L’educazione filosofica di Costanzo Preve

Il viaggio filosofico è gesto simbolico con il quale ci si sottrae ai processi di dominio per risemantizzare la realtà storica.
L’educazione filosofica
L’educazione filosofica testo di Costanzo Preve non è solo un viaggio all’interno del concetto di filosofia, ma è un lungo percorso nel quale gli spettri e i nichilismi del tempo contemporaneo sono attraversati con il dialogo filosofico. La filosofia con il suo lessico e il suo apparato metodologico non si ritrae dinanzi alle trappole e agli abissi del proprio tempo, ma essa li vive e li pensa in modo da riaffermare con la verità il senso della condizione umana.
Il testo nel tempo della “confusione e della regressione veritativa” può essere una bussola con la quale orientare e riorientare il proprio viaggio. Il senso del viaggio è ritrovarsi dopo aver pensato gli inganni e i mascheramenti del nichilismo adattivo e crematistico, ma il ritrovarsi è il punto di partenza e di arrivo per un viaggio comunitario e veritativo che non conosce apriorismi e strutture concettuali sclerotizzate. Il viaggio nella verità e per la verità è una pratica che vive già nel presente di coloro che intraprendono un lungo cammino per attuare un profondo riorientamento gestaltico, il quale non è mai solo saggia gestione dell’esistenza privata, ma è prassi politica e sociale.
Il reale è razionale, se per reale si intende l’idealità con cui valutare il tempo storico e nel quale impegnarsi individualmente e coralmente verso un tempo in cui ci si umanizza nella verità dialogica. Nell’epoca caratterizzata dal capitalismo integrale, Costanzo Preve ebbe a definirlo “capitalismo assoluto”, la pianificazione aziendalistica è divenuta la pericolosa realtà che tutto annichilisce. La filosofia sopravvive solo nella “formula della filosofia educativa”, ovvero la filosofia è divenuta parte integrante dell’apparato di ortopedizzazione dei popoli. La filosofia curvata nella forma della sociologia o della psicologia ha rinunciato alla verità per essere programmaticamente adattiva. Nelle scuole superiori e nelle accademie essa è tollerata, in quanto è uno dei mezzi con cui si insegna il relativismo che non può che portare a costituire personalità resilienti e di poco coraggio da offrire al mercato. Il relativismo consente la necrosi della prassi e la naturalizzazione disperata del capitalismo. L’olocausto della verità pone in essere il ciclo del nichilismo che indebolisce l’umanità e rafforza il mercato.
La distinzione tra filosofia dell’educazione e educazione filosofica è fondamentale per orientarsi nel lungo testo di Costanzo Preve. In un tempo di adattamento passivo ai paradigmi economicistici e relativistici l’educazione filosofica trasgredisce l’ordine vigente con i suoi apriorismi e con i programmi ben preimpostati secondo i desiderata dei mercati e delle oligarchie plutocratiche. L’educazione filosofica, invece, è spazio di libertà dialogica e amicale nella quale la ricerca della verità e la sua definizione diviene l’orizzonte nel quale le immanenze e le differenze si ritrovano nell’unità che non conosce autoritarismi.
Di tutto questo necessitiamo nell’epoca della riduzione della formazione a sola istruzione priva di senso e di consapevolezza:
“L’espressione filosofia educativa pur potendo significare anch’essa qualcosa di fondamentalmente buono, porta inevitabilmente con sé un’aria un po’ sospetta di conformismo edificante, come se una filosofia dovesse essere a tutti i costi “educativa”, nel senso conforme ai valori morali, politici e religiosi considerati corretti ed appropriati in una determinata società” [1].
Il coraggio della filosofia
L’educazione filosofica è antiadattiva, essa è resistenza ai processi di disumanizzazione e reificazione in corso. L’educazione filosofica implica il vivere pericolosamente, non in senso nietzscheano, ma in senso filosofico. Vi è il pericolo della solitudine e della marginalità a cui bisogna rispondere con equilibrio e con coraggio. Un’esistenza filosofica è sempre non facile, poiché bisogna saper resistere alle pressioni infiltranti del sistema capitalistico. Costanzo Preve ci mostra nel suo testo che l’educazione filosofica non può che formare anche “personalità filosofiche” capaci di vivere i processi veritativi con coraggio e tenace resistenza:
“L’espressione educazione filosofica è invece non solo compatibile con una scelta di resistenza e di rifiuto di integrazione nei valori conformistici di adattamento sociale, ma sembra quasi alludere irresistibilmente a questa resistenza ed a questo rifiuto, dal momento che i modelli conformistici e maggioritari di integrazione sociale sono quasi sempre non filosofici, e sono anzi spesso provocatoriamente antifilosofici” [2].
