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Il massacro di Itri

L’appassionata ricostruzione delle vicende in quel delle "Terre del Lavoro" a cura del Prof. Budruni ci ha invogliato a proseguire la riflessione iniziata con la recensione del libro

di Emanuele G. - martedì 4 ottobre 2011 - 7544 letture

I fatti comunemente conosciuti come il massacro di Itri sono un’occasione impagabile per riflettere sul nostro paese e la sua storia nel corso del c.d. "secolo breve". Esigenza ancora più sentita oggi perché siamo scossi da una crisi identitaria senza precedenti.

Con il Prof. Budruni abbiamo parlato di questo puntualizzando parecchi spunti per ulteriori riflessioni...

Avevano davvero ragione i garibaldini quando affermavano che l’Italia era fatta, ma quanto agli italiani...

Se il riferimento è al 1911, sicuramente D’Azeglio aveva ragione. L’episodio di Itri dimostra che il senso dell’unità tra italiani era ancora lontano dal realizzarsi. Proprio nei giorni in cui si compiva il massacro degli operai sardi a Itri, in tutta Italia erano in corso manifestazioni per la celebrazione del Cinquantesimo anniversario dell’Unità d’Italia.

Ma allora siamo razzisti? Prima Itri poi il Litorale Domizio ed infine Rosarno...

Il razzismo è una brutta bestia che si insinua tra le persone di ogni latitudine nei momenti di crisi o quando affiora l’insicurezza per i propri averi o per la propria incolumità. Solo la diffusione capillare della cultura e del senso di civiltà, l’abitudine alla convivenza tra diversi possono scongiurare la diffusione della xenofobia e del razzismo.

Da cosa nasce questo scarso spirito di solidarietà nazionale? Da un interesse smodato verso il "particulare"?

Lo ripeto: nei momenti di crisi tendono a prevalere l’individualismo e la chiusura in sé stessi, quando, invece, sarebbe necessario il massimo di solidarietà. Dalle difficoltà e dai momenti critici si esce, infatti, con la collaborazione e non con l’isolamento o le guerre fratricide.

Perché ha scritto un libro sui fatti di Itri?

Perché molti anni fa, nel 1985, laureato e disoccupato, collaboravo col prof. Brigaglia, dell’Università di Sassari, all’ Enciclopedia della Sardegna. Mi era stato affidato l’incarico di costruire una parte della cronologia della Sardegna: dal 1900 al 1914. Sfogliando i giornali dell’epoca mi imbattei in numerosi articoli di prima pagina del quotidiano di Sassari, La Nuova Sardegna, nei quali si parlava diffusamente di quei fatti. Ne parlai col professor Brigaglia che mi invitò a scrivere un breve saggio sull’argomento per la rivista Ichnusa. Ciò che mi sorprese, allora, fu la scoperta del silenzio che da oltre settant’anni era calato su quell’episodio: nessuno, in Sardegna, ne sapeva nulla!

I fatti di Itri ci fanno notare due cose: la sottomissione fino alla schiavitù di centinaia di persone e la presenza dei c.d. "comitati dei galantuomini" che governavano il territorio.

Per la verità, i fatti di Itri ci fanno notare molte altre cose, tra le quali quelle che lei indica. La sottomissione degli operai sardi, ma anche di quelli delle altre regioni d’Italia, era un fatto reale. Anche se, occorre sottolinearlo, i lavoratori sardi erano molto sindacalizzati all’epoca e molti erano reduci dalle battaglie nel bacino minerario del Sulcis. Non pochi avevano partecipato, a Bugerru, alla lotta per il salario, sfociata con l’intervento dell’esercito che aveva sparato contro gli operai, uccidendo tre e ferendone alcune decine. In risposta a quell’eccidio, la CGL proclamò il primo sciopero nazionale d’Italia. La presenza della camorra in quella regione che, curiosamente, si chiama Terra di lavoro, era assai diffusa. Gli appalti per quella grande opera venivano accaparrati da imprese strettamente correlate alla camorra. Alcuni abitanti di Itri, compresi intellettuali e uomini politici, ancora oggi, dopo un secolo da quell’episodio, negano il coinvolgimento della camorra nella caccia al sardegnolo. Il mio libro riporta fonti, dichiarazioni e prese di posizione che dimostrano il contrario. Non capisco questa difesa d’ufficio della camorra da parte degli itrani. Soprattutto se penso che recentemente il ministro dell’Interno propose al Consiglio dei Ministri lo scioglimento del Consiglio comunale di Fondi, a pochi chilometri da Itri, per infiltrazioni camorriste. Naturalmente, il Consiglio dei Ministri bocciò la proposta suggerendo agli amministratori di quel comune di dimettersi, in modo da potersi ricandidare. Ieri, è stato sottratto all’arresto il ministro Romano, accusato di associazione esterna alla mafia. Tutto si tiene, evidentemente.

Le condizioni di schiavitù dei lavoratori sardi ci equiparano agli albanesi di oggi. Anzi eravamo gli albanesi di allora...

Oggi non sono più gli albanesi lo spauracchio dei razzisti italiani. Oggi i diversi sono i Rom, i rumeni, i senegalesi, i ghanesi, i marocchini e i tunisini. Allora, gli stranieri erano gli italiani che migravano al nord o all’estero.

A Itri era la camorra che aveva le redini del potere oppure era usata dai succitati "comitati dei galantuomini"?

