Informazione. Sono 28 i giornalisti italiani uccisi

A 29 anni dall’omicidio sarà ricordato il giornalista siciliano Mario Francese. E’ uno dei 28 giornalisti ammazzati, dalla Liberazione ad oggi, da parte di mafie, terroristi, servizi occulti
Ventinove anni or sono, la sera del 26 gennaio 1979, a Palermo, un killer della mafia uccise il giornalista Mario Francese. L’agguato avvenne in viale Campania mentre il giornalista stava rientrando a casa. Cinque colpi alla testa stroncano la vita del giornalista del Giornale di Sicilia.
Francese era nato a Pachino, in provincia di Siracusa nel 1925. Quando lo uccidono, quindi, ha 54 anni. Aveva lavorato prima alla Sicilia, poi all’ufficio stampa dell’assessorato regionale ai Lavori pubblici e, infine, al Giornale di Sicilia. I suoi articoli, le sue inchieste – sempre documentatissime – spaziavano dalla cronaca giudiziaria agli appalti pubblici. Francese ha seguito i processi per la strage di viale Lazio, sul delitto del commissario Tandoj, le udienze contro Luciano Liggio. Si è interessato del balletto di miliardi arrivati in Sicilia a seguito del terremoto nel Belice e poi dei sequestri del costruttore Cassina e del suocero del potentissimo esattore Nino Salvo, della diga Garcia, del delitto del tenente colonnello Giuseppe Russo e di tanti altri casi. Francese aveva capito, e scritto, che i miliardi che arrivavano copiosi in Sicilia stavano causando una rottura degli antichi equilibri fra vecchie e nuove generazioni mafiose.
Per questo è stato ucciso. Il gruppo siciliano dell’Unione cronisti italiani ricorderà il suo sacrificio davanti al cippo in viale Campania, sabato 26 gennaio, alle 8,30. La manifestazione sarà anche un primo momento di una più vasta mobilitazione dei giornalisti che avrà l’epilogo il 3 maggio a Roma, in Campidoglio, nel corso della prima giornata della “Memoria a ricordo dei giornalisti uccisi da mafie e terrorismo”.
E’ un tardivo riconoscimento a tutti quei giornalisti che per anni si sono battuti per la verità, per continuare a fare informazione, per il diritto a informare. Spesso lasciati soli nella loro battaglia per la verità, con il loro sacrificio hanno dimostrato di avere la “schiena dritta”, di non inginocchiarsi davanti al potere, di sacrificarsi pur di raccontare a noi quello che stava succedendo. Lasciati soli come Giuseppe Fava dove al suo funerale brillava l’assenza della nomenclatura giornalistica, come Rostagno o Impastato privi del “tesserino” dell’Ordine e quindi “sottospecie” giornalistica o come Maria Grazia Cutuli che ha avuto riconoscimento tardivo dopo la sua morte, come Giuseppe Alfano pagato con 5 mila lire ad articolo, come Giancarlo Siani “praticante” giornalista ma ottimo giornalista per morire.
Il minimo che possiamo è fare è ricordarli. Dalla Resistenza ad oggi sono 28 i caduti nell’adempimento del loro dovere di informare :
Piero Gobetti, muore il 16 febbraio 1926, a Parigi, dopo essere stato percosso dai fascisti. Quando muore ha 25 anni. La stessa cosa che accade a Giovanni Amendola, bastonato nel luglio 1925 e che morirà a Cannes il 7 aprile 1926. Poi Carlo Merli ed Enzio Malatesta, entrambi aderenti al Movimento Comunista d’Italia-Bandiera Rossa, furono arrestati l’11 dicembre 1943 e fucilati per ordine del Tribunale speciale tedesco.
