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"La Caja", il sorprendente film vincitore di EuropaCinema 2007

Il difficile tema della morte trattato con leggerzza dal giovane regista Juan Carlos Falcòn Rivero.

di Antonio Carollo - mercoledì 16 maggio 2007 - 5526 letture

Il film vincitore della “24^ Mostra del cinema europeo ’EuropaCinema’. “La Caja” di Juan Carlos Falcòn Rivero, protagonista Angela Molina, è un’opera prima di sorprendente maturità per la leggerezza con cui affronta il tema della morte superando gli scogli della rappresentazione di una veglia funebre, dai risvolti umoristici e paradossali.

In Italia non è usuale mettere al centro di una narrazione un cadavere, farne quasi un protagonista, vederselo davanti o sentirne la presenza dalla stanza accanto, farne oggetto di scherno, di vendette (tra virgolette), di ipocrite e sforzate espressioni di compunzione, di evidente insopportabile fastidio, se non proprio d’odio. Noi, gli italiani, non sappiamo scherzare sulla morte; dal profondo del nostro inconscio ne percepiamo la tragicità, il mistero, l’orrore; vi concentriamo tutto il cumulo delle paure ancestrali, degli incubi esistenziali. Gli spagnoli no.

La loro tradizione culturale, così pervasa di tragico, di comico, attratta dal versante fantastico e surreale dell’esistenza (vedi don Chisciotte), grido pianto riso, unita al tocco sottile dell’artista, gli consente di non escludere il funebre dagli strumenti di raffigurazione della ’comedy’ che continuamente si svolge intorno a noi. E’ straordinario che, in “La Caja”, una simile impervia operazione venga realizzata con levità da un giovane regista esordiente, Juan Carlos Falcòn Rivero.

La vicenda narrata. In un piccolo villaggio di pescatori delle Canarie muore un certo don Lucio, personaggio del luogo. La barella con cui gli infermieri dell’autoambulanza portano il defunto avvolto in un lenzuolo a casa della vedova non passa dalla porta troppo stretta. Si presume che anche la cassa da morto non potrà passarvi. I barellieri si guardano attorno: c’è Eloìsa, la vedova, una donna quarantenne dall’espressione del volto, più che triste, perplessa, per nulla angosciata; c’è la vicina di casa Isabel fattasi sull’uscio per la curiosità. Un altro posto dove depositare il morto? La vedova pensa, poi si rivolge a Isabel: “Potresti tenerlo in casa tua?”. La donna si rifiuta d’istinto, alla fine acconsente. “Lo faccio con imbarazzo, ricordatelo”. Il corpo viene scaricato su un letto.

Da questo momento iniziano le sequenze che hanno come fulcro la materialità del corpo senza vita e la rievocazione per frammenti dell’esistenza e della figura dello scomparso. La vedova lascia sul letto della vicina il corpo del marito e con aria svagata e indifferente va in giro per il villaggio: prima ad ordinare la cassa, poi per una capatina dal parrucchiere, infine in qualche negozio. Sembra che la morte del marito non la riguardi. Torna per qualche minuto in casa dell’amica per subito allontanarsene alla ricerca spasmodica, in casa sua, del gruzzolo di denaro che sicuramente il marito, qualcuno le dice, nascondeva da qualche parte.

Dalle frasi smozzicate, dagli incontri per strada, dai suoi contenuti stupori per certi particolari della vita del defunto, appresi per caso, emerge un rapporto coniugale quasi inesistente, basato su una assoluta incomunicabilità, sul disprezzo di lui, sull’assenza di un pur minimo interesse di lei per il marito, sull’ignoranza e indifferenza della donna su fatti e misfatti, condizione economica e sociale di lui. Si delinea l’esistenza di una donna isolata e assente, ignara della vita intorno a lei, estranea ad ogni tipo di rapporto col prossimo, priva di vitalità. Angela Molina, che nella vita reale è l’esatto contrario di Eloìsa, si immerge totalmente nei panni di questa particolarissima vedova; il volto segnato, una veste qualunque addosso, i movimenti lenti, il silenzio, gli occhi che accennano, forse per la prima volta, ad un qualche interesse verso oggetti di normale attrazione femminile, sono i tratti di una interpretazione di finissima e naturale aderenza ad un personaggio così sfuggente e, nel contempo, di significativa corposità.

