Il "mio" clown eutopico, si “arrende” al corpo...

Nel clown eutopico, nel “mio” clown al centro c’è la relazione, e quindi unisco/integro le pratiche, senza la presunzione di essere scientifico, ma semplicemente “divino”, per rimettermi in contatto con il “mio” Dio interiore che resta lo scopo della vita di ognuno di noi.
Wilhelm Reich è stato il padre della bioenergetica, Alexander Lowen è stato quello che ci ha fatto conoscere queste esperienze.
In “Arrendersi al corpo” Lowen descrive i principi, basati sull’identità funzionale dei processi fisici e psicologici, per aiutare ogni individuo a riscoprire e liberare il proprio animo.
Wilhelm Reich prima di lui introduce nella sua ricerca gli aspetti sociali, che mi interessa qui richiamare, per evitare di ragionare solo su un senso introspettivo della stessa azione sociale del clown "utopico" o sociale o semmai "dotto" come inteso all’interno solo di un percorso personale ed individuale di vita.
Nel clown utopico, nel “mio” clown al centro c’è la relazione, e quindi unisco/integro le pratiche, senza la presunzione di essere scientifico, ma semplicemente “divino”, per rimettermi in contatto con il “mio” Dio interiore che resta lo scopo della vita di ognuno di noi.
Ma cos’è per il clown il Dio interiore? E’ il nostro “se” naturale, perché il nostro corpo è “…a sua immagine e somiglianza!”.
Il “se” naturale è il nostro clown il nostro clown è il nostro bambino interiore. Fragile, orfano, viaggiatore o meglio sognatore, il guerriero, il mago, il folle.
Ora vediamo come arrivar a far rivivere il nostro bambino – la voglia di “ritornare a giocare” (ndr precedente post/articolo: Il clown sociale, ritorna sempre a giocare…) – attraverso il nostro… ops…il “mio” clown eutopico.
Prendo qui spunto dalle ricerche bibliografiche e potremmo divedere per semplificarci la vita il nostro viaggio in tre fasi: la consapevolezza di sé e del proprio corpo; la piena espressione dei sentimenti spesso frustrati nell’infanzia, come la rabbia e la paura, e quant’altro attraverso i gesti involontari; infine il possesso di sé, ovvero la libertà di essere se stessi, di accettare e riconoscere le proprie sensazioni, i propri limiti e come superarli, senza più sensi di colpa e vergogna. E, già: la vergogna è tristezza, l’innocenza è gioia.
Per Lowen, il limite consiste nel fatto che ci si occupa di sensazioni e percezioni corporee a livello verbale e mentale, quando invece l’organismo si esprime più chiaramente con il movimento che con le parole: nelle pose, nell’atteggiamento, in ogni gesto, esso parla un linguaggio che anticipa e trascende l’espressione verbale.
La fase della scoperta della “neutralità” ci riporta alle nostre origini e un’unità, non scissa in mente e corpo, per osservare e farci osservare cosi come siamo.
La stessa vergogna priva la nostra sessualità della sua naturalezza e spontaneità e, di fatto, priva l’essere umano della sua innocenza. Certo chiederci di metterci a nudo resta difficile, ma pensate ad un bambino piccolo, non ha certo vergogna del suo corpo.
Mettersi a nudo nel nostro caso significa osservare la nostra motilità, ossia la manifestazione dell’emozione che attraverso il corpo si manifesta.
Le stesse tecniche della bioenergetiche consentono di prenderci cura attraverso la testimonianza del gesto, di quel “sé” frammentato e scisso, ed ora attraverso il gioco del nostro clown, ci possiamo permettere invece di farci osservare non come si fa di solito, ma attraverso un’espressione fisica da parte del “problema stesso”, semplicemente nella consapevolezza della testimonianza.
Ciò avendo coscienza dello stretto rapporto biologico tra pensiero emozioni ed organo, che si può manifestare in ogni “conflitto” o nello stesso processo di “malattia”, che di per se, come rappresentato oggi nella biologia totale rappresenterebbe un “atto di guarigione”.
Il paradosso sta tutto qui. Attraverso il “mio” clown, rompo gli schemi involontari, non reprimo il sentimento, il mio dolore, ma semplicemente lo “testimonio”, senza che esso si trasformi, se trattenuto, in strega!