L’educazione filosofica è un viaggio, in cui l’educare significa saggiare il proprio coraggio e, dunque, implica il formarsi e l’assumere una forma. Il nostro è il tempo dell’amorfismo, non si ha forma, in quanto non si ricercano e non si testimoniano i fini oggettivi, pertanto ci si lascia avvolgere dai dogmi e dalle logiche dei consumi, fino al punto da uscirne consumati e privi di fondamento. Filosofia ed educazione coincidono, poiché esse realizzano processualmente l’umanesimo. La dignità dell’essere umano è porre la verità, ricercarla nella comunità e confrontarsi con le proprie resistenze e preclusioni, solo in tal modo si diventa umani. Coloro che sono disponibili a conoscersi e a porsi in ascolto con i propri demoni non possono che diventare esseri umani comunitari, in quanto la parola diviene fonte di verità e di comunicazione nelle quali ritrovarsi:
“Questo è anche il mio significato di educazione: un viaggio in cui si acquisiscono conoscenze e si mette alla prova il proprio coraggio. Questo viaggio dura una vita intera, ed in questo senso possiamo tranquillamente dire che l’educazione coincide con la filosofia” [3].
L’educazione filosofica deve formare le personalità in modo integrale. La forma e i contenuti devono porsi tra di loro in modo armonico e dialettico. I contenuti veritativi per essere posti in atto non possono che esigere il coraggio della verità. Il coraggio si forma nel dialogo veritativo, poiché le personalità imparano ad esporsi nel dialogo con la parola senza temere il giudizio altrui, anzi la valutazione delle argomentazioni tra i parresiasti rafforza le personalità, poiché si impara gradualmente ad abbandonare le argomentazioni infondate e a riprendere il viaggio nel coraggio e nell’onestà. Il coraggio è testimonianza di verità e ciò non può che concretizzarsi nella comunità, in cui l’operare filosofico diventa limite alla menzogna e al conformismo del potere:
“La filosofia vive esclusivamente di dialogo veritativo, mentre il dialogo intenzionalmente e programmaticamente non veritativo si chiama retorica, non filosofia. L’educazione vive esclusivamente di un viaggio teso alla conoscenza ed al coraggio, perché ci vuole sempre un po’ di coraggio per opporsi e resistere al sistema di valori e di comportamenti dominanti nel tempo storico in cui si vive. Un apprendimento che non comprende la possibilità della resistenza e dell’opposizione si chiama istruzione e non educazione. La retorica e l’istruzione possono e debbono essere praticate, perché sono utili all’organizzazione della vita quotidiana, ma non devono diventare l’orizzonte complessivo del senso della vita umana” [4].
Il coraggio filosofico si distingue dal coraggio incosciente, quest’ultimo, in realtà, è solo apparentemente coraggio, poiché in esso non vi è la dimensione della consapevolezza. Si vive fuori di sé, l’incoscienza è anch’essa una forma adattiva priva di controllo che potrebbe nuocere fortemente agli amici e alla comunità. L’incosciente è tendenzialmente un individualista. Il coraggio filosofico, invece, non nuoce, è la contraddizione che consente ad una comunità di formarsi qualitativamente nella verità, a cui si giunge dialetticamente e rafforzandosi nella critica. Nel dialogo filosofico l’amicizia è presupposta, per cui la critica è il mezzo per avviare processi di consapevolezza. La critica non è mai aggressione, anzi è una forma affettuosa e amicale in cui ciascuno è maestro dell’altro. Il viaggio verso il “bene e la verità” è sempre periglioso; le onde che scuotono le personalità non sono mai distruttive, ma come la torpedine socratica sono finalizzate alla maieutica. Coraggio e disponibilità alla formazione sono un unico corpo dal quale fiorisce la filosofia:
“Chi invece ha “coraggio” senza conoscenza (ma è davvero coraggio?) è in realtà un incosciente, rovina se stesso ed i suoi amici. Il viaggio può essere qualcosa che ci riporta al punto in cui siamo partiti, arricchiti però dalla conoscenza e dal coraggio acquisiti nel corso del viaggio stesso” [5].
