della povertà. Rassegnazione, la stessa combattuta nelle infanzie di altri villaggi marinareschi, in una Sicilia che ci sforziamo ancora ad unire al resto del mondo, collezionando fallimenti di emancipazione, finendo per rimpiangere i vinti personaggi verghiani soffocati in libri chiusi ad impolverarsi negli scaffali.
Siamo andati a cercarla, la Casa del Nespolo. Costruita con mattoni di sensibilità, raccolta dopo le mareggiate dei paesini sbattuti dallo Jonio, più incazzato delle deluse reti dei pescatori moderni, che Troisi definì tristi nel suo film di commiato. Una rampa di scale, segnalata da un cartello turistico, rimasto per molto tempo sul selciato, come qualche locale ci ha raccontato.
L’abbiamo trovata, lasciandoci alle spalle un gruppo di ragazzini seduti sui gradini a smarrirsi dentro schermi digitali di solitudine. Un portoncino ad arco ci ha introdotto in un cortiletto ottocentesco. C’era il nespolo, come la nostra nostalgia si aspettava che ci fosse. Poi tre porte che ci hanno ricordato le vecchie case dei nostri nonni, quando non c’era bisogno di bussare per entrare nella fantasia.
Quella centrale la biglietteria. Un ragazzo ci ha donato qualche cenno storico e una brochure della casa museo. In cambio, un euro e mezzo, il costo del biglietto. Quella a sinistra ci ha condotto in una piccola stanza, "La Terra Trema". Fotografie rubate al set del capolavoro neorealista del film di Luchino Visconti. Locandine alle pareti e qualche stralcio di giornale dell’epoca. Oggetti sparsi, non appena valicata la porta di destra, che ci ha spalancato la stanza dei Malavoglia. Utensili da pesca, qualche nassa, un braciere accanto ad un letto in ferro.
Si, è bastato così poco per il nostro salto nel tempo. Poco, come l’attimo che la realtà ci ha messo a disposizione dopo aver salutato il nespolo all’uscita. Un gruppo di festanti allicchettati della domenica sono usciti dalla Chiesa San Giovanni, adiacente la Casa del Nespolo. Poi solo un vociare incalzante, quasi irrispettoso, il fumo delle sigarette elettroniche, ad annebbiare il sogno, e centinaia di squilli assordanti di cellulari a riposo da selfle e giochi digitali.
Ci siamo avviati verso il mare a cercare tra i faraglioni la "Provvidenza" per una nuova fuga dalla realtà, ma un nuovo naufragio ci ha ricondotti nel presente. Chissà se riaprendo il libro di Verga, riusciremo a riaddormentarci e finire il nostro sogno?
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