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Informazione. Notizie parallele

Le vicende di Simone, Silvio e Michael. Tre notizie e nessuna morale finale. Forse era meglio morire democristiani

di Adriano Todaro - mercoledì 27 maggio 2009 - 2330 letture

Simone ha 17 anni e non lo conosce nessuno. Anzi, lo conoscono in pochi. E’ conosciuto, ad esempio, dai carabinieri romani, dal preside dell’alberghiero dove frequenta il quarto anno, dagli amici del Laboratorio sociale tana liberi tutti. Insomma, è un signor nessuno, uno dei tanti ragazzi che le inchieste sociologiche ci raccontano che sono allo sbando, non hanno valori e amenità del genere. In più Simone è stato arrestato perché sorpreso con tre grammi (3 grammi!) di hashish in tasca. Ed è da qui che comincia la sua avventura o, meglio, la sua caduta nell’inferno della burocrazia repressiva italiana.

L’8 ottobre scorso, Simone viene bloccato da alcune persone in borghese (risultati poi carabinieri). Preso alle spalle Simone reagisce e si becca così l’accusa di violenza a pubblico ufficiale. In caserma, sottoposto a pressioni fisiche e psichiche ammette tutto pur di tornarsene a casa. Ma qua entra prepotentemente la legge Fini-Giovanardi. Simone viene trattenuto all’interno di un Centro di prima accoglienza di Roma per diversi giorni. Trattenuto per i reati? No, ma per la sua condizione sociale e familiare. Simone è orfano di madre e il padre ha problemi sia di natura legale sia psichici. Così il giudice lo invia a Torre Spaccata in un Centro di pronto intervento minori. Ma gli assistenti sociali pensano che la sua permanenza nella capitale possa essere negativa e così propongono di inviarlo in un altro centro. Dove? In Calabria, in provincia di Catanzaro, in un centro di Custodia preventiva minorenni. Qua, non si sa per quale motivo, Simone è sottoposto a cure psichiatriche a base di psicofarmaci che gli procurano effetti collaterali molto gravi. L’avvocato tenta di farlo riavvicinare a casa, ma senza esito. Simone uscirà da quell’inferno, per decorrenza di termini, solo il 23 marzo.

Silvio, invece, è molto conosciuto. Di cognome fa Berlusconi. E’ ricchissimo, è capo del governo, ha il 75% degli italiani dalla sua parte, racconta barzellette su disabili e “negri”, tocca il sedere alle veline, ha una potenza sessuale infinita, si fa chiamare papi da una ragazzina di 18 anni che improvvisamente risulta proprietaria di diversi immobili, non risponde alle domande dei giornalisti, è stato iscritto ad una società di gentiluomini che si chiamava P2 e non può essere inquisito. Per 600 mila dollari ha comprato il silenzio di un avvocato inglese che il Tribunale di Milano ha condannato. Lui no. No perché lui, grazie a leggi che si è fatto su misura, non può essere giudicato, grazie ad un lodo che viola i principi fondamentali della democrazia e della Costituzione. In una conferenza stampa il plurinquisito Silvio Berlusconi ha inveito nei confronti di giornalisti e giudici. Poi ha buttato lì una frase sibillina promettendo che andrà in Parlamento a raccontare la “Verità”. E ha aggiunto “quando avrò tempo”. Badate bene. Non in tribunale, ma in Parlamento dove, in pratica, non esiste opposizione.

Michael, in Italia, invece non è conosciuto. Ma gli inglesi lo conoscono bene. Di cognome fa Martin e rappresenta la terza carica del Regno d’Inghilterra dopo la regina Elisabetta e il primo ministro. Ebbene Michael si è dimesso dalla sua carica non per aver intascato tangenti o corrotto avvocati, ma per non aver vigilato adeguatamente sui rimborsi spese dei deputati. Nessuna legge lo obbligava a dimettersi, nessun lodo esiste per i parlamentari inglesi, ma l’opinione pubblica l’ha preteso quando ha conosciuto come alcuni parlamentari gonfiavano i loro rimborsi. E lui l’ha fatto.

Tre notizie, tutte tratte dai giornali di mercoledì 20 maggio. Tre notizie parallele senza nessuna morale finale. Nel frattempo la Lega vuole che i giudici siano nominati dal “popolo”. E’ questa l’Italia che si avvia a votare, nell’afasia più completa di certi partiti che si richiamano, a corrente alternata, alla sinistra.

Ah, dimenticavo. La vicenda di Simone è difficile scovarla nei giornali. Qualcuno non l’ha neppure portata. Tutti, però, avevano un dubbio messo in risalto con grandi articoli: Antonella Clerici lascerà la Rai? Forse sarebbe stato meglio morire democristiani.


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