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L’uomo massa: declino della democrazia in Occidente

Le democrazie possono anche finire. Vediamo come...

di Emanuele G. - lunedì 15 settembre 2014 - 4943 letture

Nel corso dell’Ottocento si contrapposero due grandi scuole di pensiero: il pensiero liberale e il socialismo.

Il primo poneva l’accento sull’uomo inteso come entità singola. Entità singola che non si contrapponeva gli altri suoi simili. Uomo pervaso da un’ansia di dimostrare la sua intelligenza nell’attività pratica di ogni giorno.

Al contrario, il socialismo sviluppava la sua analisi storica mediante l’introduzione della figura del popolo. Ossia l’unione di più persone in un’entità collettiva. Anche questa figura era volta a una partecipazione attiva in seno alle dinamiche sociali.

Il Novecento, invece, cambiò le carte in tavola. Si passò da entità quali UOMO e POPOLO a una nuova entità: le MASSE. Rispetto all’Ottocento si tratta di un decisivo passo indietro rispetto alle istanze di una democrazia attiva. Le masse sono entità anonime, facilmente manovrabili, statiche e arroganti. Per loro se c’è democrazia o meno non fa nessuna differenza. Basta che ci sia un regime che soddisfi i loro bisogni.

Sulle masse hanno scritto saggi indimenticabili due filosofi: il francese Gustave Le Bon e lo spagnolo Josè Ortega Y Gasset. C’è un crinale fondamentale che divide i due pensatori. Per Le Bon la sponda ideale delle masse sono i sistemi didattoriali o totalitari. Per Ortega Y Gasset anche la democrazia - anzi l’iperdemocrazia - può costituire il territorio promesso delle masse.

In questo contesto nasce il c.d. "UOMO MASSA". Cerchiamo di leggerne i caratteri peculiari rifacendoci a Ortega Y Gasset in quanto in lui è presente l’esperienza delle democrazie occidentali. Aspetto che non è in Le Bon poiché attivo nell’Ottocento. Ossia in una fase storica di implementazione delle prime forme di democrazia come le conosciamo noi oggi.

L’uomo massa è vittima dell’iperdemocrazia occidentale. Puntualizzazione necessaria: Ortega Y Gasset non è un pensatore anti-democratico. Ha cercato di mediare lungo tutta la sua vita fra posizioni liberali e posizioni socialiste. Credeva, infatti, che un bilanciamento fra queste posizione avrebbe innescato lo sviluppo di una democrazia compiuta e partecipata.

Quali i danni causati dalla c.d. "iperdemocrazia"? Aver costruito un cittadino essenzialmente abulico in quanto sa che lo Stato provvede fin dalla nascita a tutti i suoi bisogni. Quindi, assume comportamenti per lo più passivi. Non osa. Si crede perfetto. E’ indifferente a ciò che lo circonda. E’ indifferente anche perché si dissimula nella massa. In quest’ottica non c’è alcuna differenza apparente fra un cittadino residente a Londra con un altro che abita a Mosca. Sono il prodotto di un unico stampa che tende all’omologazione e al conformismo.

Capite che un uomo siffatto mette in pericolo la democrazia in quanto per lui tutto è un diritto. Non esprime nessun dovere e senso di responsabilità civica. E’ un uomo clomorfizzato. Assente. Che può essere manovrato con irrisoria facilità poiché privo di capacità critiche. Per tranquillo vivere tende ad accettare tutto quello che gli si dice e si ordina. Non vuole scocciature. La democrazia, allora, diventa un puro formalismo estestico e normativo. Ma non c’è alcun sentire che si appartiene a una democrazia. Ci si rifugia nell’indifferentisimo generalizzato.

Avendo una tale identità diventa oltremodo facile a chiunque essere in grado di plagiare l’uomo massa. I c.d. "opinion leaders", i c.d. "social network", i mass-media e le multinazionali sono in grado di veicolare messaggi o trend al fine di controllare meglio le dinamiche mentali e comportamentali degli uomini. Uomini considerati prodotti e nè più nè meno recettori acquirenti di beni di consumo. Facciamo un esempio: tutti devono avere l’Ipod. Orbene, tutti se lo comprano anche se per loro è in realtà un prodotto inutile. Un altro esempio: l’avvenire del mondo è nel biologico e nell’eco-compatibile. Allora, ognuno di noi deve attivarsi per avere questi oggetti che poi si scopre sono una illusione e delusione.

Una riflessione veloce. In una società democratica è viepiù agevolata la manipolazione degli uomini e le loro propensioni in quanto si adoperano teniche persuasive molto sofisticate quasi inesistenti. Il risultato è una manipolazione che definirei indolore. Al contrario, una manipolazione che presupponga l’uso della forza incontra sempre l’opposizione di chi la subisce che mette in campo tutta la sua forza per opporvisi. Per certi versi, l’iperdemocrazia costruisce il suo potere "didattoriale" partendo dalla somministrazione di piccole dosi di assuefazione rilasciate nel tempo.

Le democrazie hanno, per paradosso e assurdo, creato il proprio nemico interno: il c.d. "uomo massa". Egli consuma ciò che gli da la democrazia in modo acritico, ma non gli interessa una democrazia partecipativa. Sarebbe un pericolo per lui poiché metterebbe in pericolo il ricevimento dei benefici che lo Stato gli consente di avere.

Ma si sta prospettando un altro pericolo. Come reagirà l’uomo europeo contemporaneo quando capirà che lo Stato non gli darà più niente perché sta declinando lo Stato che assicurava tutto a tutti dalla culla alla tomba?

In entrambi i casi - iperdemocrazia che da tutto oppure iperdemcorazia in crisi - alla fine sarà sempre in crisi la democrazia. Quale quindi l’avvenire dell’Europa?


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