L’attenzione rubata

L’attenzione contesa : come il tempo schermo modifica l’infanzia / di Simone Lanza. - Roma : Armando editore, 2024. - 226 p. - (Scuola e università 4.0). - ISBN 979-12-5984-764-5.
Simone Lanza nel suo testo L’attenzione contesa : come il tempo schermo modifica l’infanzia descrive e problematizza un tema che dovrebbe inquietare per la sua rilevanza politica, psicologica e cognitiva. Il tempo schermo reifica fin dall’infanzia e neutralizza, impoverendo, la formazione umana e politica dei futuri cittadini della “democrazia della Repubblica”.
- Copertina di L’attenzione contesa, di Simone Lanza
Senza “attenzione” non c’è umanità. Umanizzarsi significa dirigere l’attenzione sull’alterità e intessere relazioni qualitativamente valide all’interno delle quali costruire percorsi spontanei di crescita. L’attenzione è riconoscimento dell’altro, l’alterità appare nella sua verità, e in tale relazione di reciprocità lo scambio verbale ed emotivo diverge dallo spazio-tempo in cui si è, per necessità, incapsulati per “creare mondi”.
La crescita umana è sotto assedio, ma è un assedio che non si vuole conoscere e capire, perché mediante esso è possibile comprendere il legame che unisce tecnologie, multinazionali e istituzioni in un gioco di interessi e alleanze che minacciano la democrazia e la natura umana, la quale è nello sguardo che comunica e ascolta la presenta dell’altro e risponde alle domande che la sua presenza invoca. Il tempo schermo è onnipresente, si infiltra ovunque destabilizzando l’ordinario ritmo dell’attenzione senza il quale non è possibile partecipare alla vita e non è possibile amare. Scompare la dimensione del “dono” che passa dallo sguardo, dall’udito e da “ogni organo di senso vivo intenzionalmente disposto verso l’altro”.
Per strada, a scuola, a tavola mentre si pranza con lo sguardo incollato sullo schermo, ovunque l’attenzione è rubata dallo schermo, con tale furto si eclissa il mondo reale al suo posto vi è solo un mondo posticcio bidimensionale nel quale ci si perde e ci si disperde.
Le madri sempre più spesso alla nascita del loro figlio lo espongono allo schermo, pertanto tra il neonato e la madre vi è lo schermo che devia lo sguardo della madre dal figlio. Il neonato è esposto al mondo, è reso al pubblico sguardo, pertanto nessuno lo guarda, nasce in un mondo di narcisi che curiosano, ma non guardano. Il neonato rischia di iniziare la sua vita in solitudine, perché per natura non può che cercare lo sguardo della madre con il quale essere rassicurato dopo il trauma della nascita. L’essere umano nasce spiritualmente nello sguardo dopo la nascita biologica:
“Sempre più spesso bambini e bambine vengono oggi al mondo dentro uno schermo, e anziché essere guardati dagli occhi materni o paterni sono fotografati da una videocamera. Vengono al mondo come se entrassero in un palcoscenico, ma questa spettacolarizzazione della loro vita è innocua o ha un prezzo?” [1].
Il palcoscenico rende le relazioni innaturali e toglie ad esse la spontaneità che da sempre lega nella magia dello sguardo. Bisogna porre in discussione il sistema schermo e non certo le scelte dei singoli indotti dallo stesso. Gli studi dimostrano la correlazione fra ipertrofia del tempo schermo e la presenza di una serie di sintomi che denunciano malessere, regressione cognitivo e sociale fino a vere patologie. La correlazione non ha valore di causa, ma la presenza di molti dati che associano malesseri di varia natura all’esposizione del tempo schermo assume un valore probante del problema: “Al giorno d’oggi disponiamo di vari studi ed esiste un loro confronto tramite una mata-analisi che segnala la correlazione tra un uso precoce e prolungato degli schermi e i successivi problemi dell’attenzione” [2].
Senza attenzione, lo confermano gli studi, ma lo si constata normalmente, gli apprendimenti non sono possibili. Gli schermi con le tecnologie afferenti sono presentati come miracolosi e risolutivi di una serie di problemi conitivi, ma si celano i pericoli, pertanto la loro presenza si moltiplica in modo esponenziale. Chi ne usufruisce non conosce gli effetti, ma si affida ad essi. Le attese sono tante e nel contempo il narcisismo è sollecitato dall’esposizione agli schermi. Ignoranza e narcisismo si coniugano e si stratificano fino a minare la capacità di attenzione, la conseguenza è il crollo degli apprendimenti:
“L’attenzione è strategicamente fondamentale per l’apprendimento perché è ciò che sta alla base delle relazioni umane e tra gli esseri umani e le cose” [3].
Isolamento e deverbalizzazione
Il tempo schermo si fa strada attraverso l’isolamento del soggetto, che in tal modo si astrae da se stesso e dal contatto comunicativo. La relazione con l’ambiente si struttura “normalmente e naturalmente”mediante i cinque sensi con i quali si incamerano dati e sensazioni e la realtà esterna, di conseguenza, è integrata nella vita psichica e interiore. L’ipertrofia del tempo-schermo alimenta l’uso della vista e fa deperire gli altri sensi. La disarmonia non può che comportare il congelamento del corpo e degli apprendimenti. L’anima si congela e si astrae dall’ambiente nel quale si vive, resta solo uno schermo piatto che diviene una gabbia d’acciaio nella quale il soggetto si ritrova solo e indifeso:
“Ciò che caratterizza questa vita infantile offlife è l’essere senza tatto né contatto, dimensionamento individuale dell’isolamento sociale, una dimensione insensibile: la comunicazione è ridotta a scambio asincrono di informazioni, anziché essere uno scambio di emozioni e intenzionalità di corpi in contatto in modo sincronizzato” [4].
