Il tempo libero e il calcio (al femminile)
Albert Camus ha scritto: “Tutto quello che so della vita l’ho imparato dal calcio.”
Il calcio appassiona milioni di persone di ogni classe sociale e di qualsiasi orientamento ideologico, se ne parla e molto, sin dalla nascita avvenuta lunedì 16 ottobre 1863 a Londra, nella Fremasons’ Tavern di Queen Street, quando undici squadre si riunirono per stendere le regole comuni del gioco. Passatempo preferito dalla componente maschile della società, ha una importante valenza simbolica, regala autentiche favole e lo si può raccontare in tanti modi. Nel calcio troviamo la libertà, l’orgoglio, l’identità e oltre alla socialità, la stessa violenza primitiva. Il calcio nell’immaginario comune rimane quello visto in campo, mentre è invisibile ai più la sua macchina organizzativa, determinante.
- Partita di calcio, di Carlo Carrà
L’idea di prendere a calci un pallone è normale e giocare a calcio ha sempre fatto parte delle culture giovanili. C’è chi fa del calcio una passione totalizzante, fonte primaria di identità e chi tratta il tifo come attività ludica da additare quale oppio dei popoli o banale distrazione. Il calcio, che genera spettacolo, sposta ricchezza e arriva a produrre violenza, metafora meravigliosa della vita, rimane un mistero che molti cercano di spiegare.
Albert Camus ha scritto: “Tutto quello che so della vita l’ho imparato dal calcio.” Gianni Brera, grande romanziere del calcio, che ha raccontato le partite quasi in dialetto, ha trasformato le parole e inventato decine e decine di termini, come il celebre “Libero”, adottato in tutto il mondo. La partita a lungo è stata una cerimonia sentimentale, basti ricordare l’azienda triestina Stock che sponsorizzava il calcio alla radio all’insegna dello slogan: “La squadra del tuo cuore ha vinto? Brinda con Stock. Ha perso? Consolati con Stock.”
- Renato Guttuso, I giocatori 1
Il pareggio fra Inghilterra e Scozia il 30 novembre 1872 fece la storia del calcio internazionale e già alla fine del decennio 1880 il calcio maschile era molto diffuso presso la classe operaia. Il 9 maggio del 1881 a Edimburgo, (organizzata dalla “suffraggetta” Helen Graham Matthews) si disputò la prima partita “ufficiale” della storia tra squadre femminili, ma per molti decenni il calcio rimarrà uno sport marginalizzato e trincerato dietro pregiudizi; sconveniente per le donne praticarlo. Considerato rude e virile, tale da rovinare i canoni tradizionali della bellezza femminile e rischiare la decenza pubblica.
Alla fine del 1894 a Londra venne fondato il British Ladies Football Club, il primo club di calcio femminile della storia. Il 23 marzo del 1895 la prima partita di calcio femminile, sempre a Londra, di fronte a un pubblico di 8000 spettatori. L’esperienza si dissolse in poco tempo. La Grande guerra fece da spartiacque nella storia del calcio femminile, in molte fabbriche nacquero squadre femminili che cominciarono a sfidarsi tra di loro. Le partite, a scopo benefico e patriottico, raccoglievano fondi per i feriti di guerra. Momentaneamente caddero i pregiudizi di genere.
Tra le tante spicca la storia delle Dick, Kerr’s Ladies, le prime a trasformarsi in un vero e proprio club strutturato, con un’alta partecipazione di pubblico e le prime attenzioni mediatiche. La fama decollò in alcuni incontri organizzati nel 1920 con una rappresentanza francese, disputati in Inghilterra e in Francia. Femina sport fu il primo club polisportivo a far nascere al suo interno una sezione calcistica femminile.
La Football Association il 5 dicembre 1921 vietò ufficialmente ai club maschili a essa affiliati di concedere l’utilizzo dei propri campi a squadre femminili e negò ai suoi tesserati, compresi dirigenti e arbitri, qualsiasi appoggio. L’interesse per il calcio femminile in Francia cominciò progressivamente a scemare dalla metà degli anni Venti.
