L’impero della mente

Sul film di David Lynch

di Alberto Giovanni Biuso - mercoledì 14 febbraio 2007 - 3148 letture

David Lynch INLAND EMPIRE Con Laura Dern, Jeremy Irons, Justin Theroux, Julia Ormond USA, 2006

Frammenti di memoria che si ricompongono in una serie concentrica di cerchi; un perfetto stream of consciousness che coniuga in modo inestricabile realtà (?) e immaginazione (?); una dura condanna del mondo di Hollywood, della sua incapacità di partorire veri sogni, della sua violenza; cinema dentro il cinema che sta ancora dentro il cinema coinvolgendo alla fine (come nella Rosa purpurea del Cairo) colui che guarda, lo “spettatore”; cunicoli e corridoi dai quali può in qualunque momento emergere l’orrore (Shining) e passaggi impossibili da un ambiente a un altro come nelle stanze finali di 2001; e soprattutto orologi ovunque, domande sul tempo e sulla inversione e mescolanza delle sue tre “estasi”.

Tutto questo creato attraverso l’uso magistrale di strumenti come il grandangolo sui primi piani, i colori innaturali, il gioco continuo delle ombre, le musiche sempre “dentro” l’immagine sino al ballo finale sui titoli di coda. E assecondato, sostenuto da una grande Laura Dern, in scena quasi dal primo all’ultimo fotogramma.

Kubrick, Joyce, il mondo infero dei sogni e la teoria della relatività in un solo film. Come dichiara uno dei personaggi: «È tutto ok, stai solo morendo».

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