L’importanza della partecipazione
Intervista ad Anna Bucca, da otto anni presidentessa dell’Arci di Catania ed oggi anche coordinatrice dei comitati catanesi per l’elezione di Rita Borsellino. per capire meglio prospettive e speranze della Sicilia che verrà.
"Noi dell’Arci non avremmo mai fatto tutto questo se a candidarsi non fosse stata Rita Borsellino. La sua caratteristica principale è quella di essere una persona coerente e credibile. Tutti già la conoscono per quello che ha fatto e per tutti i luoghi che ha girato con Libera e con la Carovana Antimafia. E poi la sua candidatura ha messo in moto un enorme coinvolgimento dal basso. E questo nella politica, in particolare in quella siciliana, è una vera rivoluzione".
Non ha dubbi Anna Bucca, presidentessa dell’Arci di Catania dal 1998. Quella di Rita Borsellino alla presidenza della regione è una candidatura speciale per mille motivi. Ma il coinvolgimento che prevede, e che di fatti ha scatenato, è quello prioritario. Allora forse è meglio andare per ordine e spiegarne le tappe.
Come nasce l’idea di candidare la Borsellino?
Innanzitutto è stata lei a proporsi. O meglio, da tempo stava sviluppando una sua riflessione su questa possibilità, riflessione che poi si è incontrata con l’appoggio e le esigenze dei partiti della sinistra.
Eppure all’inizio non tutta la sinistra appoggiava la sua candidatura...
Bisogna evitare di confondere i vertici di partito con i partiti veri e propri. È vero che l’appoggio dai ds è arrivato solo all’ultimo momento, e che la margherita ha appoggiato un altro candidato alle primarie. Ma è anche vero che sin dall’inizio moltissimi membri di entrambi i partiti hanno appoggiato Rita. Tutti i dubbi sono stati generati principalmente dal diffondersi della convinzione che la sinistra possa vincere solo fingendosi moderata. Convinzione che le primarie hanno dimostrato essere falsa .
Ma Rita Borsellino può essere considerata una candidata radicale?
No, o comunque non completamente. Un altro suo punto di forza è quello di mettere insieme le posizioni più radicali e quelle moderate. E tutto in nome di una forte esigenza di cambiamento che, appunto, nasce dal basso e che lei è riuscita a rappresentare e trasformare in progetto politico.
Eppure c’è chi la accusa spesso di essere politicamente inesperta...
Si, e sembra quasi un paradosso. Ormai è dal 1992 (l’anno della morte del fratello Paolo) che Rita gira la Sicilia in lungo e in largo, parlando con la gente e toccando con mano i problemi concreti dell’isola. Praticamente non esiste un solo comune siciliano in cui lei non sia stata a portare la sua esperienza antimafiosa. Credo sia l’unica candidata a poter vantare una simile conoscenza del territorio e delle problematiche annesse. E se questo non è far politica allora cos’è?
E poi c’era anche chi la accusava di non avere un programma...
Accusa smentita dai fatti. Durante la campagna elettorale per le primarie lei aveva detto che il suo programma voleva scriverlo insieme ai Siciliani e la promessa è stata mantenuta. Da gennaio ad aprile i “cantieri per il programma” hanno lavorato proprio per questo. Prima sono stati individuati gli ambiti nei quali è necessario intervenire. Poi nei moltissimi cantieri che sono nati in tutta l’isola ci si è messi a lavoro per individuare problematiche e possibili soluzioni. Chiunque ha potuto dire la propria. Si è trattato di un percorso di partecipazione sociale e politica senza precedenti. I Siciliani purtroppo non ci sono abituati. Qui la norma è la ricerca del tornaconto personale. E questo è linfa vitale per il meccanismo di delega e favoritismi che muove la mafia. Con questa candidatura invece si sta proponendo il percorso inverso. E questo progetto non finisce con le elezioni. È chiaro che un presidente di regione da solo non può far molto, neanche se si chiama Rita Borsellino. Ma con un progetto di questo tipo le possibilità sono infinite.
Ma quali sono i problemi che sono emersi?
Innanzitutto la carenza di infrastrutture e l’invisibilità di alcuni luoghi qui in Sicilia, almeno di fronte alle istituzioni. Poi c’è la sanità che non funziona, e la questione della cooperazione internazionale. La Sicilia si trova al centro del mediterraneo, si tratta di una posizione strategica e bisognerebbe cominciare a considerare l’enorme potenzialità che questo comporta, non solo a livello economico ma soprattutto culturale.
Prima Crocetta a Gela, poi Vendola in Puglia, ora la Borsellino candidata in Sicilia. Si direbbe quasi che il sud abbia voglia di rottura...
Sicuramente si tratta di candidature con molte analogie. Io però credo si tratti di voglia di normalità più che di rottura. In Sicilia e più in generale al sud, accadono cose al limite dell’incredibile. Non sembrerebbe possibile che un super latitante mafioso pluriomicida come Provezano possa chiedere rimborso alla mutua per un intervento chirurgico tranquillamente eseguito in ospedale. Ed invece in Sicilia è successo anche questo. La gente Ha bisogno di normalità, vuole che le cose vadano come dovrebbero andare. Solo questo.
Però la Borsellino è anche una donna...
Un’altra novità importante. La Sicilia è sempre stata la regione con il più basso numero di donne al governo. E poi ci sono anche i comitati spontanei di non siciliani che hanno deciso di appoggiarla. È proprio vero che dall’esterno si vede tutto più chiaramente. Deve essere per questo che in molti da altre regioni stanno appoggiando questa candidatura.
In Sicilia invece prevale la rassegnazione?
Quest’isola sa essere incredibile non solo in negativo, ma anche in positivo. Rita Borsellino ha scatenato una partecipazione in cui non speravamo. Lo scetticismo c’è ancora, ma diminuisce e si tratta di un atteggiamento che non capisco. Sostenere di non poter far nulla per cambiare le cose è come sostenere che la sorte ci sia sempre avversa. Semplicemente non è possibile. La qualità della vita di una regione è data soprattutto da chi la abita. Essere rassegnati è già una sconfitta. Si tratta solo di intraprendere un percorso di ricerca di dignità.
Di cosa ci sarebbe bisogno allora innanzitutto allora in Sicilia.
Innanzitutto c’è bisogno che la gente vada a votare.
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