Karin Boye

L’amore e la bellezza di un classicismo nostalgico, al quale affidarsi per un futuro migliore, raccogliendo i cocci seminati dalla Storia.

di Piero Buscemi - mercoledì 3 dicembre 2014 - 2703 letture

Quiete della sera

Senti come abita vicina la Realtà.
 Respira qui a fianco
 in sere senza vento.
 Forse si mostra quando nessuno crede.

Il sole scivola su erba e roccia.
 Nel tacito gioco di lei
 è nascosto lo spirito della vita.
 Mai come stasera fu così vicino.

Ho incontrato uno straniero silenzioso.
 Se avessi teso la mano,
 avrei sfiorato la sua anima,
 quando ci siamo incrociati, con timidi passi.

La cultura, il pensiero, le ideologie. Il giusto e l’azzardo. La morale e l’ipocrisia. Dualismi che si combattono da sempre. Divisi, attratti, a volte occultati, respinti. Tremendamente umani.

Il resto è stato spesso completato da latitudini che credevamo di aver colmato con l’emancipazione, per riscoprirci cacciati nel passato davanti alla spontaneità di pensiero e consuetudini di vita che, a malincuore, abbiamo dovuto ammettere non ci appartenessero.

Leggere la poesia di Karin Boye, ma soprattutto, leggere la sua biografia, ci da conferme su luoghi comuni e discorsi da salotti culturali, nei quali abbiamo adagiato le nostre convinzioni di arretratezza, mai del tutto cancellate da un’unità europea, di recente, rimessa in discussione.

Karin Boye è stata la voce di un femminismo primordiale, sanguigna rappresentante di movimenti pacifisti. Dalla fredda e lontana Svezia, in un periodo in cui il nazismo deturpava le anime e cancellava i futuri, questa poetessa ha saputo trasmettere alle generazioni successive i suoi stati d’animo, dove amarezza, turbamento e sconforto hanno prevalso al cospetto di quelle immagini ovattate che provarono a nascondere gli orrori degli insaziabili bramosi di potere tra l’Urss di Stalin e la Germania di Hitler.

Ma è stata anche colei che, dalle ceneri di una rivendicazione sociale della donna spenta dai nuovi e sconvolgenti eventi del suo tempo, provò a lanciare il suo messaggio di riscatto, di pace, di bellezza e speranza. Una speranza sotterrata dalla terra di Grecia, calpestata dai panzer tedeschi in occasione dell’invasione del 23 aprile 1941. Giorno del suo suicidio.


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