A Itri, come ho già detto, non sarebbe stato possibile organizzare una caccia all’uomo delle proporzioni descritte nel mio libro, senza la regia delle autorità pubbliche e senza l’intervento della criminalità organizzata.

Il massacro a suo giudizio fu programmato?

Senza ombra di dubbio. Non si ammassano armi, non si suona la campana a distesa, non si radunano centinaia di persone senza un’organizzazione e senza la promessa dell’impunità, garantita da coperture anche ad alto livello.

Di cosa avevano paura gli abitanti di Itri a causa della presenza dei sardi nel loro comune?

Gli abitanti di Itri si lamentarono a lungo per l’atteggiamento provocatorio, a loro dire, degli operai sardi. In sede dibattimentale, gli avvocati difensori degli imputati itrani enumerarono una serie lunghissima di episodi che avrebbero, sempre a loro dire, scatenato la rivolta popolare: piccoli furti, stupri, aggressioni e minacce. Peccato, però, che, così come sostenuto dall’avvocato Nardone sulla base di dati statici raccolti nelle preture del circondario, non ci fosse tracce di tali presunti numerosi reati attribuiti ai lavoratori sardi. I reati di questi ultimi, infatti, erano nella media. C’è un altro dato importante: nel cantiere di Fondi, gli operai sardi erano assai di più di quelli di Itri. Eppure, la popolazione di Fondi non si sognava di dare la caccia al sardo, perché tra tutti gli operai impiegati nel cantiere era quello che spendeva di più.

Se non ci fossero stati gli avvocati della lega...la situazione sarebbe divenuta ancora più tragica...

Forse sì o forse no. Dalla documentazione che ho potuto consultare risulta che la camorra, l’impresa Spadari e i politici di Itri cominciarono a mettere gli operai sardi nel mirino, quando questi si rifiutarono di pagare il pizzo sul salario, come sembra facessero tutti gli altri lavoratori provenienti dalle altre regioni d’Italia. Il rifiuto di accettare l’imposizione camorristica e mafiosa per eccellenza fu considerato pericolosissimo per la camorra e l’impresa. Pericolosissimo perché poteva essere imitato dagli altri lavoratori. L’organizzazione sindacale, alla quale gli operai sardi diedero il contributo decisivo, fu vista dalla camorra come fumo negli occhi. Per questo si decise di eliminare i sardegnoli.

La stampa in un primo momento fu plagiata dai politici locali affinché passasse sotto silenzio gli efferati eventi...

Non c’è dubbio. Tutti i giornali nazionali e locali pubblicarono la stessa velina confezionata dalla camorra, dall’impresa Spadari e dai politici di Itri. Solo qualche giorno dopo, quando la Camera del Lavoro di Roma decise di inviare un suo esponente a svolgere un’indagine conoscitiva sui luoghi del massacro e quando il quotidiano di Sassari La Nuova Sardegna cominciò a pubblicare la versione dei fatti fornita dai superstiti, tutti furono costretti a prenderne atto e a rettificare le prime notizie. Purtroppo, la stampa nazionale si disinteressò assai presto del massacro di Itri.

Quindi furono tutti assolti... La giustizia che aiuta il potere a nascondere le proprie vergogne... Sembra di trovarci in un ante litteram della strage di Ustica...

Il processo, celebrato in corte d’assise a Napoli, assolse tutti gli imputati. Tranne quelli contumaci che furono condannati, ma che non scontarono neanche un giorno di prigione. Si trattò di una sentenza incredibile. Invito i lettori a soffermarsi particolarmente sulla parte del libro in cui si affrontano gli aspetti processuali della vicenda.

Che lezione possiamo trarre dal massacro di Itri?

Molte lezioni, certamente. Ma una in particolare: quando si agisce strumentalmente sugli istinti più bassi della popolazione, per interessi politici o di carriera personale, si costruiscono mostri che poi non si possono più acquietare.

La storia è maestra di vita oppure continuiamo a sbagliare?

La storia è maestra di vita sempre. Naturalmente, per chi vuole apprendere. Purtroppo, la vita quotidiana ci dimostra che, nonostante tutti gli insegnamenti, continuiamo a sbagliare. Ma non bisogna mai smettere di lottare: per noi stessi e per gli altri.

Il massacro di Itri rimane un fatto tragico della recente storia del nostro paese. Spesso si è cercato di agevolare l’oblio. Tuttavia, non è giusto dal punto di vista etico e morale evitare il dialogo e il confronto su questi e altri fatti. Non nasce nulla di buono quando si spinge a dimenticare le cose. I non si dice o le rimozioni preparano un paese a un futuro quasi sempre molto problematico. Vogliamo questo?


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Il massacro di Itri
23 ottobre 2011, di : Antonio Budruni

per chi continua a negare infiltrazioni camorriste in "Terra di lavoro", può essere interessante leggere la notizia riportata su "La Repubblica" di oggi, 23 ottobre, a pag. 9: "Latina,vetrine sfondate e pc distrutti nella sede di Libera". Più ci si dà da fare per negare l’esistenza di organizzazioni criminali in quell’area e più la storia (e la cronaca)ci confermano del contrario. Antonio Budruni
    Il massacro di Itri
    8 maggio 2019, di : nello oggianu

    Sarebbe bello riproporre cinematograficamente i fatti anche romanzando la storia che interseca bugerru con itri fino al preludio della prima guerra mondiale.