Ora lo posso chiamare “la mia strega”, ma senza indebolire le pulsazioni del mio corpo e la sua infinita vitalità. Il sentimento è la percezione sempre di un movimento, se volete piccolo insignificante, come nel caso dei movimenti oculari che nella filosofia “Sufi” – oggi ripresa in occidente dalla Programmazione Neuro Linguistica e da tante altre “scienze”, e quante cose oggi sono da quest’antica filosofia per me “scienza dello spirito” state introdotte nelle tecniche per la risoluzione dei conflitti. (Vedi ad esempio la ricerca realizzata dal mio fraterno amico Sidney Journò nel MANUALE DEL PER )
In questo senso vi propongo di fare un esperimento sul movimento: tenendo un braccio steso sul lato, ad altezza della vostra spalla; un vostro amico vi spinge il braccio verso il basso, mentre voi fate resistenza e forza verso l’alto facendo opposizione alla pressione verso il basso che subite per l’azione della spinta del vostro amico. Quando il vostro amico lascia di spingere verso il basso, il vostro braccio per l’opposizione che avrete dato voi, si alzerà verso l’alto senza che voi facciate forza. Questo si chiama movimento involontario o riflesso.
Ora pensate che il nostro corpo agisce sempre a specchio o in relazione con le forze opposte e pensate per un attimo a quanti vostri atteggiamenti sono indotti dalla memoria che il vostro corpo ha di queste forze che per milleni si sono posizionate all’interno delle nostre cellule nervose e muscolari. La stessa postura ha – come sappiamo – significati precisi. Una schiena incurvata è sintomo di rabbia; ogni tensione muscolare è un sentimento bloccato o perduto.
Le tensioni muscolari nel collo, nel torace, lombare o nelle gambe sono i sensi del “sé” adulto che confligge con quelli del nostro “bambino interiore”; lui non ha sensi di colpa, lui è senza dolore.
I sensi di colpa è la non libertà di esprimere liberamente. Ad esempio negli individui narcisistici c’è una negazione dei proprio sensi di colpa e una dissociazione dei sentimenti, con la conseguenza che essi non provano vergogna o senso di colpa, ma neanche provano amore.
Il bambino in ogni azione che compie prova sempre amore, come il clown. In questo senso il nostro clown divenuto corpo, libera e testimonia la propria parte divina.
In questo caso il “se” naturale “io-sono” prima sepolto sotto strati di tensioni che rappresentano le ingiunzioni del “super-io”, e i sentimenti repressi, inizia a fare un viaggio con il suo bambino che prenderà per mano – “se” stesso – per compiere un viaggio all’indietro nel tempo, fino ai primi anni della sua vita (io li ho fatti con la mia “moto del tempo”). Certo a volte si tratta di un viaggio doloroso, perché risvegliano ricordi che sono come abbiamo visto bloccati come una forza che ci fa compiere gesti e comportamenti involontari. Ricordi orribili che evocano sentimenti pericolosi? Ma tutto ciò che qui vi potrà accadere lòo dovete considerare ”il meglio per me” – per ognuno - perché? Ma il drago non va ucciso, ma cavalcato.
Se poi dentro questa storia leggiamo con una “doppia attenzione”, verbale e corporea, possiamo instaurare una relazione più ampia e profonda proprio a partire dai dalla consapevolezza dei gesti involontari quotidiani avendo una nuova e diversa consapevolezza. Testimoniarli attraverso il nostro clown poi resta dentro il processo di poter così riscrivere, abbandonando le nostre false credenze, …“la fiaba della nostra vita”.
Non è la mente che può influenzare il corpo, ma è sempre il corpo che influenza la mente.
Quindi abbiamo bisogno di modificare “il pensiero” del corpo. Il biologo Bruce Lipton le chiamerebbe: “false credenze” ma per migliorare il “funzionamento” della nostra mente dobbiamo leggere il nostro corpo.
Nella “mio” clown eutopico” mi interessa molto approfondire questi temi che ritengo fondamentali per la comprensione dell’approccio alla “pedagogia del clown eutopico”.
Considerando che ogni mia debolezza crea un insicurezza nell’atteggiamento, posso individuare nella stessa postura, ogni limitata consapevolezza, come una ristretta espressione di quel sé frammentato e ridotta padronanza.
Ogni persona è maschera e più volte ho scritto che il clown è colui che toglie le maschere. Ma cosa sono nel mio caso le maschere? Ogni rigidità e ridotta padronanza.