La filosofia è viaggio
Il tema del viaggio è reso concreto nel testo di Costanzo Preve mediante l’esplicitazione del percorso di formazione per tappe di Marx. Egli giunse alla valutazione olistica del sistema capitalistico e al paradigma del lavoratore collettivo con cui giudicare il capitalismo e pensare il comunismo libertario mediante un lungo processo. Il punto di partenza di Marx è il materialismo termine con cui indica di non credere in Dio e, specialmente, egli nella prima tappa del suo viaggio applica l’alienazione non più al rapporto tra uomo e Dio (Feuerbach) ma alla globalità del sistema capitalistico integralmente alienante. Nella seconda tappa che passa per Parigi e la Francia Marx vive e condivide le sorti della classe operaia e scrive il Manifesto del Partito comunista (1848). A Londra (terza tappa) diviene marxista, in quanto elabora la critica all’economia politica con annessa teoria dello sfruttamento e della crisi che avrebbe dovuto condurre al lavoratore collettivo associato. Il viaggio filosofico di Marx ha dunque un inizio e una fine nel 1883 con la sua morte. Il viaggio filosofico, se è autentico, ha un cominciamento e termina con la morte:
“Il punto di partenza del viaggio di Marx è quello di un giovane filosofo tedesco rivoluzionario,. Che chiama “materialismo” il fatto di non credere nel Dio dei preti cattolici e protestanti, e di pensare appunto che Dio non esiste e non c’è altro che materia ed energia” [6].
L’incipit ha un inizio, ma il viaggio filosofico si chiude con l’esistenza. Gli eredi del pensiero di Marx tra dibattiti, divisioni e interpretazioni hanno continuato il suo viaggio.
Il viaggio filosofico nel nostro tempo
La logica profonda del viaggio che abbiamo delineato brevemente ci interroga sul nostro presente eroso e corroso dalla sclerotizzazione maligna del nichilismo crematistico.
La filosofia è dialogo veritativo nell’immanenza della storia ed essa testimonia e dimostra che l’essere umano è animale simbolico che deve dare un senso oggettivo alla propria esistenza. La consapevolezza heideggeriana della morte non può che esigere una risposta ed essa è il senso veritativo su cui fondare la brevità della vita:
“Il presupposto antropologico della filosofia sta nel fatto che l’uomo, il nostro homo sapiens, non è solo un tool making animal, cioè un animale capace di costruire strumenti artificiali di lavoro, ma è anche un animale simbolico, che non può fare a meno di dare un senso al mondo così come non può fare a meno di mangiare o di sudare, un animale che sa di dover morire e che quindi è irresistibilmente a caricare di un denso significato di porzione temporale in cui si svolge la sua storia” [7].
Il nostro tempo è segnato dall’insensatezza e dal disincanto per la caduta del comunismo reale. In tale cornice è necessario riprendere il cammino per ridisegnare il comunismo consapevoli che il lavoratore collettivo associato è una possibilità da realizzare che non è stata seppellita dal crollo del muro di Berlino, ma essa è speranza ideale ancora vitale. Il dialogo filosofico senza apriorismi deve continuare la sua corsa senza preclusioni e protocolli precostituiti. Il dialogo socratico è coraggio del “nuovo”, è ricerca e riproposizione dialettica della verità che deve proporre mezzi e realtà politiche verso le quali orientarsi con la coscienza storica dell’esperienza vissuta e concettualizzata del passato trascorso:
“Il modello socratico di educazione filosofica, in altre parole, non si basa su di una impossibile completezza contenutistica già enunciata a priori, ma si legittima con una metodologia dialogico-comunitaria che conosce solo il punto di partenza (in questo caso, la non coincidenza fra democrazia e verità), ma non conosce invece il possibile punto di arrivo. Una situazione, appunto, di tipo socratico, non di tipo hegeliano o marxiano” [8].
A ciascuno di noi spetta il compito di riprendere il viaggio filosofico, non vi sono obblighi né sentieri già segnati, la filosofia è coraggio nella libertà, poiché l’inizio è apertura all’incontro con la verità che conduce verso spazi di pensiero impensabili e inesplorati. Il viaggio filosofico è gesto simbolico con il quale ci si sottrae ai processi di dominio per risemantizzare la realtà storica. Non si tratta di una postura che si limita alla sola critica, ma è coraggio di progettare e di concettualizzare il nuovo su fondamenta metafisiche. Di tutto questo abbiamo bisogno per emanciparci dalla disperazione del nichilismo crematistico con la sua insensatezza disumanizzante.
[1] Costanzo Preve, L’educazione filosofica, Petite Plaisance Pistoia, 2024 pag. 41
[2] Ibidem, pag. 42
[3] Ibidem, pag. 67
[4] Ibidem, pag. 35
[5] Ibidem, pag. 67
[6] Ibidem, pag. 179
[7] Ibidem, pag. 61
[8] Ibidem, pag. 241
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