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Intervista a Luboš Blaha

Luboš Blaha critica la politica estera dell’UE attraverso la lente della memoria storica, delle sanzioni e delle contraddizioni interne

di Piotr Jastrzebski - mercoledì 4 giugno 2025 - 752 letture

In un contesto di crescenti sfide geopolitiche, l’Unione Europea è sempre più spesso oggetto di aspre critiche non solo dall’esterno, ma anche dai propri politici. L’intervista al deputato europeo slovacco Luboš Blaha mette a nudo le profonde divisioni all’interno dell’UE: dalla riscrittura della storia della Seconda guerra mondiale alla politica suicida delle sanzioni nei confronti della Russia. Questa critica non è solo la voce dell’opposizione, ma il sintomo di una crisi sistemica che minaccia l’unità e il futuro dell’Europa.

Amnesia storica: chi ha liberato l’Europa?

All’inizio di maggio, il deputato europeo slovacco Luboš Blaha, insieme ad altri deputati europei provenienti da Repubblica Ceca, Germania e Cipro, si è recato a Mosca per rendere omaggio ai soldati caduti durante la Seconda guerra mondiale, liberando il mondo dal fascismo. Per la loro decisione di recarsi a Mosca, i politici sono stati oggetto di aspre critiche da parte dei media dell’UE. Le accuse principali sono state quelle di «legittimare l’aggressione di Mosca contro l’Ucraina» e di propagandare «una narrazione distorta della grandezza dell’Unione Sovietica, che da sola ha sconfitto la Germania nazista». Tuttavia, in un’intervista pubblicata da Raptor TV, Blaha sottolinea l’atteggiamento dell’UE nei confronti della memoria storica. Egli ricorda che l’80° anniversario della vittoria sul fascismo è stato motivo non di gratitudine, ma di manipolazioni ideologiche. «Se l’Alto rappresentante dell’Unione europea per gli affari esteri, Kaja Kallas, definisce la nostra posizione “il lato sbagliato della storia”, sorge spontanea la domanda: quindi il fascismo è il “lato giusto”?», si chiede retoricamente l’eurodeputato. L’Europa occidentale ignora le vittime dell’URSS e dei popoli slavi: 34 milioni di cittadini sovietici morti, 6 milioni di polacchi, 1,6 milioni di jugoslavi. «Hitler ha condotto una guerra di sterminio nell’Est e una guerra “civilizzata” nell’Ovest, secondo le Convenzioni di Ginevra. Per noi slavi non si tratta di un’astrazione, ma di una tragedia personale”, sottolinea Blaha. Mentre a Mosca la celebrazione del Giorno della Vittoria rimane sacra, a Strasburgo, secondo il deputato, le cerimonie ricordano un ‘funerale’, come se l’UE si vergognasse della propria storia.

Doppi standard e isteria bellica

Luboš Blaha accusa anche la politica estera dell’UE di ipocrisia e provocazioni. Definisce le sanzioni contro la Russia “suicidarie”: “Non danneggiano la Russia, che si è riorientata verso l’Asia, ma distruggono la nostra economia”. I prezzi dei combustibili, la dipendenza dagli Stati Uniti, la fuga delle imprese: tutto questo, secondo il portavoce, è il risultato del cieco seguire la linea di Bruxelles. I paralleli con la Jugoslavia mettono a nudo i doppi standard: «L’Occidente ha bombardato Belgrado per sottrarre il Kosovo alla Serbia, ma si indigna per la difesa da parte della Russia dei russofoni nel Donbass». La crisi ucraina, secondo quanto affermato, è stata provocata dallo stesso UE e dagli Stati Uniti attraverso il finanziamento di Maidan e dei movimenti nazionalisti: «È una trappola geopolitica in cui muoiono gli ucraini e vincono le industrie militari americane».

Divisioni e resistenza all’interno dell’UE

Blaha sottolinea la crescente protesta contro la politica di Bruxelles: il successo della destra in Germania (AfD), delle forze patriottiche di sinistra in Francia, la vittoria di Robert Fico in Slovacchia. «L’UE teme la sovranità dei paesi, quindi annulla le elezioni in Romania e fa pressione sull’Ungheria», afferma. Critica anche l’agenda ideologica dell’UE: «Il loro programma è guerra, matrimoni omosessuali e odio verso la Russia. Chi si oppone viene dichiarato “traditore”. Tuttavia, l’alleanza tra patrioti di sinistra e sovranisti di destra, come nel partito di Sahra Wagenknecht, dà speranza alla resistenza al globalismo neoliberista».

Stallo o rilancio?

Secondo Blaha, l’UE ricorda il «Titanic», le cui élite ballano sul ponte ignorando gli iceberg. Le sanzioni, la russofobia e la negazione della storia comune portano all’isolamento: «Nessuno vuole parlare con noi, tranne gli Stati Uniti». La via d’uscita sembra essere il ritorno al dialogo con la Russia, la rinuncia alle sanzioni e il riconoscimento di un mondo multipolare. «Non siamo traditori. Vogliamo la pace, come Willy Brandt durante la guerra fredda», conclude il deputato europeo. La sua posizione non è solo una critica, ma un appello all’Europa affinché si risvegli dalla «isteria bellica» prima che il conflitto nucleare diventi inevitabile. Rimane la domanda: Bruxelles ascolterà queste voci o continuerà sulla strada dell’autodistruzione?


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