Il format del rettore

L’Università a difesa delle riforme

di Adriano Todaro - martedì 31 maggio 2016 - 3044 letture

Master, Ph.D., Miur, Crui, Crus, Coep, A.Pro.M., Prin. Sono solo alcune sigle, acronimi della strepitosa carriera del rettore dell’Università di Catania, Giacomo Pignataro, di quel di Caltagirone. Pignataro è nato nella città che ha dato i natali all’inventore della Celere, Mario Scelba ma anche a Luigi Sturzo e Silvio Milazzo.

Classe 1963, il rettore dell’università catanese è diventato celebre per aver tolto la parola a uno studente che, molto civilmente, stava contestando le tesi della Madonna dei Boschi Fioriti su Italicum e nuova Costituzione. Eppure non è tanto questo che mi ha colpito quanto piuttosto la frase che ha utilizzato per togliere la parola allo studente Alessio Grancagnolo: “Questo è un incontro tra il ministro e gli studenti: non era previsto alcun contraddittorio, chi non gradisce il format può anche non partecipare”.

Chi non gradisce il format”? Ma come parla questo qua? Il format? Format sta per formato ma si usa, specialmente, in campo televisivo e mi sa che il nostro Giacomo di televisione ne vede tanta. Se vado a cercare sul dizionario questa espressione, mi si chiarisce che significa “programma di tipo seriale, realizzato per il mercato internazionale con adattamenti vari per i diversi pubblici nazionali”.

Ne consegue che all’Università di Catania hanno fatto un programma “di tipo seriale” con la bella Elenuccia come protagonista e il Giacomo come spalla. Un programma “realizzato per il mercato internazionale”. Ve lo immaginate voi come saranno contenti, chessò, in Australia vedere Giacomino ed Elenuccia nella fiction Tv sull’Università e la Costituzione? Roba da scompisciarsi dalle risate che neppure J.R. di Dallas poteva competere.

Ora uno che ha un master conseguito presso l’Università di New York, ex Presidente della Scuola Superiore di Catania, Presidente dell’Associazione Italiana di Economia Sanitaria, componente del Comitato dei Principi Contabili del Ministero dell’Economia e delle Finanze, membro del Comitato Strategico del progetto ministeriale che si occupa di definire un nuovo sistema di misurazione e valorizzazione dell’attività delle strutture ospedaliere, membro della Giunta esecutiva della Conferenza dei rettori e tanto altro, può esprimersi in questo modo? E, soprattutto, può togliere la parola a uno studente, all’interno dell’università luogo deputato al dibattitto e alla cultura?

In realtà sì. Se Scelba odiava il “culturame” e Milazzo faceva umma umma con Macaluso, perché mai Giacomo non può togliere la parola e parlare con espressioni moderne, televisive consone alla Nuova Era luminosa sotto la guida del nostro Caro Premier?

Noi, comunque, non siamo ancora soddisfatti. Abbiamo in bocca un certo retrogusto amaro che ci obbliga a investigare con più attenzione sul personaggio, su questo Giacomo da Caltagirone e così ci siamo di nuovo messi a studiare, con più attenzione, il curriculum del nostro amato e democratico rettore. E alla fine abbiamo capito. Abbiamo compreso perché si era espresso in quel modo, perché aveva parlato di format. A un certo punto del suo curriculum, c’è una frase che chiarisce il tutto e che, a una prima sommaria lettura, c’era sfuggita. Dovete sapere che Giacomo Pignataro, dal giugno 2015, è anche “Responsabile dell’antenna regionale”.

Che cosa sia di preciso non lo sappiamo. Sappiamo, però, che l’antenna regionale fa parte dell’Associazione per il Progresso del Mezzogiorno. Urca che bella associazione! Se Giacomo il Rettore è il responsabile dell’antenna regionale, allora aveva ben donde di parlare televisivamente.

Il Sole-24 Ore ha presentato, nei giorni scorsi, la ricerca Istat sul nostro Paese. Dal 2008 al 2014, i giovani che non studiano e non lavorano sono aumentati di mezzo milione.

Mi sa che questi hanno sbagliato format.


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