La lettura consente al pensiero e al lessico di affinarsi e di evolversi. La lettura dematerializzata effettuata con lo schermo non solo è veloce, ma specialmente non è consequenziale. Manca il tatto, la vista scorre lungo il testo, si sofferma su talune parti e ne tralascia altre:
“Si evidenzia una struttura a F nella lettura sullo schermo: nella lettura digitale si tende a leggere la parte iniziale, alcune parti centrali e qualcosa della parte finale. Si tratta di una lettura veloce, anzi uno scorrimento, alla ricerca di parole e concetti chiave. Il senso della sequenzialità è dato dalla materialità della lettura cartacea, percepibile al tatto e soprattutto passibile della ricorrenza, cioè di poter tornare facilmente indietro” [5].
L’isolamento si unisce ai processi di deverbalizzazione, in questo modo il pensiero deperisce sotto i colpi della contrazione dell’attenzione, la quale ridimensiona il pensiero e la riflessione critica. Il tempo-schermo dequalifica la formazione dei “sudditi” meno abbienti, mentre i figli dei “privilegiati” sono cresciuti e formati in scuole dove il “tempo-schermo”non corrode ed erode la formazione e l’età della regione. Il tempo schermo è uno strumento della “lotta di classe dell’alto contro il basso”, i padroni del mondo usano il tempo schermo contro i loro subalterni per indebolirne la consapevolezza individuale e collettiva:
“I figli dell’élite dei super-ricchi beneficiano di un’educazione basata sull’interazione, lontano dalle nuove tecnologie, preferendo i giocattoli di una volta e il lusso dell’attenzione reciproca delle relazioni umane” [6].
Consapevolezza collettiva
I dati sugli effetti del tempo schermo sono ormai palesi e noti e se anche la correlazione non è immediatamente assimilabile ai rapporti di causa ed effetto l’etica della responsabilità dovrebbe indurci ad adottare il principio precauzionale di sospensione dell’uso massiccio degli schermi, per sostenere i processi di verbalizzazione, socializzazione e comunicazione minati dall’uso indiscriminato e sregolato del tempo-schermo:
“Quindi la correlazione, fino a prove empiriche diverse, non implica ma non esclude nemmeno la causalità. Qua siamo nl cuore della contesa storica: da una parte si sostiene che l’onere della prova spetti ai disfattisti e pessimisti che devono dimostrare la nocività degli schermi; dall’altra c’è chi ritiene che finché la nocività degli schermi è dubbia, sarebbe meglio adottare il principio precauzionale” [7].
Le divisioni spesso ideologiche sul tempo-schermo non possono che consentire la “stabilizzazione della deverbalizzazione e dell’isolamento”. Il teso di Simone Lanza fende le barriere di fango delle contrapposizione ideologica per dimostrare la verità sul problema e promuove una plurale discussione al fine di proteggere la formazione dei più fragili, lo siamo tutti o quasi in questa cornice sociale, e con essa la democrazia repubblicana. Quest’ultima è partecipazione; senza la letto-scrittura e la capacità di “ascoltare e sentire la concreta e materiale presenza dell’altro” la democrazia si decompone nel riflesso abbagliante degli schermi, ragion per cui non si può ignorare o rimuovere il problema, ma adesso coralmente è necessario dare risposte e a tal scopo dovremmo iniziare ad ascoltare le nostre sensazioni e i sentimenti presenti nell’esperienza del tempo schermo:
“Questa tristezza, spesso percepita non appena ci si stacca dallo schermo che ci ha intrattenuto, è forse il segno del nostro carattere cooperativo, secondo cui siamo nati per essere agganciati visivamente e per condividere l’attenzione altrui. Lo stato di salute dei nostri bambini non dovrebbe essere un tema che sta a cuore solo alle famiglie, ma un tema sociale che riguarda qualunque società che guardi al proprio futuro” [8].
Ci sono libri che ci indicano “la verità del nostro tempo”, il testo di Simone Lanza ci rende visibile un problema che ci avvolge e di cui si ignorano le implicazioni. Sta a noi riconquistare la nostra e l’altrui attenzione per un uso etico del tempo schermo che riapra il tempo della politica. La lotta contro il capitalismo può svolgersi in modo polidirezionale, uno dei modi possibili è il ribaltamento della gabbia d’acciaio del tempo schermo da cui è possibile uscire, se torniamo ad essere i padroni collettivi dell’attenzione che il sistema capitale saccheggia per ridurci a semplici esecuturi senza parola e senza capacità critica. La prassi fiorisce nell’attenzione, è questo il punto nodale inaggirabile.
[1] Simone Lanza, L’attenzione contesa, Armando editore Roma, 2024, pag. 13
[2] Ibidem, pag. 87
[3] Ibidem, pag. 106
[4] Ibidem, pag. 73
[5] Ibidem, pp. 126-127
[6] Ibidem. pag. 33
[7] Ibidem, pag. 89
[8] Ibidem, pp. 196-197
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