In morte del mio pianeta
Un dì, s’io non andrò sempre fuggendo
Di stella in stella, me vedrai seduta
Sulla tua pietra, o Terra mia, gemendo
II fior de’ tuoi gentili anni caduto.
Nel cielo il Sol, suo dì tardo traendo,
Parla di me col Tuo cenere muto;
Ma io deluse a Te le palme tendo,
E quel che di Te resta io saluto.
Sento gli avversi Numi e le secrete
Cure che al viver Tuo furon tempesta,
E per Te imploro l’universa quïete.
Questo di tanta speme oggi mi resta!
Straniere genti, un tempo fummo umani…
poi qualcosa andò storto. Come il verso
di una poesia che non fa rima,
come una metrica scomposta, uno stridio
in un’orchestra.
Questo eravamo, questo noi siamo.
Brandelli d’arroganza
Che volano
Senz’ali.
(un ringraziamento a Ugo Foscolo, In morte del fratello Giovanni)
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