Indymedia sotto attacco
Grave attentato alla libertà di informazione. A Londra i Federali americani oscurano più di 20 siti nel mondo del popolare network di informazione indipendente...
Raccogliamo e pubblichiamo l’appello di Indymedia
Giovedi’ 7 Ottobre 2004, alle 18 circa, l’FBI si e’ presentata presso la sede inglese di Rackspace, l’azienda presso la quale risiedono i server che ospitano molti siti locali di indymedia, fra cui italy.indymedia.org. Gli agenti hanno richiesto il sequestro delle due macchine ed hanno preteso la consegna dei dischi, portandoseli quindi via.
Attualmente non abbiamo informazioni ulteriori, nemmeno sui motivi che hanno portato a questa operazione. Siamo tornati online con una macchina di riserva, ma non abbiamo ancora ripristinato tutte le funzionalita’.
Sugli HD sequestrati, sono presenti tutte le informazioni pubblicate liberamente da decine di migliaia di attivisti. Non ci sono invece i LOG delle connessioni al sito: non e’ quindi possibile identificarne gli utenti. Indymedia per sua propria policy non mantiene nessun LOG contenente dati sensibili degli accessi al sito: quindi non c’e’ nessun pericolo di identificazione personale nel rispetto della privacy di chiunque abbia usato gli strumenti messi a disposizione da indymedia.
Lanci di agenzia ripresi da giornali e quotidiani on line battono la notizia che a richiedere il sequestro degli hard disk sarebbero stati i governi di Italia e Svizzera. Per ulteriori informazioni non possiamo che invitarvi a chiedere al Federal Bureau of Investigation.
Così commentava la stampa inglese e il quotidiano Liberazione sull’accaduto:
A Londra i federali americani oscurano più di 20 siti nel mondo del popolare network di informazione indipendente Chi vuole chiudere la bocca ad Indymedia? Sono in molti a farsi questa domanda dopo che ieri è stata confermata la notizia, circolata nella tarda serata di giovedi, del sequestro, a Londra e negli Usa, degli hard disk del network di informazione indipendente.
Alle 18 di giovedi alcuni agenti dell’Fbi statunitense si sono presentati negli uffici della capitale britannica della società americana Rackspace, un’azienda che fornisce connettività ad Indymedia. Di fronte all’ordinanza della Corte, gli impiegati della Rackspace non hanno potuto far altro che consegnare il materiale agli investigatori americani. La celerità con cui è stata eseguita l’ingiunzione non ha lasciato il tempo alla società americana di providers di replicare all’ordinanza di sequestro.
L’azione dell’Fbi ha prodotto l’effetto immediato di oscurare più di venti siti Indymedia in tutto il mondo. Al momento i siti disabilitati sono: Amazzonia, Uruguay, Andorra, Polonia, West Massachusetts, Nizza, Nantes, Lilles, Marsiglia (ovvero tutta la Francia), Euskal Herria (Paesi Baschi), Liegi, Antwerpen (ovvero tutto il Belgio), Belgrado, Portogallo, Praga, Galizia, Italia, Brasile, Regno Unito e per finire Germania. Negli ambienti di Indymedia rimbalzano le telefonate, ma la realtà è che si sa poco o niente. Anche perché il decreto di sequestro è stato notificato a Rackspace e non al centro di media indipendente. E a norma di legge Indymedia non è tenuta ad essere informata.
Ieri Liberazione è riuscita a contattare telefonicamente la sede della Rackspace negli Stati Uniti. L’azienda americana ha confermato di aver agito in ottemperanza ad un’ordinanza di un tribunale conformemente al Mutual legal assistance treaty (trattato di mutua assistenza legale). Questa legge prevede l’assistenza reciproca tra paesi contraenti in investigazioni, tra cui il terrorismo internazionale, il rapimento ed il riciclaggio di denaro sporco.
L’ordinanza è stata emessa in base al Titolo 28, Codice degli Stati Uniti, sezione 1782. La Rackspace non ha potuto divulgare ulteriori informazioni per via del segreto istruttorio. Analizzando i pochi elementi a disposizione, e sebbene ci sia un coinvolgimento dell’Fbi, sembra comunque che la richiesta di sequestro non sia partita dagli Usa. E allora da dove parte l’inchiesta? Sul sito internet di Indymedia si legge che negli ultimi tempi sono stati condotti nei loro confronti numerosi attacchi in tutte le parti del mondo. «In agosto - si legge su Indymedia Italia - i servizi segreti (americani, ndr) hanno cercato di interrompere il NYC IMC (Indymedia di New York, ndr) prima della convention repubblicana provando a sequestrare i logs da un provider di internet negli Stati uniti e nei Paesi Bassi. Il mese scorso la Commissione Federale per le Comunicazioni ha chiuso numerose radio comunitarie in tutti gli Stati Uniti».
Sempre Indymedia fa sapere che due settimane fa l’Fbi aveva chiesto all’Indymedia di Nantes di togliere dal loro sito alcune foto che ritraevano alcuni ufficiali della polizia svizzera in borghese. Inoltre, alcuni attivisti di Indymedia Seattle erano stati interrogati dall’Fbi sempre per lo stesso motivo.
E’ probabile che esista un nesso tra l’ultimo sequestro e le foto dei poliziotti elvetici sotto copertura?
Ma in un clima da caccia alle streghe, a Londra si fa strada un’altra inquietante ipotesi: si vuole forse oscurare uno dei network di informazione più efficienti a pochi giorni dall’inizio dei lavori del Social Forum Europeo che si terrà nella capitale britannica dal 15 al 17 ottobre?
Guy Fawkes Londra, 9 ottobre 2004
http://www.italy.indymedia.org/index.php
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è una vergogna.questo è un regime di merda.fino a quando dobbiamo sopportare tutto questo???basta con la censura.bisogna capovolgere questa situazione