Il calcio femminile ricompare tra gli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento, sullo sfondo di una grande trasformazione sociale. Le donne cominciarono a conquistare posizioni crescenti nel mercato del lavoro, nelle professioni, nell’istruzione e nella rappresentanza politica. La mobilitazione di massa rivendica e ottiene diritti importanti sulla libertà delle proprie scelte matrimoniali e riproduttive, ma il calcio resta assente dall’agenda dei nuovi movimenti femministi. Una nuova generazione di calciatrici, riemerge con percorsi spontanei, spesso lontani dalle aree metropolitane, composta in gran parte da ragazze appassionate al calcio che seguono le orme di padri e fratelli, unendosi alle partitelle giocate in strada o nei campetti coi coetanei maschi. Ci si confronta con una situazione culturale che spesso le discrimina senza consentirne la pratica del proprio sport preferito.
- Renato Guttuso, I giocatori 2
La Germania è la nazione che dà la ripartenza sull’onda della vittoria tedesca nella Coppa del Mondo maschile del 1954, l’anno successivo nascono diverse squadre femminili, all’inizio nel bacino della Ruhr. Molte delle prime calciatrici tedesche erano giocatrici di pallamano. La prima partita internazionale di calcio femminile del secondo dopoguerra si giocò a Essen, tra una squadra tedesca e una olandese. A Berlino nel 1957 si organizzò un torneo con la partecipazione di squadre provenienti da Germania, Olanda, Inghilterra e Lussemburgo, ma rimangono ancora forti i limiti del calcio femminile, incapace di generare interesse nel pubblico.
In Svezia nel 1968 la prima partita ufficiale tra due club femminili. Il calcio, gioco collettivo, dove si segna poco, esiste il pareggio e ritmi incompatibili con le interruzioni pubblicitarie, tradotto negli Stati Uniti in soccer, giocato dagli immigrati “latini”, viene percepito come straniero. L’obiettivo dipende quasi unicamente dal gioco di squadra, anche se il talento individuale, col fuoriclasse, vero e proprio eroe, idolo osannato, artefice del successo spesso fa la differenza. L’interesse mediatico concentrato sui grandi campioni, con le superstar magnete pubblico, fa del calcio un’attività produttiva come altre, con club disposti a spendere cifre esorbitanti; l’investimento paga sul campo e soprattutto fuori. (La Juventus nel 2018 ha pagato 116 milioni per Cristiano Ronaldo, il massimo per il calcio italiano). I giocatori di media qualità compongono il grosso della forza lavoro del calcio, con i calciatori ragazzini africani annebbiati dai sogni di gloria. Si introduce il nome del calciatore stampato sulle spalle.
Il 18 luglio dell’86 il neo-presidente del Milan, Silvio Berlusconi, nel presentare ufficialmente la nuova squadra all’Arena civica di Milano, arrivò in elicottero, con uno show all’americana, sulle note della Cavalcata delle Valchirie di Wagner. Intuite le potenzialità del calcio e come negli anni avrebbe potuto trasformarsi si impresse la spinta definitiva alla modernizzazione. L’imprenditore televisivo coglie nel mondo del calcio un bacino di pubblico immenso e vede in ogni tifoso un consumatore potenziale e un potenziale utente televisivo. Il calcio moderno, nel costruire un modello nuovo, si caratterizza per le spese senza freni: i calciatori trasformati in divi e super pagati. Dagli anni Novanta, arresi alle logiche del marketing, i club di calcio si trasformano in società sportive con logiche aziendali. Lo sport fattosi industria perde la bellezza e l’allegria del giocare per giocare.
A fine anni Novanta, i sempre più consistenti diritti televisivi aumentano la disponibilità economica: le esigenze dello show e del business ne modellano e accelerano la spettacolarizzazione. Il gioco trasformatosi in spettacolo, con molti protagonisti e pochi spettatori, diventa uno degli affari più fruttuosi del mondo. Le società diventate a tutti gli effetti aziende, in alcuni casi quotate in Borsa, rispondono alle regole della finanza. Il calcio globalizzato, emblema di sport commerciale e cultura di massa, dai primi anni del Duemila è sempre più business globale, con l’obiettivo di aumentare fatturato e giro d’affari. La mercificazione crescente del mondo del pallone ne fa una grande “macchina da soldi”: arricchisce chi lo gioca e chi l’amministra e può arricchire i gestori dei servizi. Il calcio professionistico se non rende è considerato inutile.