Il Clown così può essere corpo, terra e cosmo, perché attraverso il semplice processo de “la neutralità” si rende vuoto. L’osservatore che condiziona l’osservato, in questo senso soggetto e oggetto pedagogico.
E, lui sa che il vuoto è il tutto, ed è li che può ritrovare il suo bambino: l’innocente, l’orfano, il viaggiatore, il guerriero, il mago, il folle. E farsi dono così delle “sue magie gentili”.
Se è vero che il mistero dell’amore va oltre il sapere scientifico c’è un qualcosa in noi che non è scientifico. Il cuore non è solo una pompa, ma è il nostro terzo cervello dopo la pancia o sistema “APUD“* acronimo di: “Amine Precursor Uptake and Decarboxylation”.
E, questa cosa si chiama dono. Dono della vita che è in “se” dono della gioia e della felicità.
In questo senso il clown sa che un nanosecondo o mille anni sono per lui la stessa cosa e che il tempo resta infinito. In questo senso il dono che egli fa a se stesso è il tempo, attraverso l’attenzione sul suo respiro.
I bambini molto piccoli, sono disponibili alla gioia, perché hanno tutto il tempo. Come i cuccioli di qualsiasi animale sgambettano e scorrazzano con gioioso abbandono donandosi alla vita: “nevica, nevica e un bambino cresce”.
I bambini come ogni clown sono i soli che possono ricevere i doni, perché essi sono legati a due elementi: la libertà e l’innocenza. E’ sempre difficile, ancor di più oggi, immaginare la gioia senza la libertà. Se riflettiamo meglio oggi noi tutti siamo meno felici, perché ci sentiamo meno liberi, e ancora di più in rapporto ad un modello di società che ci ha costruito un modello di vita sull’avere, sul possesso e non sul dono.
Facemmo tempo fa un evento in una piazza di una città e alla fine provammo a giocare con tutti buttando nella piazza tra centinaia di persone dei grossi palloni. Tutte le persone, nessuna esclusa, se li presero tenendoseli stretti con le mani e se li portarono a casa. Nessuna di loro pensò minimamente che si poteva giocare tutti insieme, rilanciandosi l’un l’altro il pallone.
Pazienza i Clown lo sanno come tutti i bambini, gli adulti non capiscono mai! La prossima volta ci siamo riproposti di fare un altro piccolo “esperimento sociale” e di come questo sistema “paese” ops “mondo” ci ha fatto dimenticare la possibilità di ritornare a giocare insieme.
Non vi svelo qui come faremo se non ci perdiamo la sorpresa!
Anche in questo caso, come nell’esempio del braccio – che vi ho fatto prima –ci troviamo di fronte al fenomeno di un gesto “involontario”, ma indotto da parte del nostro corpo, in rapporto ad una forza che è stata propagata in noi, in questo caso da un sistema sociale.
E, qui parlo della nostra vita sociale della politica che è non è assolutamente estranea al nostro sentire. Parlo di quelle forze, di quell’energia di cui già ne avete sentito parlare e che il mio amico e scienziatissimo Prof. Renato Palmieri di Napoli chiama "fisica unigravitazionale" che si basa - in estrema sintesi - sul concetto di "unipolarità" e che agisce su tutto. Nella sostanza noi "attraiamo" sempre quello che siamo, e se cambio io cambia la realtà che mi circonda. Certo è un processo lento, ma inesorabile e ce chi meglio di noi lo ha già messo in atto da tempo. Sarebbe il caso oggi studiare da questo punto di vista "scientifico-sociale" il caso "Berlusconi".
Credo per questo che il problema sia si politico-sociale ma se non cambiamo la memoria biologica del corpo, a lasciare la presa, forzando un diverso atteggiamento involontario del nostro corpo, non sapremo mai come sarà possibile giocare e cosa migliore per riconquistarci tutti la capacità di ricostruire la comunità che ci siamo persi.
Le stesse dipendenze dal gioco d’azzardo non posso essere rimosse in un modello di società che ci ha dato infiniti input al nostro corpo di possedere e non di donarci, quello che abbiamo semplicemente. Siamo tutti tossicodipendenti emotivi di un sistema che ha costruito un uomo a sua immagina e somiglianza. C’è la crisi è vero, ma ha cosa siamo disponibili ognuno a rinunciare, per riprenderci la nostra libertà!
Dentro questa cosa c’è il senso di quel percorso che come clown stiamo provando a fare all’interno della nostra piccola "Comunità (cum-munis) libertaria di clown & sognatori pratici".
