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Il mulo “Giovale”, voce della natura

In Vincenzo Pardini il rifiuto dell’artificiosità della vita di oggi è totale. Un mulo come amico e compagno di scorribande nei boschi e sui monti è gioia e divertimento, ritorno all’ancestralità dell’uomo.

di Antonio Carollo - giovedì 14 dicembre 2006 - 4661 letture

IL MULO “GIOVALE”, VOCE DELLA NATURA

La forma diario del libro di Vincenzo Pardini, “Giovale”, Bompiani Editore, è una prova di padronanza di mezzi e di maturità di scrittura. Solo i veri scrittori riescono a trarre da questo strumento grandi esiti letterari. Il diario costringe a partire quasi sempre dal reale, cioè dalla descrizione di un fatto, di un luogo, di una persona, di una cosa, per giungere al pensiero, alla fantasia, al sentimento, alla memoria. Riuscire a mescolare questi ingredienti in modo armonico è impresa ardua. Pardini lo fa con naturalezza. Per lui il percorso dall’esterno all’interno è talmente sicuro da rimanere quasi invisibile tra le maglie della sua scrittura, tutta immagini, visiva, quasi filmica. Dall’esistenza del suo personaggio, cioè dell’amico mulo, osservata minutamente, zampillano, con freschezza, piccole storie, figure di persone e di animali, gesti, pensieri, accadimenti quotidiani.

La scrittura è un albero in germoglio, com’è la vita nel suo svilupparsi. La cronaca diventa il tessuto su cui si svolge, con fughe, ritorni, riprese, l’arabesco dell’ispirazione narrativa, cui Pardini rimane maggiormente fedele, con qualche interruzione (Jodo Cartamigli). Pardini riesce così a realizzare un modello di scrittura estremamente moderno, imperniato, non sulla progressione del racconto, ma sull’affiorare di una moltitudine di racconti. In “Giovale” c’è il mondo di Pardini, fatto di natura e di naturalità. Già il nome del mulo e del titolo del libro è foriero di significati. La radice ‘gio’ mi riporta a gioco, gioia, gioco e quindi scherzo, divertimento, ma anche sottomissione, servitù, con i possibili derivati, come ribellione e violenza. Giovale robusto e ruvido, avvezzo alla vita dura della bestia da lavoro; scontroso e diffidente, reso imprevedibile da traumi e ossessioni, si dimostra, però, capace di sentimenti, di amore e di amicizia. Vedasi, tra l’altro, la scena di Elide, la mula compagna di Giovale, lasciata a pascolare legata con una fune ad un albero, mentre Giovale è libero. “da Elide non s’allontana. C’è innamorato e la segue ovunque”.

Logico nella istintualità, quasi umano, l’atteggiamento del mulo nei confronti del nuovo padrone: prima ostile, poi indifferente, infine amico e compagno di scorribande nei boschi e sui monti. In Pardini il rapporto con la natura ha il senso del ritorno all’ancestralità, alla natura più profonda dell’uomo; il rifiuto dell’artificiosità della vita di oggi è totale. L’acquisto e la cura di un mulo nel tempo presente (siamo nel 1989) non significa nostalgia per la vita contadina ormai estinta, ma bisogno reale di vera vita, nel contatto con la natura; da qui la gioia, l’allegria, il divertimento che gli dà Giovale, la condivisione della ribellione del mulo al dominio dell’uomo e alla durezza del lavoro (vedi il suo impuntarsi dinanzi ad una catasta di legna); in ciò sta anche la rivolta del personaggio-io narrante..

In Tobino la benevolenza e la “pietas” verso i personaggi sono soffuse plasticamente nel racconto, in Pardini il rapporto tra autore e personaggio è oggettivo, mascherato da una patina di rudezza. Un accenno alle immagini di erotismo: mi sembrano un innesto nato per germinazione. Anche qui prevalgono le scene di animali, cavalli, dromedari, muli; nel rapporto con la compagna dai capelli bai, traspare un nitore assoluto, non si cade mai nella pornografia. Non infastidisce la distanza dai luoghi e, in qualche misura, dai temi del racconto. La scrittura di Vincenzo Pardini può considerarsi ormai acquisita alla narrativa toscana e italiana.


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