Il curriculum nascosto

Perché siamo qui: Il senso comune sulle pari opportunità. Introduzione alle lezioni: il curriculum nascosto

di Pina La Villa - martedì 3 maggio 2005 - 5259 letture

Perché siamo qui: Il senso comune sulle pari opportunità

Una ricerca sui testi - articoli, saggi, percorsi, interventi - che circolano su giornali, riviste, rete soprattutto da fonti relative alle pari opportunità, alle donne etc. ci dice subito che siamo qui per colmare un’ingiustizia. E forse è vero. Le ragazze hanno avuto sempre la peggio nell’educazione, destinate prima al loro destino esclusivo di mogli e madri, poi ad essere penalizzate per quanto riguarda salari e carriere, e ancora oggi a costituire il maggior numero di disoccupate in Europa, anche a causa di un particolare percorso formativo, che emerge in maniera interessante soprattutto da un articolo su Città d’utopia, “Donne e istruzione superiore nel Sud d’Italia”, relativo a una ricerca nell’università della Calabria:

Alcuni dati A.A. 1995-96 , le donne rappresentano il 52,6% di iscritte, contro il 46,8% di dieci anni prima. Il grado di istruzione delle donne meridionali tende ad essere polarizzato tra un livello molto basso (licenza elementare) e uno molto alto (laurea), mentre i maschi appaiono maggiormente presenti ai livelli intermedi. L’altro dato interessante è che le studentesse presentano indici di regolarità e di successo maggiori dei coetanei. Occorre però fare attenzione al fenomeno della “segregazione” o “autosegregazione”. Le donne sono il 23,9 % nel gruppo di ingegneria e l’80% nel gruppo letterario(predilezioni verso i percorsi formativi piuttosto che verso quelli professionalizzanti, col grande rischio in un “mondo in cui è prevedibile un’applicazione crescente e diffusa delle tecnologie avanzate (dall’informatica alle telecomunicazioni) in tutti i settori di lavoro” . Ognuno di noi poi è a conoscenza del permanere di differenze nelle scelte e nei modi di comportarsi da parte dei nostri alunni. Io insegno in quattro classi, due del liceo linguistico e due del liceo tecnologco: nel primo netta prevalenza femminile, nel secondo leggera prevalenza maschile.

Modelli di interpretazione Sulle cause di tale differenziazione esistono tre diversi modelli interpretativi: il primo modello fa riferimento alla presunta differenza naturale di attitudini tra maschi e femmine per cui le ragazze sarebbero più portate verso le attività di tipo relazionale, assistenziale e di cura (l’insegnamento sarebbe la sintesi per eccellenza di tali caratteristiche attitudinali). Da questo punto di vista la differenza dei percorsi sarebbe naturale e positiva e non costituirebbe quindi nè un problema da porsi, nè tantomeno una situazione su cui effettuare interventi.

Il secondo modello si richiama invece alla dimensione di doppia presenza dell’attività femminile divisa tra carriera e carichi familiari con l’esigenza di conciliarli al massimo e quindi di orientarsi verso quegli ambiti lavorativi che risultano meno impegnativi e lasciano margini per rivestire il doppio ruolo (dell’insegnamento sarebbe allora soprattutto apprezzato l’orario ridotto rispetto alla maggior parte delle professioni).

Il terzo modello è abbastanza vicino al secondo, ma tende ad assimilare esplicitamente la condizione femminile a quelle dei gruppi subalterni cui vengono lasciati sia nei percorsi formativi che nelle conseguenti posizioni lavorative i settori socialmente più marginali e meno apprezzati, di cui l’insegnamento sarebbe il tipo.(da un articolo apparso su "Scuola e Città", 1991, 5)

Credo che se siamo qui, stiamo automaticamente escludendo il primo modello. (Ma aspettiamo a toglierlo definitivamente. Vedremo che dalla battaglia egualitaria del settecento all’attuale dibattito in seno al femminismo, alla stessa tematica delle pari opportunità, il problema è sempre di capire i concetti di uguaglianza e diversità, e i rapporti tra natura e cultura.)

La descrizione del secondo modello e del terzo modello, che è quella che più si avvicina alla filosofia delle pari opportunità, ha bisogno di qualche considerazione in più.

Implicano, per esempio, i due modelli, che la condizione femminile attuale - e stiamo parlando dell’Italia, non abbiamo ambizioni di spostarci altrove - sia ancora quella o di un gruppo subalterno e marginale, o di una figura femminile considerata “diversa” - e sulla qualità di questa diversità occorre interrogarsi - e il cui ruolo è quello principale della cura, anche se non le vengono negate altre attività.

