Il potere e la storia: la morte di Giuseppe Giarrizzo
E’ morto il 28 novembre 2015 lo storico Giuseppe Giarrizzo. E’ stato tra i maggiori storici italiani
Mi capitava di incontrarlo alla Biblioteca Ursino-Recupero di Catania, la splendida biblioteca annessa al Monastero dei Benedettini, divenuta sede della Facoltà di Lettere dell’Università di Catania. Erano gli anni (primi anni Ottanta del Novecento?) in cui la Facoltà era ancora in fase di trasferimento, e il Monastero ancora un cantiere, con molti corridoi ancora transennati e gli operai al lavoro. Il recupero del Monastero dei Benedettini e il suo riutilizzo come sede universitaria è stata una delle grandi opere civili di Catania, e lo si deve a Giuseppe Giarrizzo. Gli studenti di oggi non possono neppure immaginare la fatiscenza di aule e luoghi delle Facoltà catanesi precedenti l’occupazione quasi "manu militari" avviata da Giarrizzo al Monastero. Fatiscenza che si rifletteva sulla qualità dell’insegnamento e dell’apprendimento. Oggi la Facoltà e il Monastero sono un posto meraviglioso, una specie di campus universitario attrezzato, meta di turisti che possono ammirare gli splendori di un edificio e di una civiltà (quella dei benedettini a Catania), un posto in cui è possibile incontrarsi, fare convegni e avere a disposizione una Biblioteca, quella universitaria (oltre alla Ursino-Recupero), finalmente agibile.
Lo incontravo dicevo alla Ursino-Recupero, e l’arredo settecentesco di questa splendida biblioteca penso fosse molto consona a Giarrizzo storico che sul Settecento aveva scritto molto. Lui era un "maestro" in un’epoca in cui (tra gli anni Settanta e gli anni Ottanta del Novecento) di queste figure non sembravano esistere più. Un "maestro" che non si ergeva su una cattedra, ma stimolava con le cose che faceva e con i suoi scritti. Aveva avuto una formazione inglese, aveva conosciuto Mazzarino (un altro "grande" dell’Università di Catania, ma di tutt’altra formazione), aveva lavorato con i francesi (l’importante scuola degli Annales che aveva portato aria nuova nella ricerca storica). Ma soprattutto era uno che pensava che la storia potesse servire alla politica, che la politica - le cose che andavano fatte per lo sviluppo delle città, e che avevano diretta conseguenze sulla vita sociale, sulla vita di noi tutti - era l’impegno civile di un intellettuale. Giarrizzo nel campo storico, come Muscetta (un altro grande maestro dell’Università di Catania, che ebbi anche il privilegio di conoscere) avevano da una parte il problema dello sviluppo "arretrato" rispetto alla modernità della Sicilia, il problema del "potere" e del sistema di classi esistenti e i cui rapporti erano in divenire. Sì, stiamo parlando di cose di un altro secolo.
Lui era del ’27. Lo stesso anno di nascita di mio padre. Noi baldanzosi giovini lo vedevamo più come un nonno che non come un padre. Un nonno pervicacemente socialista - là dove il socialismo veniva in quegli anni sviato dai cipigli craxiani. Ma uno i cui scritti, chiarissimi ("settecenteschi"), e le cui indicazioni erano sempre stimolanti, sempre da conoscere e leggere con cura.
La grande importanza che ha avuto Giarrizzo per la Sicilia e per Catania è stata la sua attenzione per la storia di queste due "entità". Lui "ha rifatto la storia", come si potrebbe dire, cioè ha reimpostato punti di vista, cose e prospettive: con il saggio sulla Sicilia edito da Einaudi e il saggio su Catania edito da Laterza. Tutte cose che nascono grazie a Giarrizzo e a un nucleo di storici impegnati che "riscrivono" questa storia e la ritrasmettono. Penso a Giuseppe Barone, o a Paolo Sylos-Labini. La capacità di Giarrizzo era anche quella non di essere un intellettuale solitario, ma di riuscire a fare squadra, e ad avere allievi che potessero continuare gli studi avviati. La scuola modernista attiva nel Meridione deve molto a Giarrizzo. Gli deve molto la città di Catania, che in anni mafiosi (l’uccisione di Pippo Fava nel 1984 uno per tutti) seppe resistere e provò poi a uscirne ricostruendosi come città di pub e di turisti (la città della prima giunta Bianco) anche grazie a un tessuto di classe dirigente che si era formata su quei libri e su quegli stimoli "europei".
Alleghiamo l’ "Autobiografia di un vecchio storico", che Giuseppe Giarrizzo scrisse e fu pubblicata da Storia Mediterranea.
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