L’impero della mente
Sul film di David Lynch
David Lynch INLAND EMPIRE Con Laura Dern, Jeremy Irons, Justin Theroux, Julia Ormond USA, 2006
Frammenti di memoria che si ricompongono in una serie concentrica di cerchi; un perfetto stream of consciousness che coniuga in modo inestricabile realtà (?) e immaginazione (?); una dura condanna del mondo di Hollywood, della sua incapacità di partorire veri sogni, della sua violenza; cinema dentro il cinema che sta ancora dentro il cinema coinvolgendo alla fine (come nella Rosa purpurea del Cairo) colui che guarda, lo “spettatore”; cunicoli e corridoi dai quali può in qualunque momento emergere l’orrore (Shining) e passaggi impossibili da un ambiente a un altro come nelle stanze finali di 2001; e soprattutto orologi ovunque, domande sul tempo e sulla inversione e mescolanza delle sue tre “estasi”.
Tutto questo creato attraverso l’uso magistrale di strumenti come il grandangolo sui primi piani, i colori innaturali, il gioco continuo delle ombre, le musiche sempre “dentro” l’immagine sino al ballo finale sui titoli di coda. E assecondato, sostenuto da una grande Laura Dern, in scena quasi dal primo all’ultimo fotogramma.
Kubrick, Joyce, il mondo infero dei sogni e la teoria della relatività in un solo film. Come dichiara uno dei personaggi: «È tutto ok, stai solo morendo».
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