Implicano anche l’idea che tutto questo non è giusto e che si debba fare in modo che le opportunità siano uguali, per maschi e femmine.

Implicano anche che nella scelta delle ragazze - ma perché non parlare anche delle scelte dei ragazzi? - influisca in maniera determinante l’educazione e l’istruzione scolastica, almeno per la parte che le compete.(Teniamo presente che nell’era di Internet, della Tv satellitare, del cinema, insomma della cultura di massa, il posto che rimane alla famiglia e all’istruzione si è comprensibilmente ridotto.) E qui che ci soccorre in maniera particolare il concetto di genere elaborato da alcune storiche ( ha cominciato Joan Scott) che parlano appunto di costruzione sociale del genere. Staimo attente, però - è questo sarà l’argomento delle mie lezioni - che non ci illudiamo di costruirlo noi, una nuova distinzione o uguaglianza fra i generi. Non si tratta di questo. E’ la storia che costruisce particolari “differenze” di genere e particolari “relazioni tra i sessi”. A noi il compito di conoscere queste “costruzioni” e di smontarle, cioè di riportare le differenze, gli sterotipi, alle loro origini sociali e di educare quindi alla libertà i nostri ragazzi.

Qualche anno fa è uscito un libro di L. Kaplan, una psicologa americana, dal titolo Le perversioni femminili. Le tentazioni di Emma Bovary. La tesi è che le perversioni (maschili e femminili) non sono altro che il frutto della fissazione in uno stereotipo. Il trauma, e la perversione, nascono nel momento in cui la persona vede negate le sue personali inclinazioni in nome di uno sterotipo di genere.

Occupiamoci adesso di noi.

Il curriculum nascosto. Studi recenti suggeriscono che il comportamento degli educatori è un fattore determinante nella creazione della differenza tra i sessi. Dopotutto è a scuola che maschi e femmine imparano a diventare uomini e donne, attraverso quello che i sociologhi chiamano “curriculum nascosto” (cioé tutto ciò che si acquisisce senza una specifica menzione) Questi studi dicono inoltre che gli insegnanti interagiscono in modo diverso a seconda che si rapportino con i maschi o con le femmine. Insomma, al di là di ciò che insegnamo, vale il come lo insegnamo, come ci poniamo nei confronti degli alunni, che sono diversi, maschi e femmine, svantaggiati o avvantaggiati culturalmente e socialmente, a via di seguito.

L’idea che esista un curriculum nascosto richiama il concetto di stereotipo, di cui noi insegnanti, oltre che le famiglie e le altre “agenzie educative”, siamo portatori.

Lo stereotipo è un sistema economico di pensare e agire. Ma è anche un sistema ingiusto, a pagarne le conseguenze siamo tutti, perché nessuno di noi, per quanto goda di un buon inserimento in uno stereotipo positivo, può accettare di essere ridotto a tipo.

Ovviamente pagano di più i ragazzi/le ragazze che si stanno formando, e in cui lo stereotipo indurrà inevitabilmente una violenza, rispetto ai loro reali bisogni, desideri, capacità, inclinazioni.

Anche nella politica e nelle iniziative legate alle pari opportunità sono in atto degli stereotipi. Per esempio l’idea che le facoltà di ingegneria siano meglio di quelle umanistiche, o che lavorare notte e giorno, essere dirigente e guadagnare tantissimo sia sempre necessariamente un fatto positivo, qualcosa che le donne invidiano agli uomini ma che per qualche ragione non riescono a fare, impedite dai pregiudizi, dai condizionamenti eccetera.

Una delle prime cose che mi viene in mente a questo proposito è che il compito degli insegnanti potrebbe essere quello di lavorare sui luoghi comuni, smontarli, smontare e “demistificare” - per usare un termine antico - le immagini, gli stereotipi.

Di nuovo i concetti di stereotipo e di curriculum nascosto, quello che ci portiamo dietro.

Curriculum nascosto: siamo convinti che non esiste una differenza “naturale” una inclinazione diversa tra ragazzi e ragazze? Siamo convinti che è tutta una questione di liberare le potenzialità di ognuno e di educare alla libertà di scelta, e quindi a un grado maggiore di consapevolezza di sé rispetto a quanto non accada ora?

Io credo di si, ma credo che se non si rafforzano, le convinzioni si trasformano, cedono il campo alla forza della “presunta” realtà . Certe convinzioni occorre verificarle, sperimentarle, approfondirle. Perché noi comunichiamo prima di tutto ciò che siamo, ciò che siamo e pensiamo veramente, non quello che i programmi o i corsi o le tecniche ci consentono di trasmettere.


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