In Italia si parla di salario minimo costituzionale
Secondo la Cassazione, esiste un «salario minimo costituzionale» e può essere fissato dal giudice in modo che sia proporzionato e sufficiente a garantire gli standard minimi di legge, che per la Cassazione significa che deve dare la possibilità di «vivere una vita a misura d’uomo».
La sentenza 27711 ha dato ragione al dipendente di una cooperativa, la Servizi Fiduciari di Torino, vigilante in un Carrefour, che lamentava la non conformità all’articolo 36 della Costituzione del suo contratto collettivo nazionale di lavoro.
La Corte d’Appello si era fermata, riconoscendo un primato alla contrattazione collettiva. La Corte di Cassazione, invece, della Costituzione: la retribuzione deve essere sufficiente ad assicurare un’esistenza libera e dignitosa e la contrattazione collettiva «non può tradursi in fattore di compressione del giusto livello di salario e di dumping salariale».
Il giudice, si legge nella sentenza, è chiamato a intervenire in ultima istanza, dopo i sindacati e il legislatore, ma deve fare riferimento prima di tutto alla Carta: si parla notoriamente di «lavoro povero», ovvero di «povertà nonostante il lavoro» e la Costituzione impone di garantire la dignità del lavoro.
La sentenza fa riferimento alla necessità che ci sia un minimo anche oltre la contrattazione collettiva sindacale: «Risulta pertanto che nel nostro ordinamento una legge sul "salario legale"» non possa realizzarsi «attraverso un rinvio in bianco alla contrattazione o collettiva; posto che il rinvio va inteso nel quadro costituzionale che impone un minimum». Allo stesso modo il giudice chiamato a pronunciarsi non può fermarsi ai Ccnl.
Il giudice deve in via preliminare fare riferimento alla contrattazione nazionale di categoria, dalla quale però può «motivatamente discostarsi» se questa è in contrasto con il principio di proporzionalità e sufficienza fissati dalla Costituzione. In secondo luogo, ai fini della determinazione del «giusto salario minimo costituzionale» il giudice può riferirsi a contratti collettivi di settori affini.
Nell’opera di verifica della retribuzione minima adeguata, il giudice può fare riferimento all’occorrenza a indicatori economici e statistici, come suggerito dalla Direttiva Ue dello scorso anno. Oltre alla Costituzione infatti vale anche la direttiva 2022/2041 che ha l’obiettivo della «convergenza sociale verso l’alto» dei salari per assicurare condizioni di vita adeguate, quindi non solo deve consentire «di uscire dalla povertà, ma anche di partecipare ad attività culturali, educative e sociali».
Fonte: estratto dell’articolo di Vanessa Ricciardi che continua su Editoriale Domani.
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