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L’Ilva di Taranto e il topolino "avvelenato" di Renzi

La famosa nazionalizzazione di cui tanto si è parlato sul finire del 2014 si è tramutata nell’ennesima beffa in salsa Renziana. (Editoriale della Usb)

di Redazione Lavoro - venerdì 9 gennaio 2015 - 2634 letture

Verifichiamo, anche se non ci eravamo illusi, che il decreto del governo sull’Ilva rappresenta l’ennesimo esempio di come alle parole non seguano fatti concreti. La famosa nazionalizzazione di cui tanto si è parlato sul finire del 2014 si è tramutata nell’ennesima beffa in salsa Renziana. Un topolino, appunto, avvelenato dalle deroghe all’inquinamento contenute dal decreto. ilva

Di fatto da un supposto risanamento economico ed ambientale che scarica tutti i costi sul pubblico, compreso i debito, attraverso la costituzione di una bad company, si passa alal costituzione di una nuova società, risanata, da conferire successivamente ad una cordata italo/indiana. L’impatto sarebbe terribile in termine di conti economici, ambientali ed occupazionali.

Il risultato di queste politiche l’abbiamo già visto con Alitalia, ridotta a piccola compagnia che ha lasciato sul lastrico decine di migliaia di lavoratori e costi economici enormi scaricati sulla collettività. A carico dell pubblico tutto il risanamento ambientale della città di Taranto, cosa che sarebbe auspicabile in ogni caso ma che già nel decreto del governo viene depotenziato con vincoli che pongono un oggettivo argine anche all’intervento della magistratura, con in più l’assoluta inadeguatezza delle risorse finanziare messe a diposizione per il risanamento in tutto poco più di 860 milioni contro gli 8 miliardi giudicati necessari dai magistrati, insufficienti persino per la copertura dei parchi minerari, principali cause dell’inquinamento del quartier Tamburi!

Oltre tutto le decisioni del governo sostanziano la mancanza di una reale politica industriale al servizio del paese e la rinuncia ad individuare i settori strategici per l’economia italiana. L’unica cosa certa è la volontà di non impedire che pezzi preziosi della nostra industria finiscano in mano a multinazionali che non hanno interesse a mantenere attivi i siti produttivi . È la continuazione di una storia che ha visto i nostri siti industriali sfruttati, spogliati di macchinari competenze e tecnologie e lasciati languire come gusci vuoti. E’ stata la sorte di grandi gruppi industriali, basti pensare alla Thyssen, alla Fiat alla Videocon (guarda caso multinazionale indiana) ecc.

Ancora più assurde sono le norme che sanciscono l’impunità del commissario straordinario o le deroghe concesse per la realizzazione degli interventi di bonifica previsti nella pur criticata Aia. Significa che i cittadini di Taranto ei lavoratori dell’Ilva continueranno a morire di inquinamento senza che i responsabili possano essere perseguiti.

Sono impostazioni inaccettabili e contro le quali è necessario battersi per una vera nazionalizzione, l’individuazione delle industrie strategiche da porre sotto il diretto controllo dello stato utilizzando quegli strumenti che già oggi esistono, opportunamente modificati, come peraltro il governo sta già facendo con le modifiche alla legge Marzano, che vedono la possibilità per i consorzi Asi di acquisire i siti industriali deducendo dal costo da conferire alla proprietà l’intero ammontare dei soldi pubblici investiti nel sito dalla sua edificazione in poi.

Insomma l’intervento del governo è mirato a regalare l’Ilva alla cordata italo indiana dei gruppi Arcelor Mittal e Marcegaglia dopo averla risanata con i nostri soldi e mettendo in campo una iniziativa simile a quella che ha provocato decine di migliaia di licenziamenti in Alitalia.

Ce n’è quanto basta per dire che questo decreto è un aborto di carattere politico industriale che va contrastato con forza e con idonee iniziative di lotta mirate ad una vera nazionalizzazione, ad un vero risanamento ambientale e al mantenimento dei livelli occupazionali. Dell’Ilva ne ha bisogno il sistema industriale italiano, l’economia del territorio ed i lavoratori.

Risanare l’Ilva e riportarla sotto il controllo pubblico è possibile, come è possibile che i costi siano fatti pagare ai Riva che hanno sfruttato ed inquinato un intero territorio ed i lavoratori.

Sappiamo di avere a che fare con un governo ostile ai lavoratori, siano essi operai o dipendenti pubblici, ed anche per questo chiameremo i lavoratori alla mobilitazione, per l’Ilva e per difendere il mondo del lavoro da questo governo, nei fatti, stampella della Confindustria e dell’Europa dei banchieri e del capitale finanziario.


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