Oggi ci confrontiamo sempre più con una tristezza allargata! Mentre avremmo bisogno semmai di stendere la tristezza, per tracciare le distanze tra noi e il mondo che non vorremmo che sia.
Liberarsi dai condizionamenti e dagli stereotipi imposti dai mass-media, significa liberare le nostre potenzialità senza farci più “..sorpassare dal gioco”, da qui il post/articolo precedente sul tema del “divieto a farsi sorpassare dal gioco!”.
In questo senso la figura di un “mio" clown utopico resta un clown sociale di relazione” che si prende cura di “se” prima di potersi prendere cura dell’altro e della società.
Un clown che prima di ogni altra cosa si relazione con il suo bambino per farsi insegnare a giocare. La libertà in questo senso non è una comprensione individualistica, ma certamente individuale nella relazione di rispetto della libertà con se stesso e l’altro.
In questo senso c’è bisogno di detronizzare il super-io. Ciò che si deve fare e che si può o non si deve fare.
Qui ritorno al corpo, alle sue tensioni, per rilassare le mascelle, i muscoli del corpo, della schiena. Molti di noi oggi hanno il mal di schiena, simbolo biologico del peso e del non potercela fare. La rigidità non è mai una forza! Ogni muscolo teso del nostro corpo è un muscolo spaventato! Bene è allora perché resistere NON CE LA POSSO FARE, E NON CE LA FACCIO?
MI ARRENDO!
Accogliere il fallimento è un altro dei compiti pedagogici del “mio” clown eutopico.
Gli antichi popoli mettevano tutte le loro tensioni nelle danze tribali che di per sé avevano una doppia funzione: sociale dello stare insieme; si prendevano cura della comunità, perché attraverso essa testimoniavano i propri dolori ed i loro spaventi. L’Hip hop ad esempio negli anni ’80 è stato un fenomeno culturale importante in questo senso.
Certo anche oggi lo stesso grido del tifoso in uno stadio ha un significato importante se pensiamo che la stessa parola “gool” deriva dalla parola ebraica “gioia”. Cosi come posso gridare io non ho più paura!
La gioia viene descritta in molti testi sacri, come essenza di tutte le cose che ci circondano: l’erba, gli alberi, le nuvole, il mare, etc. In questo senso il clown è terra e cielo e non ha più paura!
Perché lui è consapevole che solo quando come adulto sarà come un bambino potrà passare nel regno dei cieli. E, comprendere che un cammello può passare nella cruna di un ago, semplicemente facendosi piccolo! Ah, Ah, Ah!
Il ”mio” clown così vive e può vivere il suo soffio (respiro), le sue tensioni (movimento) e così ascoltare il vento tra gli alberi ed il cinguettio degli uccelli che vi abitano, perché … ? …ma, ….
“Solo colui che sa che il mondo intero è una creazione della gioia ha raggiunto la verità finale” (R. Tagore)
A cura di Clown Nanosecondo al secolo Enzo Maddaloni
N.B. L’arte e Scienza è in ognuno di noi, che và alla ricerca di un’utopia? Sinceramente mi piace pensare d’ora in poi - non nel senso di ou-topos ("luogo inesistente"), quanto di eu-topos ("luogo felice") e per questo vi ho parlato qui del “mio” clown eutopico. Ho preso spunto nel mio viaggio ....di clown.... dal cammino delle enciclopedie, e del significato delle parole che mi ha insegnato il mio angelo Mercuzio e da D. Diderot in poi. Credo che ci sia proprio qui adesso il rinnovato bisogno di rendere possibile questa speranza. Di passare quindi dal "luogo inesistente", (utopico) - dove anch’io ho vissuto finora - al possibile "luogo felice" (eutopico). Io sono stato qui per questo, buon viaggio a voi. Clown Nanosecondo
Bibliografia:
La validità del pensiero di Wilhelm Reich: nuove prospettive e nuove potenzialità di Luciano Rispoli
Wilhelm Reich libri
“Arrendersi al corpo” di Alexander Lowen -Ed. Astrolabio, Roma 1994
“Il potere di adesso” Eckhart Tolle Ed. My Life (nuova edizione): osservazione, momento presente, ricordo di se, vivere…
Il disegno del logo di copertina è stato realizzato (dal mio amico artista di Salonicco) Koco Veshi
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