Il Quarto Stato e oltre
Giuseppe Pellizza da Volpedo a Milano
Pellizza da Volpedo. I capolavori
Galleria d’Arte Moderna - Milano
A cura di Aurora Scotti e Paola Zatti
Sino al 25 gennaio 2026
Ad alcuni pittori, registi, filosofi, narratori accade che il grande successo di una loro opera rischi di oscurare il resto. Un destino certamente negativo. La Grande Opera, infatti, non germina da sola ma dallo sguardo costante e procedente, dalla tenacia lungo gli anni, da prove riuscite, da percorsi abbandonati, da un’intera vita di pensiero e di bellezza.
Il Quarto Stato di Giuseppe Pellizza da Volpedo (1868-1907) è certamente un’opera fondamentale della pittura europea. Dipinto tra il 1898 e il 1901 raggruma la sapienza storica e formale di questo artista - anche nel suo evidente richiamo alla Scuola di Atene di Raffaello - ed è insieme una sintesi dell’epoca nella quale visse, gli anni nei quali la classe operaia stava al centro - nella lotta e nella repressione - delle dinamiche che hanno reso veloce e tragico il Novecento.
Pochi anni prima del dipinto più celebre di Pellizza - nel 1881- Giovanni Verga raccontava la miseria di altre terre, di Aci Trezza, piangeva il naufragio dei Malavoglia. Un quadro del 1894 mi ha ricordato il romanzo. Si intitola Il ritorno dei naufraghi e sembra proprio di vedere il dolore di quella famiglia.
Di terra, del lavoro della terra, è invece indice lo splendido Vecchio Mulino a Volpedo (1903), senza presenze umane e con il gioco di ombra e di luce in volumi che sembrano cubisti.
Oggi, 2025, i dipinti di Pellizza che raffigurano la fatica e la vita delle classi oppresse offrono la malinconia di una sconfitta, la sconfitta del lavoro rispetto alla proprietà (chiamata dai vincitori anche ‘globalizzazione inclusiva e accogliente’), la vittoria della finanza nella lotta di classe contro il resto della società. Il dramma è che molti degli sconfitti non sanno di esserlo e appaiono ancora più rassegnati dei contadini cristiani che per secoli hanno attribuito la loro sottomissione e miseria al ‘Sia fatta la volontà di Dio’. Nel nostro continente gli schiavi contemporanei si rassegnano pensando: ‘Sia fatta la volontà dell’Unione Europea’. Ne viene confermata la tesi di Heidegger per la quale «es gibt Sklavenmärkte, bei denen die Sklaven oft die größten Händler sind (Ci sono mercati degli schiavi nei quali gli schiavi stessi sono spesso i più grandi mercanti)» (Heidegger, Quaderni neri 1931-1938, VI, § 56).
Ma Pellizza non è solo Il Quarto Stato. La mostra alla Galleria d’Arte Moderna (GAM) di Milano ben lo dimostra, raccogliendo ed esponendo molte (circa quaranta) delle sue luminosissime tele, nelle quali persino le ombre rilasciano luce. Una caratteristica che si può apprezzare soltanto in presenza e mai nelle foto, nei video, da remoto. A conferma che visitare le mostre è indispensabile per chiunque voglia davvero godere la pittura e la scultura (ovvietà che l’epoca della IA, dell’informazione artificiale, rende necessario ribadire).
Mistiche immersioni nella luce sono dunque i quadri di Pellizza da Volpedo. Un’arte del tutto simbolica e insieme profondamente sociale, che ha forse il suo esempio maggiore in un abbagliante Sole nascente (1904)
Godute nelle sale di uno dei più grandi Palazzi neoclassici di Milano, la Villa Reale oggi sede del GAM, le opere di Pellizza confermano che questa è una città nel suo cuore ottocentesca, nonostante il futuro. Perché «il futuro ha un cuore antico», come Carlo Levi intitolò il racconto del suo viaggio in Unione Sovietica nel 1955, libro nel quale scrisse che «i sovietici sono rimasti i custodi dei sentimenti e dei costumi dell’Europa, di quando l’Europa era unita, e credeva, tutta intera, in alcune poche verità ideali e aveva fiducia nella propria esistenza». La fine del Quarto Stato è parte della fine di questa Europa.
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