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Il giornalismo come esercizio della libertà - Intervista a Fabrizio Gatti (2)

Assegnato a Fabrizio Gatti il Premio Fava - Intervista al reporter de "L’espresso" incontrato al Cine teatro King di Palazzolo A. (Sr) durante la conferenza sul giornalismo d’inchiesta organizzata da Agire Solidale.

di Donatella Guarino - mercoledì 10 gennaio 2007 - 3416 letture

È emozionato Fabrizio Gatti. A lui la Fondazione Fava ha attribuito il Premio Nazionale Giuseppe Fava 2007, consegnato a Catania il 5 gennaio, proprio nel giorno dell’anniversario della morte del giornalista ammazzato dalla mafia nel 1984.

Il nome di Fabrizio Gatti è legato a grandi inchieste giornalistiche. Ad un modo libero di fare giornalismo. Egli crede in quello che fa. Il suo modo di concepire il giornalismo è quello stesso che era di Giuseppe Fava - che Gatti non ha conosciuto personalmente ma dal quale ha appreso la grande lezione del reporter che ha voglia di raccontare le cose, di raccontare la verità che è lì per essere raccontata - .

A lui “L’Espresso” (il giornale per cui lavora) questa settimana ha dedicato la copertina. È l’inviato speciale che, fingendo per un mese di essere un addetto alle pulizie, ha scritto ancora una delle sue memorabili inchieste giornalistiche - dopo quelle sui centri di permanenza temporanea degli immigrati a Lampedusa e quella sul caporalato mafioso legato alle migrazioni degli extracomunitari in Puglia, nel foggiano – questa volta “curiosando” nei reparti del Policlinico Umberto I di Roma, e scoprendo una realtà drammatica, incivile, dove sono stati negati i diritti dell’uomo e del malato, realtà che è sotto gli occhi di tutti ma che è comodo, e più facile, fingere di non vedere.

Ha uno sguardo fermo, diritto. Come ferme, decise, sono le sue parole…

Lei ha affermato che in una inchiesta è importante l’autore ma anche il pubblico. Mi sembra una interessante chiave di lettura…

“Il giornalista non è una persona che vive al di fuori del mondo; è un cittadino al quale il sistema democratico affida un lavoro che è quello di andare a vedere e poi raccontare ad altri cittadini. Ma ciò non servirebbe a nulla se per esempio il giornalismo d’inchiesta rimanesse fine a se stesso”.

Qual è, dunque, il ruolo del lettore, del cittadino?

“Il compito è quello di assumersi la responsabilità di decidere – e si decide quando si è informati altrimenti non si può essere liberi – e di migliorare le cose. In questo senso l’inchiesta ha due autori: giornalista e pubblico. Il giornalista deve fare i conti con la realtà che lo circonda e le inchieste possono anche cadere nel vuoto; e in Italia c’è poca possibilità di fare le inchieste giornalistiche. Lo dimostra il fatto che in Parlamento c’è un gran numero di persone che sono state condannate…”.

Sembra quasi normale una situazione di questo tipo…

“Infatti, è questo l’aspetto più drammatico e più pericoloso, perché vuol dire aver limitato la propria libertà. L’onestà della politica – che è occuparsi dell’interesse di tutti i cittadini – è uno dei beni che i cittadini devono pretendere perché se rinunciano a questo vuol dire che qualcosa non ha funzionato, o che è stato condonato o perdonato qualcosa”.

Crede che in Italia ci sia libertà d’informazione?

“No, altrimenti non ci sarebbero episodi di giornalisti uccisi come Giuseppe Fava e di giornalisti isolati o dimenticati; o non ci sarebbero scrittori come Roberto Saviano, costretto a vivere sotto scorta per quello che ha scritto (che è la sacrosanta verità). Non ci sarebbero regioni sottoposte al peso della criminalità. La libertà è un diritto, è uno status che nessuno ci regala e il giornalista esercita uno degli ambiti della libertà; poi è necessario che ci siano i cittadini che applicano questa libertà, altrimenti questo lavoro cade nel vuoto”.


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Il giornalismo come esercizio della libertà - Intervista a Fabrizio Gatti (2)
22 marzo 2007, di : cleopatra

Purtroppo non sono daccordo il giornalismo come esercizio della libertà? ma quale libertà? io sono stata vittima di una ingiustizia eclatante e ho chiesto appoggio e collaborazione ad alcuni giornalisti di giornali locali e non. Mi hanno dato ragione, ma non hanno sposato la mia causa. Mi rendoconto che non è una storia semplice e che la controparte è ben messa e portata, pero’ occultare sicuramente non porta ad alcun risultato, ho lottato con tutte le mie forze per ben 6 mesi. Mi sono ritrovata sempre piu’ sola, fino a quando mi sono resaconto che era una battaglia persa in partenza e mi sono arresa alla dura Legge del piu’ forte, Ma la cosa che piu’ mi ha sconcertata è stato l’atteggiamento dei giornalisti con i quali ho parlato. Questo è il sistema è bisogna adeguarsi se si vuole sopravvivere. Dunque i nostri cari amici politici hanno il tacito assenso di alcuni giornalisti nei loro inciuci. Questa è l’amara conclusione a cui io sono arrivata.