Il quadro della settimana: “Gilles” (Pierrot) di Jean-Antoine Watteau

1718-1719 circa
 Olio su tela
 cm 185 x 150
 Ubicato al Museo Louvre di Parigi.

di Orazio Leotta - martedì 5 febbraio 2013 - 7871 letture

Acquistata presso un mercante di quadri che la teneva come insegna del proprio negozio, quest’opera, priva di documentazione, non ha ancora svelato il misterioso significato racchiuso nell’attore dalle braccia ciondoloni e dall’espressione disorientata (l’asino in secondo piano ha paradossalmente uno sguardo più espressivo del protagonista). 30) Gilles (Pierrot) L’uomo sembra scrutare l’osservatore ed è presentato davanti a quattro maschere della commedia dell’arte italiana, frequentata e spesso raffigurata da Watteau.

Si è ipotizzato che potesse trattarsi dell’insegna o del cartellone per un teatro, il che spiegherebbe il formato eccezionale e la stesura pittorica, più contrastata e larga del consueto. E’ l’immagine dell’attore quotidianamente offerto alle risa, inconsapevole vittima di una cerimonia di cui ignora anche il senso, è il teatro che diventa poesia, candida e festosa al tempo stesso, un vero e proprio compendio dell’arte di Watteau, fatta di sognante fantasticheria e sottile malinconia.

Questo Pierrot “lunare”, reso ancora più insolito dalla sua monumentalità è piantato su un terreno che evoca il proscenio di un teatro, dietro al quale fanno capolino le quattro figure a mezzo busto del dottore in groppa all’asino, di Leandro, di Isabella e del capitano. Il protagonista, vagamente, ricorda nel viso e nella postura l’attore Carlo Croccolo, il celebre servitore personale di Totò in “Signori si Nasce” e interprete, assieme al principe della risata, anche in “Miseria e Nobiltà”, “Totò lascia o raddoppia?” e “47 morto che parla”.

Jean-Antoine Watteau (1684-1721) è senz’altro il pittore più geniale e innovativo del primo Settecento francese. Con lui, in pratica, si può far iniziare la pittura rococò, che per un secolo circa ha dominato la scena artistica non solo francese.

I suoi inizi sono probabilmente precoci, ma è solo nel 1717, all’età di trentatre anni, che entra nell’Accademia francese. Come saggio di ammissione presentò il quadro l’«Imbarco per Citera» che rimane sicuramente la sua opera più celebre. Prematura è stata anche la sua scomparsa, avvenuta all’età di soli trentasette anni.

A Watteau si fa risalire l’invenzione del genere detto delle «feste galanti». In boschi o parchi, in cui prevale una descrizione naturalistica di tipo pittoresco (natura rigogliosa non imprigionata in schemi geometrici e in cui compaiono spesso frammenti di rovine del passato), si muovono uomini e donne in atteggiamenti di galante corteggiamento. Protagonisti sono spesso attori e maschere presi dalla Commedia dell’Arte italiana. Nei suoi quadri prevale spesso un’atmosfera di malinconia.

Ma importante, nell’arte di Watteau, è soprattutto il suo stile, che riprende e rinnova il tonalismo veneto, nonché le esperienze coloristiche di olandesi (Rembrandt) e spagnoli (El Greco e Velazquez). Una pittura in cui il tocco è sempre evidente, al punto che i suoi quadri sono un monumento altissimo all’artificio della pittura, non come semplice imitazione del reale ma come abilità nel ricreare, con l’artificio della tecnica e dell’abilità, la sensazione del reale senza mai perdere la sua apparenza di immagine pittorica.

Con Watteau ha inizio una nuova stagione pittorica, che però non sarà all’altezza del suo creatore. Il rococò settecentesco tramuterà presto in maniera la sua pittura e i suoi soggetti, senza conservare l’alta carica poetica che i quadri di Watteau trasmettono all’osservatore. Solo l’Ottocento, e il Romanticismo in particolare, comprenderà l’effettiva grandezza di questo pittore.


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