L’entusiasmo / di Voltaire

di Redazione Antenati - lunedì 24 gennaio 2005 - 9261 letture

ENTUSIASMO Questa parola greca significa «commozione di viscere, agitazione interiore». I greci inventarono questa parola per indicare le scosse dei nervi, la dilatazione e la contrazione degli intestini, le violente palpitazioni del cuore, il corso precipitoso di quegli spiriti di fuoco che salgono dalle viscere al cervello quando si è violentemente commossi?

Oppure si diede il nome di entusiasmo, di turbamento delle viscere alle contorsioni di quella Pizia che, sul tripode di Delfi, riceveva lo spirito di Apollo per una via che non sembra fatta altro che per ricevere dei corpi? Cosa intendiamo, noi, per entusiasmo? Quante sfumature nei nostri sentimenti! Approvazione, sensibilità, emozione, turbamento, affanno, passione, impeto, demenza, furore, rabbia: ecco tutti gli stati per i quali può passare questa povera anima umana.

Un geometra assiste a una tragedia commovente: nota soltanto che è ben rappresentata. Un giovane al suo fianco è commosso e non nota nulla; una donna piange; un altro giovane è talmente eccitato che, per sua sventura, si mette a scrivere anche lui una tragedia: si è preso la malattia dell’entusiasmo.

Il centurione o il tribuno militare, che consideravano la guerra solo come un mestiere nel quale si poteva fare un po’ di soldi, andavano tranquilli a combattere, come un muratore sale su un tetto. Cesare piangeva contemplando la statua di Alessandro.

Ovidio parlava d’amore con spirito; Saffo esprimeva l’entusiasmo di questa passione; e se è vero che essa le costò la vita, fu perché in lei l’entusiasmo si convertì in demenza. Lo spirito di partito dispone in modo sbalorditivo all’entusiasmo: non c’è fazione che non abbia i propri energumeni.

L’entusiasmo è soprattutto il retaggio della religiosità male intesa. Il giovane fachiro che, nel dire le sue preghiere, vede la punta del suo naso, si monta a poco a poco sino a credere che, se si carica di catene del peso di cinquanta libbre, l’Essere supremo gliene sarà molto grato. Si addormenta con la fantasia piena di Brahma, e naturalmente lo vede in sogno. Qualche volta, fra il sonno e la veglia, dai suoi occhi sprizzano scintille: vede Brahma splendente di luce, cade in estasi, e questa malattia diventa spesso incurabile. La cosa più difficile è il saper congiungere ragione ed entusiasmo; la ragione consiste nel vedere sempre le cose come sono; chi, nell’ubriachezza, vede doppio, è in quel momento privo di ragione.

L’entusiasmo è come il vino: può suscitare tanto tumulto nei vasi sanguigni e così violente vibrazioni nei nervi, che la ragione ne viene ottenebrata. Può anche causare soltanto leggere scosse, che provocano nel cervello un’attività un poco più intensa del normale: è quello che accade nei grandi moti d’eloquenza, e soprattutto nella poesia sublime. L’entusiasmo ragionevole è il dono dei grandi poeti. Questo entusiasmo ragionevole è la perfezione della loro arte; è quel che fece credere un tempo che essi fossero ispirati dagli dei; ed è ciò che non fu mai detto degli altri artisti.

Come può la ragione governare l’entusiasmo? Un poeta traccia dapprima l’ordito della sua opera; e la ragione guida la sua penna. Ma, se vuole animare i personaggi e infondere loro la forza delle passioni, allora l’immaginazione si accende e subentra l’entusiasmo; è come un corsiero che prenda la mano, ma corra lungo una strada regolarmente tracciata.

(Voltaire, Dizionario filosofico)


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