La mafia ha assassinato in Sicilia Cosimo Cristina (5 maggio 1960, 24 anni) ; Mauro De Mauro (16 settembre 1970, 49 anni) ;Giovanni Spampinato (27 ottobre 1972, 26 anni) ; Giuseppe Impastato (10 maggio 1978, 30 anni), dilaniato da un’esplosione, che dai microfoni di Radio Out aveva denunciato gli affari mafiosi di Cinisi ; Mario Francese (27 gennaio 1979, 54 anni) ; Giuseppe Fava (5 gennaio 1984, 59 anni), fondatore de I siciliani, ucciso per le sue inchieste sugli appalti edilizi e i collegamenti tra mafia e missili di Comiso ; Mauro Rostagno (26 settembre 1988, 45 anni), redattore di una tv privata ; Giuseppe Alfano del quotidiano La Sicilia (8 gennaio 1993, 48 anni).
La camorra ha assassinato, il 23 settembre 1985, per le sue inchieste sulle alleanze criminali a Torre Annunziata Giancarlo Siani, 26 anni, de Il Mattino, mentre ancora misteriose sono le cause dell’assassinio di Carmine (Mino) Pecorelli, direttore del settimanale OP il 20 marzo 1979 (per questo delitto è stato assolto il senatore a vita Giulio Andreotti accusato di essere il mandante).
Ed ancora : l’ex vicedirettore de La Stampa Carlo Casalegno (16 novembre 1977, 61 anni) e l’inviato speciale del Corriere della Sera Walter Tobagi (28 maggio 1980, 33 anni), presidente dell’Associazione lombarda dei giornalisti, entrambi assassinati dalle Br.
In Mozambico, nel 1987, è stato assassinato il triestino Almerigo Grilz dell’agenzia di stampa Albatros. L’1 giugno 1993 fu ucciso in Bosnia il freelance Guido Puletti, 40 anni mentre il 20 marzo 1994 furono uccisi insieme, in Somalia, Ilaria Alpi, 33 anni, del TG3 e il telecineoperatore triestino Miran Hrovatin, 46 anni. Un anno dopo, il 9 febbraio del 1995, sempre in Somalia, fu assassinato, in un agguato, il telecineoperatore Rai Marcello Palmisano. Poi toccò ad altri tre triestini, il giornalista Marco Luchetta e gli operatori Alessandro Ota e Dario D’Angelo, assassinati a Mostar in Bosnia. Quindi Antonio Russo (15 ottobre 2000, 40 anni) inviato di Radio Radicale, sulla strada di Tblisi in Georgia. Russo fu l’ultimo giornalista a documentare la pulizia etnica a Pristina (Kosovo). E da ultimi, il medico-reporter Raffaele Ciriello in Palestina, ucciso dai soldati israeliani il 13 marzo 2002, Maria Grazia Cutuli (19 novembre 2001, 39 anni) del Corriere della Sera in Afghanistan ed Enzo Baldoni (26 agosto 2004, 50 anni) freelance ucciso in Iraq.
Ha scritto Giuseppe Fava prima di essere assassinato dalla mafia : “Io ho un concetto etico del giornalismo. Un giornalismo fatto di verità impedisce molte corruzioni, frena la violenza e la criminalità, impone ai politici il buon governo. Un giornalista incapace, per vigliaccheria o per calcolo, si porta sulla coscienza tutti i dolori umani che avrebbe potuto evitare, e le sofferenze, le sopraffazioni, le corruzioni, e le violenze che non è stato mai capace di combattere”.
Già. Un giornalismo fatto di verità. Parole sante verrebbe a dire. Che differenza con tanti omaggiati soloni del giornalismo attuale che non hanno neppure vergogna, e dichiarano, come se fosse un merito, di essere stati al soldo di una potenza straniera come spie o dei servizi segreti. Giornalisti, incapaci di combattere, per calcolo o convenienza, “le corruzioni e le violenze”.
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Oggi non ci sono più giornalisti così ? Certo, perchè quel fronte è risultato imprendibile. Ma ci sono ancora uomini così ? Certo, ma non fanno più i giornalisti. Tentano altre strade.