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Il regista di matrimoni, di Marco Bellocchio a Pordenone

In esclusiva a Cinemazero (Pordenone) l’ultimo film di Marco Bellocchio

di Redazione - venerdì 21 aprile 2006 - 7569 letture

Da venerdì 21 aprile all’Aula Magna Centro Studi di Pordenone

Quarant’anni coi pugni in tasca. Marco Bellocchio, tornato giustamente da qualche tempo ad essere uno dei registi più coccolati da critica e pubblico, si avvicina al mezzo secolo del suo folgorante esordio presentando ilò suo nuovo affascinante film: Il regista di matrimoni in programmazione - in esclusiva per Pordenone - a Cinemazero, all’Aula Magna del Centro Studi, da venerdì’ 21 aprile (con spettacoli ore 20.00 e 22.00, sabato e domenica anche ore 18.00).

A differenza di compagni di viaggio ugualmente ‘ribelli’, quali Ferreri o Bertolucci, Bellocchio ha opposto meno resistenza alle etichette della critica nostrana, da subito pronta a qualificare il suo come un cinema militante, fortissimamente attratto dal fascino della rivoluzione.

L’ultima stagione di Bellocchio è temperata da una quiete che, se da un lato invita a una meditazione sulla temporalità del sogno (Il principe di Homburg, 1997), dall’altro incoraggia il recupero di una cornice letteraria e storica dove inserire le proprie ossessioni (La Balia, 1999). Ciò che emerge è soprattutto il nuovo modo di guardare il presente, fatto non più di scatti ma di silenzi. Se la Anna de Il sogno della farfalla (1994) vuole fuggire dove «tutto è silenzio», il pittore de L’ora di religione affronta i fantasmi del passato senza gridare, così come fa, rispetto al presente, l’Aldo Moro di Buongiorno notte (2003), protagonista di un fato che Bellocchio reinventa, contaminando la Storia con le vibrazioni del sogno. Dopo L’ora di religione, Castellitto torna a lavorare con Marco Bellocchio per raccontare la crisi di un regista, un uomo che si guadagna da vivere girando filmini di matrimoni, un artista, simbolo della crisi della società in cui vive.

Questa la trama: Franco Elica (Sergio Castellitto) è un regista entrato in crisi a causa delle continue delusioni professionali e del matrimonio tra la figlia e un fervente cattolico. Decide di fuggire in Sicilia dove incontrerà un uomo che gira filmini di matrimoni e un altro regista che fa credere a tutti di essere morto per avere quel riconoscimento che non ha mai avuto in vita. Quasi un paradossale autoritratto per un regista che da sempre grida «Famiglie, vi odio!». Si tratta di un appuntamento che sembrava obbligato da anni, quello con una Sicilia che è anzitutto il luogo reale dei fantasmi di Luigi Pirandello, uno dei maggiori ispiratori del regista, da Enrico IV alla Balia, al televisivo L’uomo dal fiore in bocca. Chissà cosa ne verrà fuori, dall’incontro tra le ciminiere di Termini, il mare di Cefalù, le ville barocche di Bagheria, e il “realismo magico” di Bellocchio. Il regista si è imbarcato in questa impresa con collaboratori fidati, dal direttore della fotografia Pasquale Mari alla montatrice Francesca Calvelli al costumista Sergio Ballo (producono Rai Cinema e la Film Albatros di Pelone, Martino e Fenech). Nel cast, insieme a scelte raffinate e intriganti come Donatella “Angela” Finocchiaro e un volto noto ai vecchi cinefili francofili come Sami Frey (sulla piazza dai tempi di Cleo dalle 5 alle 7 e Bande à part), torna Sergio Castellitto, ormai (dopo L’ora di religione) quasi alter ego del regista. E proprio per Castellitto, ormai conteso dal meglio del cinema italiano, si profila un tour de force non da poco. Pur di averlo, infatti, due dei nostri maggior registi si sono offerti a un tandem sul filo del rasoio. Al Festival di Cannes 2006 il cinema italiano potrebbe fare un figurone, con un doppio film in concorso: Il regista di matrimoni di Marco Bellocchio e Il caimano di Nanni Moretti.

Bellocchio padroneggia il suo discorso e lo esprime con un linguaggio (insieme realista, visionario, onirico) di forte tenuta espressiva. Autobiografia (?) di un cineasta in crisi creativa? Riflessione sul cinema minacciato da altri linguaggi? Analisi del rapporto sempre più problematico tra l’artista e la società? Il regista di matrimoni è tutto questo ma non solo: perché non è un film a tesi ma un’opera magmatica e "aperta", come si sarebbe detto un tempo. Che procede, vitalissimo e con un’idea a ogni inquadratura, tra convulsioni, lirismi, scatti e momenti di quiete. Un sogno, forse, a occhi aperti e cinepresa (e telecamera digitale) accese.


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Il regista di matrimoni, di Marco Bellocchio a Pordenone
5 maggio 2006, di : cineasta

concordo solo su una cosa. L’autobiografico di un regista in crisi. La nuova opera di Bellocchio è un pugno nello stomaco allo spettatore, ma dato al rallentatore per i ritmi del film... E’, più che un viaggio onirico, un "viaggio", un vaneggiamento folle, che si finge artistico, quasi un metafilm. Da allo spettatore la stessa sensazione che a volte prova lo psichiatra psicanalista quando ascolta un cliente: born-out. Deludente.
    Il regista di matrimoni, di Marco Bellocchio a Pordenone
    1 giugno 2006, di : Clara

    Ho visto il film ieri sera e mi è piaciuto molto. Contiene graffianti spunti di riflessione sul giorno del matrimonio: tutti che si comportano come attori, in una ritualità ormai non più liturgica, ma mediatica di fronte a fotografi e registi che filmano. Spunti di riflessione tutt’altro che didascalici e pesanti, perché il film è altamente visivo, con intuizioni splendide.