L’omologazione uccide

Il caso di Diego G.
Giuseppe Acone insegna Pedagogia nell’Università di Salerno. I suoi interventi sul mensile Nuova Secondaria sono sempre rigorosi e appassionati. Nel numero del dicembre 2007 ha ricordato Diego G. , un quindicenne morto perché i suoi compagni non sopportavano che amasse leggere e imparare…Ho chiesto all’Editrice La Scuola e all’Autore –che ringrazio- l’autorizzazione a pubblicare qui il testo che narra della lotta infinita tra l’intelligenza del singolo e la stupida ferocia del branco.
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Quando l’omologazione verso il basso uccide
L’ormai ricorrente e incombente cronaca nera, che arriva dalle scuole italiane di ogni ordine e grado, si è arricchita in queste ultime settimane di un episodio-limite, di cui non risultano precedenti. Un ragazzo di quindici anni, frequentante il Liceo classico di Lacco Ameno (Ischia), si è impiccato a causa della umiliante esclusione da ogni relazione positiva e umanizzante con i suoi compagni di classe e di scuola, esclusione confermata dall’esito della votazione a rappresentante di classe, nella quale non solo non ha avuto alcun voto, ma ha dovuto prendere atto che al posto del voto su alcune schede erano scritte frasi ingiuriose nei suoi confronti.
L’indagine della magistratura minorile in corso sta appurando anche che alcuni di questi compagni di classe l’avevano sistematicamente ingiuriato e spesso lo sottoponevano ad atti di vera e propria umiliazione. Fin qui, purtroppo, nulla di nuovo sotto il sole. Ormai non vi è fondo alla voragine di comportamenti regressivi e belluini messi in atto dalla sempre più frequente trasformazione di gruppi di adolescenti da ambiti antropologici di socializzazione in veri e propri branchi animati da compulsivi atteggiamenti di ferocia. La cosa che qui, però, conferisce alla vicenda un carattere più perverso di quelli che si rinvengono in storie di squallida e ordinaria follia come queste sta nel fatto che questo ragazzo, di nome Diego G., era in assoluto il primo della classe e del Liceo, faceva registrare di questi tempi medie superiori a quelle del nove, era comunque un ragazzo intelligente e, per quel che se ne sa, assolutamente dotato di buone qualità umane, di uno stile non aggressivo e comunque aperto alla relazione positiva con gli altri. Alla fin fine, bisogna concludere che è stato emarginato, escluso, umiliato e indirettamente indotto al tragico gesto estremo per il fatto di essere diverso in quanto eccellente, di essere fuori dal coro di un modo di intendere la scuola tra il becero e il goliardico, tra la grande ammucchiata nell’universale ignoranza e l’assenza di qualsiasi funzione e senso attribuita all’istituzione dai suoi frequentanti.
Oramai si dà per scontato che tale tragica omologazione debba essere la sola acqua entro la quale debbono nuotare i pesci di allevamento che sono rappresentati dagli studenti-massa alle prese con una quotidiana guerriglia con docenti-massa. Diego G., in questo trionfo epocale del non-senso, rappresentava un’eccezione intollerabile, guastava paradossalmente il panorama piatto, configurava una differenza insopportabile, stabiliva, forse, una misura che faceva da specchio rotto per lo studente-massa. Intendiamoci, anche per il passato, spesso, il primo della classe assumeva l’immagine vivente dell’antipatia e di chi appariva proiettato su orizzonti adultistici. Spesso il primo della classe effettivamente può essere un secchione senza porte e senza finestre, con scarse aperture empatiche. Ma qui c’è qualcosa di troppo e di aberrante, di eccessivo e di ineludibilmente leggibile come male radicale, che sfida la nostra più negativa forma di immaginazione e ripropone una questione che è tipica della nostra epoca e della deriva sistemica della scuola e di ogni forma di paideia possibile.
Si tratta dell’ormai indiscutibile scelta, da parte della grande massa dei frequentanti le scuole nei paesi avanzati, di un terreno facile facile, di un campo di investimento psichico (uno specchio in cui ci si sente grandi e belli e forti) che può riguardare il velinismo per le donne e il culturismo per i maschi, che può concernere soltanto immagini fatue ed esterne, le quali pare abbiano come filo di senso soltanto il vecchio, ‘volgarissimo’ adagio secondo il quale i primi della scuola saranno gli ultimi della vita. Con Diego G. l’applicazione estrema e rozza di questa ineffabile massima è riuscita addirittura ad andare oltre ogni limite. Poiché Diego G. era il primo della scuola hanno pensato bene di farne il primo santo e martire del calendario dell’omologazione schiacciata sull’ignoranza e sui comportamenti da teppaglia.
L’autore di questa nota intende denunciare questa situazione e rendere omaggio a Diego G., anni quindici, valoroso studente del Liceo classico di Ischia, che ha pagato con la vita il suo amore per gli studi.
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