Il terremoto dell’Irpinia
Trentuno anni fa. 23 novembre 1980, 2734 vittime. Per non dimenticare, se fosse possibile farlo. (da www.terremoti.it)
Il terremoto colpì una vasta area della Campania, della Basilicata e marginalmente della Puglia. Complessivamente risultarono gravemente danneggiati 688 comuni, nei quali circa metà del patrimonio abitativo andò perduto. Laviano, S. Angelo dei Lombardi e Lioni furono praticamente distrutti, mentre danni gravissimi subirono Caposele, S. Michele di Serino, Senerchia e Teora.
Le scosse sismiche innescarono anche numerose frane, alcune delle quali imponenti, che arrecarono ulteriore danno a quello già determinato dallo scuotimento, tra queste: le frane di Calitri, di Caposele, di Calabritto, di Senerchia.
L’opera di soccorso procedette con notevoli difficoltà e ritardi. Le linee elettriche e telefoniche saltarono e le comunicazioni tra le zone terremotate ed il centro si interruppero. La circolazione ferroviaria si arrestò completamente e la penisola restò tagliata in due. La situazione fu ulteriormente aggravata dalla popolazione che, in preda al panico, cercò di fuggire bloccando le principali arterie stradali.
Il Presidente Pertini, che il giorno 25 novembre si recò sulle zone terremotate, denunciò in un celebre messaggio televisivo agli italiani, del 26 novembre, il ritardo dei soccorsi e le “mancanze gravi” nell’azione dello Stato, per le quali sarebbero state individuate precise responsabilità e concluse: “Qui non c’entra la politica, qui c’entra la solidarietà umana, tutti gli italiani e le italiane devono sentirsi mobilitati per andare in aiuto di questi fratelli colpiti da questa sciagura. Perché credetemi il modo migliore per ricordare i morti è quello di pensare ai vivi.”
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