Il demone della "volontà generale"
La "volontà generale" dovrebbe essere la base delle dinamiche democratiche. Invece, lo è di regimi didattoriali e sanguinari.
Jean-Jacques Rousseau coniò tale espressione in riferimento a uno dei scritti fondamentali del settecento europeo. Il suo "Contratto Sociale".
In cosa consiste la "volontà generale"? Dovrebbe essere la volontà collettiva del corpo politico - cioé noi cittadini - che mira nell’interesse comune. Essa risiede nel popolo e si manifesta attraverso la legge votata dal popolo riunito in assemblea. L’effetto più immediato è quello di garantire la libertà stessa del cittadino anziché limitarla. Il cittadino, a sua volta, poiché ha partecipato al processo deliberativo attraverso "la volontà generale" è sovrano e nello stesso suddito. Un suddito libero in quanto obbedendo alla legge che ha concorso a fare obbedisce a una "volontà" che è anche la sua sua. Una "volontà" che indica il suo anelito versao la giustizia.
Naturalmente tale principio - quella della "volontà generale" - è fattibile in entità politiche di piccole dimensioni. Infatti, Jean-Jacque Roussseau pensava alla sua Ginevra. Per lui l’entità statale perfetta era la città-stato.
Obiettivo primario della "volontà generale" è il combattere le volontà particolari. Ovverossia gli interessi singoli e di gruppi. Non per nulla appunta la sua attenzione sulla differenza sostanziale fra "volontà generale" e "volontà di tutti". La prima rappresenta la coralità del corpo politico che presciende dagli interessi particolari. La seconda, al contrario, è da considerarsi sommatoria di interessi particolari.
Altra riflessione. La "volontà generale" significa maggioranza. Per quale motivo. Ricordiamoci che la "volontà generale" non è la "volontà dei più". Ma nella pratica dei processi decisionali diventa la "volontà dei molti". Ciò perché per Jean-Jacques Rousseau ci deve essere un momento di sintesi fra la volontà del popolo, dell’individuo e dello stato. Così da fondare il principio della "sovranità popolare".
C’è un altro problema. Allora si può pensare alla "volontà generale" come alla base del principio della democrazia rappresentativa? Non è così. La "volontà generale" appartiene ai principi basilari dell’azione di un popolo alla ricerca di una volontà unificatrice. La democrazia rappresentativa è solo un meccanismo mediante il quale il popolo stabilisce le modalità elettive di propri rappresentanti in seno alle assemblee elettive.
A un primo esame la "volontà generale" sembra essere la pietra filosofale per implementare in una società una reale e condivisa democrazia. Le cose non stanno in questi termini. Il "Contratto Sociale" ebbe scarsissima diffusione nella Francia pre-rivoluzionaria. Situazione totalmente ribaltata allorquando a partire dal 1789 la Francia fu scossa da un impetuoso e violento vento rivoluzionario che distrusse dalle fondamenta l’ "ancien regime" per dare vita al mondo moderno come noi lo conosciamo. La "volontà generale" divenne per i rivoluzionari francesi la modalità operativa principale. Anzi, un’autentica ossessione tanto da trasformare un principio democratico in un principio di pura prevaricazione delle libertà personali dell’individuo.
La "volontà generale" assurse al rango di demone in nome al quale tutto era lecito. Prima veniva la "volontà generale" poi tutto il resto. Una "volontà generale" espressione di una visione didattoriale e sanguinaria delle dinamiche sociali e politiche. Se non se per la "volontà generale" diventi automaticamente nemico della Rivoluzione Francese. Artefice di tale dramamtica trasformazione della "volontà generale" in strumento di oppressione e violenza ceca fu Maximilien de Robespierre. Il demiurgo del Terrore. Un periodo di inaudita ferocia in cui migliaia di francesi furono inviati al patibolo solo perché intendevano esprimere la loro opinione.
Jean-Jacques Rousseau avrebbe immaginato che la sua "volontà generale" avesse deviato in maniera sì dramamtica dall’originale elaborazione ideologica e teorica? Certamente che no. Grazie alla Rivoluzione Francese la "volontà generale" divenne un principio quasi religioso secondo il quale chi rappresenta la "volontà generale" ha il diritto di fare ciò che vuole. Il principio della "volontà generale" ha un grave difetto procedurale. Non si sa come si forma. Perciò da adito ad azioni di puro arbitrio sia nella sua definizione che nella pratica. Di questo pericolo furono ben conscii padri del Liberismo quali Alexis de Tocqueville o Benjamin Constant che denunciarono il fatto che la "volontà generale" poteva diventare con estrema facilità un principio di prevaricazione del rispetto della dignità dell’uomo e dei principi costituzionali della democrazia.
Avvertimento sempre attuale. Soprattutto quando iniziarono a codificarsi pensieri politici definiti "ideologie" che si arrogavano il diritto di rappresentare "ispo facto" la volontà di tutti e proprio per questo motivo autorizzate a compiere tutti gli atti possibili per perseguire questo obiettivo. Ma la "volontà generale" a questo punto era diventata uno specchietto per allodole dove si celavano azioni tese soltanto all’annientamento della personalità umana ed a instaurare regimi didattoriali e/o totalitari che asservissero i deliranti egocentrismi tendenti al "culto della personalità". Vedasi Stalinismo, Fascismo e Nazismo. Ma anche ciò che sta succedendo in Iraq e Siria ad opera dell’ "Is" non è una conseguenza di questa deriva del principio della "volontà generale"?
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