Il quadro della settimana: “Los Borrachos” o “Trionfo di Bacco” di Diego Rodriguez de Silva y Velazquez

1628 circa. Olio su tela, cm 16 x 188, ubicato al Museo Prado di Madrid
Il tema di questa tela, eseguita da Velazquez a Madrid intorno al 1628 prima di partire per l’Italia, sarebbe stato suggerito al pittore da Pieter Paul Rubens. Il maestro fiammingo gli avrebbe infatti narrato di una festa, avvenuta a Bruxelles nel 1612, durante la quale un uomo vestito solo di un telo di lino e incoronato di pampini era entrato alla presenza degli arciduchi Alberto e Isabella a cavallo d’una botte, insieme a otto compagni.
La compresenza dei due titoli , entrambi calzanti, mette in luce le due diverse componenti dell’opera: la celebrazione aulica del personaggio mitologico e la scena di vita reale. Dividendo infatti idealmente il quadro in due parti esatte, ci si accorge che quella di sinistra, incentrata sulla nobile figura di Bacco, fa pensare a un’opera di tono serio e classicheggiante, alla quale meglio corrisponderebbe il secondo titolo, mentre alla parte di destra, che traspone il mito in un momento quotidiano, faceto e popolare, si adatta di più “Los Borrachos”. Perno della composizione è Bacco che, seduto su una botte all’ombra di una vite, incorona distrattamente un suo umile devoto.
I personaggi popolari che gli si assiepano attorno sulla destra sono differenziati nelle pose e negli abiti, rappresentando quindi diverse condizioni sociali. Il soldato, che si inginocchia con le mani giunte nel ricevere la corona, sembra quasi partecipare a una cerimonia religiosa e, con le altre due figure in primo piano disposte in diagonale, pare uno dei re Magi: un’allusione ironica probabilmente voluta deliberatamente dal pittore. La figura di Bacco, col suo incarnato chiaro e l’aspetto opulento, l’espressione del volto ambiguamente sensuale, trovano analogia nel “Bacco Adolescente” dipinto dal Caravaggio intorno al 1596.
Non si tratta di un riferimento casuale, dal momento che il caravaggismo era assai radicato in Spagna, dove erano giunte da Roma e da Napoli opere del Caravaggio stesso e dei suoi più stretti seguaci. Nella parte destra del dipinto, notiamo, che un’unica figura non si rivolge ossequiosa verso il dio, ma guarda davanti a sé alzando una grande tazza bianca colma di vino; essa ricorda alcuni filosofi dipinti da Jusepe de Ribera, in particolare l’Archimede dell’omonimo quadro, anch’esso conservato al Prado.
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