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L’era dei partiti bipolari

Esiste un Partito principale e poi un partito d’accompagnamento, uno specchietto per le allodole o un pesce "pilota"?

di Sergej - sabato 13 febbraio 2021 - 1469 letture

Nel gergo politichese contemporaneo, il “bipolarismo” sarebbe l’esistenza di due aggregati politici che si contrappongono e si contendono il “governo” del Paese: l’imitazione che gli italiani hanno provato a fare di quanto credono di sapere sull’Impero di riferimento, gli Stati Uniti: lì due “partiti” che si chiamano Democratico e Repubblicano li si vede ogni tot anni scendere in campo - attraverso riti e nei modi incomprensibili per noi europei - per le elezioni presidenziali (da noi alle elezioni al Congresso e negli Stati non ci si bada, vediamo solo i botti più assordanti delle elezioni presidenziali). Questa scelta americanista è stata evidente dopo il 1989 quando, caduto il Muro di Berlino, i nostri politici hanno perso la sicurezza dei precedenti rituali - la contrapposizione tra un “centro” Democristiano e una “sinistra” vagamente egemonizzata dal PCI - e hanno detto: il modello Stati Uniti è quello vincente, è la cosa più “moderna” che ci sia, proviamo a fare come negli Stati Uniti. Una “modernizzazione” immediatamente sconfitta dalle urne e poi dalle vicende storiche successive, con scorno per i propugnatori dell’epoca (la generazione di Occhetto, Veltroni ecc_). Dopo il 1994 la partita è stata nelle mani tra la contrapposizione di un fronte di destra con quello dei centristi. Anche qui una forzatura inconcepibile per il moderatismo delle anime della sinistra: “chi vince prende tutto”, si disse, proprio come accade nei casinò a Las Vegas. E infatti è ancora una volta una concezione del gioco e dell’americanismo che, in terre occupate ancora militarmente dagli Stati Uniti non può che essere la ristretta visione di ceti sottomessi. I moderati, figli delle sconfitte di decenni, avevano invece una concezione ben diversa: quella infantile del “oggi tocca a me, domani tocca a te”, cioè lo spartirsi i “tempi” dell’occupazione del potere - così come i bambini a volte fanno, quando si mettono a giocare con compagnetti non particolarmente simpatici. Per fare cosa? Ecco il problema, di qui il ripetersi delle alternanze nel tentativo che casualmente qualcosa si aggiustasse - visto che di per sé il nostro ceto politico non aveva né le idee né le competenze per operare un cambiamento. Si sperava che il tempo, galantuomo, in qualche modo riuscisse a farci trovare le giuste soluzioni e tirare fuori dai guai.

La Grande recessione (2007-2009) arrivata poco dopo anche in Europa e persino nell’estrema provincia (l’Italia) ha messo in moto partiti che non avevano più come riferimenti di classe i ceti affermati, ma gli strati ormai consistenti di precari e colpiti dalla crisi (la borghesia declassata). Con dispregio hanno usato, per definirli, quello di “partiti populisti” dacché il popolo - base della democrazia e non solo di quella rappresentativa, era diventato non più il motivo per cui esisteva la democrazia ma un nemico da combattere: tanto più se ora massa indistinta di pezzenti. Il pericolo aguzza l’ingegno. Ed ecco che nascono i partiti bipolari. Viene ripresa una cosa che già nel passato era stata fatta: ovviamente, come sempre, all’interno del calderone delle sinistre. All’epoca si era inventato una cosa chiamata “fronte” in cui c’erano tre partiti che concorrevano assieme per l’ambizioso obiettivo di conquistare la maggioranza dei voti e dunque il governo del Paese. Fallito il “fronte” era rimasto la “sinistra”: in cui un partito compatto e egemone si portava appresso una bad company formata da più estremisti (ma, si badi, sempre concordi sull’accettazione delle regole democratiche e la presa del potere non tramite le armi ma per via elettiva). Nella nuova era si riesuma lo schema, ed ecco che si forma un partito di “moderati” che finanzia (siamo in un’epoca più concreta) un’appendice di “populisti” (la bad company). Se va bene, la bad company può continuare a essere usata (e attira tutti quelli che per appartenenza di classe e per situazione economica non voterebbero mai per gli interessi dei ceti dominanti); altrimenti la si molla, e senza soldi non va molto lontana. Lo schema Berlusconi con la Lega.

Berlusconi, da prudente giocare esperto, ha addirittura messo in campo un gioco delle tre carte: con Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia può permettersi addirittura di stare al Governo Draghi e nello stesso tempo stare all’opposizione.

Lo schema bipolare non è stato possibile fino ad ieri per i centristi del PD, nati proprio all’indomani della soppressione della parte esterna che permetteva il gioco bipolare: la scelta di campo centrista, il taglio ai finanziamenti della propria bad company (il partito che fu di Bertinotti) che ne decretato il confinamento all’inesistenza politica - questo per dire anche quanto queste bad company sono dipendenti dalle big company alle quali pure sembrano contrapporsi in alcune fasi. Questo partito è in realtà un insieme di partiti, ognuno dei quali nella propria realtà autonomo e con strutture distinte, e propri leader. Stanno assieme per interesse di classe, ma non coesi neppure da una stessa appartenenza ideologica. Con difficoltà, e dopo lunghe resistenze, hanno persino aderito a livello europeo al gruppo Socialdemocratico (che ha dovuto ampliare la denominazione di Socialdemocratici e Democratici). Proprio per la presenza di “anime” diverse è impossibile per questa coalizione, una volta al potere, realizzare progetti perché ogni realizzazione implicherebbe idee (che non hanno) e scelte (per loro impossibili, dato che sarebbero contrastanti al loro interno). Un innovatore come Renzi ha trovato il sistema di rendere bipolare anche il PD, costruendo il partito snello, decisionista e scattante; e lasciando nel PD la parte di bad company.

Il M5S ha all’inizio usato uno schema alla PD, come insieme di componenti (le stelle non a caso sono cinque e non una sola…) tenute assieme però da un forte nucleo decisionista. Un progetto che non prevede partiti da affiancare - in questo il modello lo si potrebbe definire “cinese” (senonché il PCC ha al suo interno componenti sociali ben radicate e definite). La formazione di un “partito degli scontenti” del M5S potrà far replicare anche da questa parte lo schema dei “partiti bipolari”? Direi che è ancora troppo presto, e l’evoluzione delle cose troppo caotica per poter predire alcunché.

Finora abbiamo delineato la presenza di uno schema bipolare: un pesce maggiore accompagnato da uno o più pesci minori, che funzionano da specchietto per le allodole - attira-voti - o persino da pesce-pilota quando il pesce maggiore è troppo grosso e lento per muoversi in maniera autonoma. In ogni caso, all’interno di questa metafora, non sono i pesci qui a essere le prede dei pescatori, ma sono i pesci costruiti per prendere quanti più pescatori (cioè elettori) è possibile. Ma attenzione: sono i pesci che scelgono i pescatori e per qualche decennio è accaduto che i pesci hanno deciso (di comune accordo) di non prendere "tutti" i pescatori ma non certo per spirito ecologico. A un certo punto, si è deciso che la democrazia andava ristretta e che non c’era più bisogno di tanti pescatori ma solo di quelli "giusti". I pezzenti sono stati espulsi dal gioco democratico. È solo grazie alla crisi del sistema che una parte dei pezzenti è tornata in gioco - ovviamente come preda e non come predatore -. Il gioco dei due pesci (o delle tre carte) è servita allo scopo. Vediamo come prosegue la partita.


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