Jospeh Blatter, dal 1998 presidente della FIFA, per cinque mandati consecutivi, ha reso il calcio una macchina da soldi per sé e i suoi sodali. La montagna di soldi, del mondo del pallone, fa gola alla malavita e compaiono evidenti dinamiche criminali, nell’ampliare i traffici illeciti, reinvestire i capitali sporchi e insinuarsi in forma strisciante e pervasiva nel tessuto sociale. Preoccupano le infiltrazioni della malavita nei piccoli club delle categorie minori, spesso per ripulire il denaro illecito, con i tifosi vittime inconsapevoli di loschi interessi e speculazioni.
- Renato Guttuso, I giocatori 3
Il pubblico del calcio oggi è prevalentemente televisivo: i tifosi-clienti assistono alle partite come fossero al cinema, mentre i più caldi e passionali sono additati irregolari, non funzionali al sistema. Percepiti elementi di disturbo, minacciano il “nuovo calcio” che si vuole costruire: vanno normalizzati, ridotti numericamente e omologati. Gli ultras, termine che indica i tifosi più accanito di una squadra e i sostenitori più accesi di una formazione politica o di una linea di pensiero, sono la parte più esuberante del tifo, passionale e irrequieta, calorosa e ribelle, attiva e turbolenta. Un nuovo fenomeno del calcio globale si ha con l’arrivo massiccio di investitori esteri: in Inghilterra il maggior numero.
La proprietà di un club, a cui molti ambiscono, conferisce status prestigioso, attenzione dei media e accesso privilegiato al potere economico e politico. Il calcio italiano, con a metà anni ottanta la serie A ancora riconosciuta come il “campionato più bello del mondo”, contaminato da mecenatismo, nepotismo e familismo amorale, nell’esibire successi momentanei e potere per il potere, soffocato da astuzie, sotterfugi e campanilismo rischia di morire. Comprare all’estero calciatori “esotici” e trascurare i settori giovanili autoctoni facilita l’evasione fiscale, mentre miliardi piovono dalle pay tv, che senza investimenti in impianti, strutture sportive e vivai, nella migliore delle ipotesi si riversano su giocatori e procuratori, quando non distratti dalle casse dei club per coprire ammanchi di altre aziende.
Il deterioramento del “Calcio italiano Spa” emerge a cavallo degli anni Duemila, col fatturato della serie A che raggiunge picchi incredibili. I ricavi delle formazioni del campionato italiano triplicano nel decennio dal 1990 al 2000, passano da 380 a 1058 milioni di euro. Se i politici per primi hanno scoperto le potenzialità metaforiche del calcio, Carolina Morace, voce pubblica e spesso critica del calcio femminile, dal palmares eccezionale, sostiene la diversità del calcio femminile, per la peculiarità atletica e psicologica che richiede approcci e metodologie di allenamento differenti. Il calcio femminile può e deve ambire a diventare spettacolo appetibile per mass media, tifosi e sponsor, capace di generare sostenibilità economica.
Un ostacolo da superare è la prerogativa dell’allenare ancora fortemente maschile. Il talento calcistico non è mai solo innato, è anche e soprattutto tecnica costruita e affinata quotidianamente, in un perfezionamento costante. Il bagaglio tecnico e atletico delle calciatrici nate negli anni Novanta è oggi più ricco ed evoluto rispetto a dieci o vent’anni fa. Nello sviluppo del calcio femminile si ha una grande opportunità di crescita culturale. Fare sport migliora le capacità di autostima e il successo del calcio femminile elimina le differenze di genere, mentre l’assenza della pratica sportiva contribuisce alla povertà educativa.
Per saperne di più
A. Alciato, Non pettinavamo mica bambole. Le meravigliose storie delle ragazze della Nazionale, Baldini-Castoldi, Milano 2019.
M. Bellinazzo, La fine del calcio italiano. Perché siamo fuori dai Mondiali e come possiamo tornare protagonisti, Feltrinelli, Milano 2018.
M. Fini-G. Padoan, Storia reazionaria del calcio. I cambiamenti della società vissuti attraverso il mondo del pallone, Marsilio, Venezia 2019.
N. Hornby, Febbre a 90’, Guanda, Milano 2012.
A. Jennings, Omertà. La FIFA di Sepp Blatter una famiglia criminale organizzata, Rizzoli, Milano 2012.
C. Morace, La prima punta, People 2019.
F. Serafini, Del calcio non si parla, Bompiani, Milano 2014.
P. Spagnolo, I ribelli degli stadi, Odoya, Bologna 2017.
M. Uva-M. Gasparri-W. Veltroni, Campionesse. Storie vincenti del calcio femminile, Giunti, Milano 2018.
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