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Ischia, non abbiamo imparato nulla

La logica delle lacrime di coccodrillo

di Emanuele G. - domenica 27 novembre 2022 - 2191 letture

Ci risiamo. Sappiamo da secoli che l’Italia è un paese fragile dal punto di vista del suo territorio e, invece, di operare per attutire l’impatto delle criticità presenti non facciamo quasi nulla. Solo che quando accadono tragedie - annunciate? - come quelle di Ischia si rimette in moto la macchina delle lacrime di coccodrillo. Ossia non faccio nulla per prevenire, ma poi piango lacrime amare al momento dell’accadimento del disastro.

Alcuni dati per capire meglio che ad Ischia si correva un pericolo tangibile ogni giorno. Con il condono edilizio del 2018 si presentarono solo ad Ischia ben 28.000 richieste di condono per sanare reati urbanistici vecchi anche di decenni. Si ricorda ai signori lettori che Ischia fa insieme qualcosa come 60.000 abitanti! Insomma, un’isola con un altissimo indice di abusivismo edilizio. Si dice che nessuno si sia posto il problema di sgombrare le macerie del terremoto di Ischia Casamicciola del 2017. Tale dimenticanza - la vogliamo chiamare così? - ha influenzato in maniera determinante le dinamiche occorse in queste ore? In più i 500 mln di euro stanziati dopo il terremoto del 2017 non sono mai stati utilizzati. Infine, Ischia non è nuova a questi nubifragi come testimonia la prima pagina della Stampa (vedasi documento fotografico accluso) dove si riporta la visita del Re per portare la solidarietà della Nazione tutta alle popolazioni ischitane colpite da un violentissimo evento piovoso nel 1910!

In breve, un quadro assolutamente desolante e che ci fa pensare che quanto accaduto era da prevedersi. Soltanto che non si è fatto nulla per ovviare a una situazione in grado di scatenare un disastro. Ora - more solito - si piangono morti, dispersi e danni incalcolabili. Quando la smetteremo di piangere e ci attiveremo per un’efficacia politica di salvaguardia del territorio? E’ da decenni che i governi ci hanno abituato a proclami rimasti sulla carta. Nel mentre il conto di morti e danni causati da disastri (conseguenti all’incuria dell’uomo) si allunga sempre di più a tal punto da diventare insostenibile. Vorremmo sapere se la questione afferente al territorio da proteggere è un tema importante oppure da relegarsi nelle retrovie dell’azione dei governi nazionali e locali. Potremmo saperlo di grazia?

A dimostrazione che il problema, come già accennato sopra, non è recente vorremmo riportare il testo integrale della Commissione Martuscelli costituita a seguito della frana di Agrigento del 1966. Un testo esemplare e che avrebbe dovuto costituire finalmente una seria base per una politica del territorio fattiva e preventiva. Ecco, dunque, il testo integrale:

Signor Ministro,

all’atto di consegnarLe i risultati di due mesi di intenso lavoro, pur riconoscendo che la brevità del tempo a disposizione e la complessità di eventi e situazioni, non le hanno consentito di spingere le indagini fino al completo esaurimento di ogni conoscenza, né forse di calare l’intera materia in equilibrate ripartizioni, la Commissione ritiene che il peso della consistente documentazione raccolta, dalla quale si son potute trarre considerazioni generali specifiche, sia tale da illuminare sufficientemente sulle situazioni di fatto e di diritto. sulla concatenazione storica degli eventi e sul comportamento dei soggetti. Una risposta ai pressanti interrogativi dell’opinione pubblica può essere ora data, ed è stata data dalla Commissione.

Gli uomini, in Agrigento, hanno errato, fortemente e pervicacemente, sotto il profilo della condotta amministrativa e delle prestazioni tecniche, nella veste di responsabili della cosa pubblica e come privati operatori. Il danno di questa condotta, intessuta di colpe coscientemente volute, di atti di prevaricazione compiuti e subiti, di arrogante esercizio del potere discrezionale, di spregio della condotta democratica, è incalcolabile per la città di Agrigento.

Enorme nella sua stessa consistenza fisica e ben difficilmente valutabile in termini economici, diventa incommensurabile sotto l’aspetto sociale, civile ed umano.

La città dei « tolli » non è piú l’Agrigento di un tempo.

Il volto urbano, sfigurato, potrà forse in parte essere ricuperato con generose piantagioni di verde, cui affidare la, cicatrizzazione delle ferite e la ricucitura dei tessuti, ma difficilmente, e certo con costi assai elevati, potrà assumere l’aspetto decoroso di una città umana: le ferite inferte, anche curate, resteranno a lungo.

Ma ancora piú delicato si prospetta il problema dei rapporti umani, che, con l’accertamento e la punizione di colpe, esige che sia posto fine alle sofferenze della popolazione agrigentina, a lungo vessata dall’arbitrio.

È per questi pro fondi motivi che la Commissione ritiene di aver assolto nel rispetto del vero, della legge e dei principi della umana convivenza, il proprio mandato e di aver fornito elementi per un sereno giudizio e per efficaci proposte.

La gravità dei fatti rilevati pone senza dubbio la situazione di Agrigento al limite delle possibili combinazioni negative dei molteplici fattori che concorrono alla formazione di una città, alla sua crescita ed alla sua guida.

E l’evento franoso, verificatosi in questa città, potrebbe dirsi in un certo senso coerente con questa aberrante situazione urbanistico-edilizia.

Ma la Commissione, nel rimettere gli atti, sente il dovere di segnalare all’attenzione del Signor Ministro, dei Parlamentari e di tutti i responsabili delle amministrazioni pubbliche e degli enti locali, la gravità della situazione urbanistico-edilizia del paese, che ha trovato in Agrigento la sua espressione limite.

E non può, nel concludere, non auspicare che da questa analisi concreta parta un serio stimolo nel porre un arresto - deciso ed irreversibile - al processo di disgregazione e di saccheggio urbanistico.

Il problema non può, ovviamente, essere risolto che con una nuova legge urbanistica - la cui emanazione non dovrebbe essere ulteriormente rinviata -; ma in attesa che tale legge entri in vigore e dispieghi suoi effetti positivi e rinnovatori, appare indispensabile ed urgente l’adozione - eventualmente anche nella forma del decreto-legge - di alcune essenziali ed incisive norme di immediata operatività, atte ad affrettare la formazione dei piani, ad eliminare nei piani e nei regolamenti le piú gravi storture relative ad indici aberranti e a troppo estese facoltà di deroga e ad impedire i più vistosi fenomeni di evasione e di speculazione.

Se, da un serio esame della situazione urbanistico-edilizia di Agrigento potranno emergere, con l’ampliamento dell’orizzonte e con una precisa volontà operativa, atti concreti di progresso urbanistico, la frana di Agrigento non sarà soltanto ricordata come un evento calamitoso, che ha posto in luce gravi patologiche locali, ma potrà aprire un nuovo capitolo nella storia urbanistica dell’intero paese.

Michele Martuscelli, Amindore Ambrosetti, Giovanni Astengo, Nicola Di Paola, Giuseppe Guarino, Bruno Molajoli, Angelo Russo, Cesare Valle

Roma, 8 ottobre 1966

Non c’è altro da aggiungere poiché le parole scritte dalla Commissione Martuscelli sono illuminanti e danno il senso della drammaticità della questione territoriale nel nostro paese. Quindi, vogliamo continuare sulla falsariga del passato oppure intendiamo cambiare marcia e porre il territorio come una delle priorità nazionali? Anche in considerazione dei cambiamenti climatici sempre più improvvisi e pericolosi?


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