Nel pieno di una situazione delicata, che dovrebbe coinvolgerla, Eloìsa si sfila dalla scena funerea per l’esigenza spontanea di prendere coscienza della realtà e di sè, in un primo tempo, con la febbrile ricerca del denaro del marito, poi, coll’accettare, con curioso abbandono, l’eccitazione d’amore che prova per un giovane che le sta attorno.

Ma il personaggio che finisce per campeggiare, senza mai comparire, se non da morto nel corso della veglia, è don Lucio, uomo odiato da tutto il villaggio per la sua brutalità, per lo sfrenato egoismo, per la spietatezza del suo agire. Anche Isabel, che malvolentieri ha accolto la sua salma in casa, è stata una sua vittima; il ragazzino Victor (Boja Gonzàlez) che si aggira per casa silenzioso, come smarrito, è il frutto della sua prepotenza sessuale, rievocata da lei con ripugnanza. Via via che si compone la scena della veglia lo spettatore raggelato, ma percorso da una vena di umorismo, assiste alle ’vendette’ di alcune persone venute per svolgere il pietoso compito da far compagnia al morto.

Così l’anziana conoscente, che per l’antico rancore derivante dalla morte precoce del figlio causata da don Lucio, armata di robuste forbici, esegue una perfetta operazione chirurgica sul cadavere, per poi continuare con le sue litanie; la sorella di Isabel, una robusta donna che aveva dovuto sopportare per anni le brutali intemperanze sessuali del defunto, intervenuta in aiuto di Isabel per vestire e sistemare il morto, in assenza della vedova che si era volatilizzata, si arma d’un pestello e nella notte compie quell’atto che il morto da vivo aveva fatto dolorosamente tante volte a lei; la confessione shock alla sorella della stessa donna che durante un convegno sessuale aveva propinato del veleno all’odiato partner causandone la morte; l’atto di estremo disprezzo di un giovane che, sempre nella solitudine della notte, alza il coperchio della cassa e adempie al suo regolamentare bisogno.

Per arrivare, alla fine, alla materiale espulsione dall’abitazione della cassa per l’insopportabilità del puzzo che ne viene fuori. Intercalate, si svolgono le magistrali scene delle lamentatrici che, adempiuta la propria funzione, chiedono un compenso molto ridotto perché, data l’odiosità del personaggio morto, non si erano spese troppo in lamentazioni e litanie, come quantità e come volume di voce.

Da segnalare la sobria interpretazione di Elvira Minguez, nelle vesti di Isabel, perennemente infastidita dalla presenza imprevista di quel corpo e della relativa cassa, ma nel medesimo tempo rassegnata a compiere le adempienze che di norma sarebbero toccate alla vedova stranamente assente. Le sequenze finali sono dedicate ad Eloìsa e al suo innamorato, che, nel grigio cimiterino in riva al mare, sulla tomba del marito-non marito, si scambiano un appassionato bacio, per poi scorrazzare sulla spiaggia ebbri d’amore e di libertà. La vicenda, ispirata al romanzo “Nos dejaron el muerto” di Victor Ramirez, appare chiaramente la metafora della morte dell’odiato dittatore Franco. Alla fine il pubblico del Politeama ha decretato il successo del film con applausi scroscianti.

Una ’standing ovation’ è stata tributata ad Angela Molina, protagonista del film, ma anche indimenticabile interprete di opere come “Quell’oscuro oggetto del desiderio” di Luis Bunuel, “Carne tremula” di Pedro Almodovar, “Ogro” di Gillo Pontecorvo, “La mitad del cielo” di Manuel Gutiérrez Aragon, “La sconosciuta” di Giuseppe Tornatore. Alla stessa attrice, in forma splendente, è andato il “Fellini 8 e mezzo Platinum Award per l’eccellenza artistica 2007.


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"La Caja", il sorprendente film vincitore di EuropaCinema 2007
31 maggio 2007, di : Sergio |||||| Sito Web: Edizioni Estemporanee

Ciao, vorrei soltanto segnalare che il romanzo di Victor Ramirez da cui è tratto questo film è stato tradotto e pubblicato in italia di recente da Edizioni Estemporanee, con il titolo "La stuoia di palma".
"La Caja", il sorprendente film vincitore di EuropaCinema 2007
31 maggio 2007, di : Antonio Carollo

Grazie, cercherò di rintracciarlo. A.C.