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Khaled Khalifa “Elogio dell’Odio” (Bompiani)

“Elogio dell’Odio” è un romanzo ambientato nella Siria del 1980, ma purtroppo attualissimo. Quando un romanzo descrive meglio di decine di reportage la realtà.

di Emanuele G. - lunedì 9 luglio 2012 - 4579 letture

La realtà si può raccontare in due modi. O mediante un reportage. Oppure con un romanzo. Il reportage ha un grosso limite. Guarda troppo alla realtà così come è senza prestare troppo attenzione all’attore principale della medesima: l’uomo. Il romanzo, al contrario, parla della realtà partendo dai protagonisti che contribuiscono a strutturare la trama del romanzo stesso: le persone. Ecco perché ho preferito recensire il romanzo di Yulia Latynina per quanto riguarda la Cecenia e mi appresto a fare la identica cosa per la Siria. Come sapete nello strategico paese arabo è in atto una sanguinosa e tragica guerra civile il cui esito finale dovrebbe essere l’allontanamento dal potere di Bashir al Assad e l’inizio di un percorso verso un assetto democratico. Il romanzo che sto per recensire non ha come item temporale i fatti di oggi, ma quelli altrettanto brutali e raccapriccianti occorsi durante gli anni ottanta allorquando Hafez el Assad (padre di Bashir el Assad) stroncò nel sangue svariate rivolte. L’episodio più sanguinario fu la repressione della rivolta della città di Hama che causò ben 20.000 morti!

Il romanzo in questione è “Elogio dell’Odio” dello scrittore siriano Khaled Khalifa pubblicato nel 2011. Alcune brevi parole introduttive sull’autore. E’ nato nel 1964 in un villaggio vicino ad Aleppo, quinto di tredici figli. Dopo gli studi in Legge, ha fondato la rivista di letteratura “Aleph”, proibita dopo pochi mesi dalla censura siriana. Oggi vive a Damasco dove scrive per il cinema e la televisione. Ritornando a “Elogi odell’Odio” bisogna dire che si tratta di un romanzo piuttosto corposo. Consta di quasi 540 pagine ed è diviso in quattro capitoli dai titoli piuttosto significativi: “Donne guidate da un cieco”, “Farfalle nelle teche”, “L’odore delle spezie” e “Piove miele dal cielo”. A noi occidentali tali titoli non diranno nulla, ma sono la traduzione dal siriano di espressioni tipiche di quella lingua. Espressioni che intendono significare metafore su situazioni oppure descrizioni di particolari stati d’animo.

“Anche se il romanzo parla di una sola famiglia, l’autore lo conduce ben oltre questi confini, dipingendo la storia della politica islamica negli ultimi 30 anni. Un autore che ricorda William Faulkner e Gabriel Garcìa Márquez” (The New York Times). Siria, 1980. Il regime di Hafez al-Assad reprime ferocemente i tentativi di insurrezione, sfociati anche in un fallito attentato contro di lui, organizzati dalla leadership sunnita. Le famiglie siriane, famiglie normali, con i loro amori, speranze e tradimenti, sono strette tra il fondamentalismo e un regime poliziesco e corrotto. Una giovane universitaria, cresciuta in un’antica casa tradizionale nel cuore di Aleppo sotto l’influenza conservatrice dello zio Bakr, aderisce alla causa per la caduta del regime e diviene un’attivista convinta. La sua famiglia vive prigioniera delle proprie passioni e ossessioni, nel ricordo del suo antico splendore derivante dal commercio di preziosi tappeti, difeso con i denti dalla bigotta, ma infine tenera, zia Maryam. E poi ci sono il vecchio servitore cieco Radwan; zia Marwa, che disonora la famiglia per il suo amore verso un ufficiale del Baath; il misterioso Abdallah, marito di zia Safa, che dallo Yemen all’Afghanistan sposa la causa della creazione di uno stato islamico; e tanti altri. E infine la giovane protagonista che narra l’intera vicenda mentre si appresta a subire la reazione violenta del regime. Khaled Khalifa compone la sua personalissima geografia dell’odio, senza moralismi, con uno sguardo lucido, in questo “Cento anni di solitudine” del mondo arabo che ha sfidato le leggi della censura e scosso in profondità la coscienza di un intero popolo.

E’ un romanzo che scorre via lento. Non imprime nessuna velocità. Non ha interesse nell’azione. Piuttosto addentra la propria attenzione sulla psiche dei personaggi e sulla loro reazione a ciò che gli accade attorno. Anche l’atmosfera di violenza non è esplicita. Sì ci sono pagine di cruda violenza. Tuttavia il resto del romanzo vive di questa atmosfera in maniera ovattata a farci capire che la violenza prima di tutto è uno stato dell’anima e un sensazione carsica. “Elogio dell’odio” è un romanzo esemplare e che ci dovrebbe far impegnare tutti su un aspetto fondamentale. La lotta per la libertà non può essere sporadica, bensì è diuturna. Senza tregua e senza fraintendimenti. Naturalmente questa mia recensione non è solo un omaggio allo scritto Khaled Khalifa, ma anche all’intero popolo siriano che a costo di indicibili sofferenza vuole libertà e democrazia. Una citazione finale dall’ultima di copertina: “Non provai niente né quando mi salutò, né quando sentii di nuovo il suo profumo. In quel momento pensai soltanto che sbarazzarsi di chi si è amato rende tanto inflessibili da trasformare la forza che ci aspettavamo di trovare nell’amore in un glorificante odio.”


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