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Il Libro Verde del Ministro Tommaso Padoa Schioppa

Si tratta di un documento che per la prima volta fotografa l’Italia con una precisione scientifica d’insieme mai vista prima. Un coraggio per cosa?

di Emanuele G. - sabato 29 settembre 2007 - 3756 letture

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Politica Economica

Molti discettano di “declino”, di “antipolitica”, di “casta”, di “manifesto dei coraggiosi” e altro ancora. A mio parere tale ginepraio di opinioni e prese di posizioni apporterà ben poco al problema fondamentale: il rilancio dell’Italia. Noto, a malincuore, che tutto questo muoversi porta il nostro Paese in uno stato di indefinita immobilità. Eppure la recente storia dovrebbe ammaestrarci. Nel senso che spesso si grida alla voglia di cambiare per poi addivenire a esili riforme. La questione della situazione presente dell’Italia è, pertanto, da porsi in una drammatica dicotomia. Da un lato, un sistema bloccato ondeggiante fra populismi e accentuato spirito di conservazione. Dall’altro, tutta una serie di problemi che, invece, di essere risolti ci condannano a veder scemare il nostro tipico “ben vivere”.

Ci sono soluzioni? Intendo dire soluzioni concrete, oneste e reali? Io penso di si e vorrei indicarne una. Il 6 settembre è stato presentato il “Libro Verde sulla Spesa Pubblica” voluto dal Ministro all’Economia Tommaso Padoa Schioppa e realizzato dalla Commissione Tecnica per la Finanza Pubblica. Non sapete l’emozione che ho provato nel leggere le 149 pagine che compongono il “Libro Verde”. Un’autentica ventata di novità in un’Italietta rinchiusa in sé e nei suoi problemi. Finalmente, una terza via, reale e percorribile, fra la facile demagogia e l’auto-conservazione più bieca. Capisco che in una Paese “cicala” come il nostro termini come analisi, discernimento, organizzazione, pianificazione e programmazione non siano popolari, ma è l’unica strada possibile.

Vi ricordate quando Ugo La Malfa sul finire degli anni sessanta/inizio anni settanta tuonava contro l’esplosione della spesa pubblica oppure contro la disoccupazione, i problemi del mezzogiorno e l’eccessivo peso della burocrazia? Era considerato un vecchio da collocare a riposo. Voglio sperare che questo non accada al nostro Ministro dell’Economia. Persona capace di unire in sé rigore scientifico e rigore morale. Aspetti tesi a delineare un’adiamantina onestà intellettuale. Voglio sperare, ancora, che l’Italia tutta prenda in debito considerazione il “Libro Verde” e inizi un percorso di applicazione concreta e risoluta delle indicazioni ivi contenute. Sarebbe deprecabile, per lo meno, considerare tale innovativo strumento di Politica Economica e Sociale un mero saggio scientifico. Nulla di più errato e fuorviante.

Prima di iniziare una breve disamina dell’articolato del “Libro Verde” ritengo fare cosa opportuna riportare per intero la presentazione in quanto rende evidente il forte impegno civile del Ministro e dei suoi collaboratori nel corso della relativa elaborazione.

“…1. Il ritorno a una crescita economica prolungata è indispensabile all’Italia per mantenere o raggiungere livelli di benessere, qualità della vita, sicurezza sociale, tutela dell’ambiente, eccellenza tecnica e scientifica, influenza internazionale corrispondenti alla sua ambizione di paese industriale avanzato. Vi sono alcuni segni promettenti che fanno sperare, ma molto resta da fare. Poiché la nostra popolazione è stabile o in calo, la ripresa congiunturale in atto può trasformarsi in crescita solo se la produttività, che è in stallo da anni, riprende a sua volta ad aumentare con continuità. Ciò deve avvenire nella intera economia, non soltanto nei settori esposti alla concorrenza estera; in particolare, la produttività deve aumentare strutturalmente nel settore pubblico, che è circa la metà del totale e che fornisce ai settori produttivi servizi essenziali quali sicurezza, istruzione, legalità, infrastrutture, trasporto, innovazione. Nella nostra spesa pubblica ciò che lascia a desiderare non è tanto il suo elevato livello (circa il 50 per cento del prodotto interno lordo, leggermente superiore alla media europea), quanto la qualità insufficiente rispetto ai bisogni del Paese. Riqualificare la spesa è perciò divenuto un imperativo urgente e ineludibile; per lo Stato, ma anche per Regioni, Province e Comuni. Solo attraverso una forte riqualificazione nell’uso delle risorse che i contribuenti conferiscono alla collettività, governi e amministrazioni possono sospingere la crescita, elevare il benessere, rinsaldare il loro rapporto di fiducia con la società, offrire una prospettiva ai giovani. Per rilanciare la sua produttività, il settore pubblico deve imperativamente accrescere il proprio capitale, materiale e immateriale. Oggi, l’insufficienza di strade blocca la mobilità di intere regioni, le università e gli istituti di ricerca mancano di posti per giovani scienziati, il materiale rotabile delle ferrovie è vecchio e insufficiente, le infrastrutture a sostegno del turismo sono carenti, i tecnici e gli ingegneri scarseggiano negli uffici, le forze armate e quelle di polizia faticano a reclutare personale adeguato alla elevata tecnicità delle prestazioni richieste. Sono tutti segni di uno stato di grave sottocapitalizzazione cui è urgente porre rimedio. Nuovi investimenti sono dunque indispensabili. Senza maggior crescita è arduo anche conseguire maggiore equità sociale, perché la ridistribuzione del prodotto esistente non può dare risorse sufficienti a sviluppare l’intervento in campi ancora poco curati. Lo stato sociale italiano stanzia per la sanità e la previdenza un ammontare di risorse pari e talvolta superiore agli altri paesi europei, raggiungendo – soprattutto nella sanità – punte di eccellenza; ma non fa ancora abbastanza per alleviare le situazioni di povertà, l’emarginazione, la disoccupazione dei giovani connessa al lavoro flessibile. Vediamo segni incoraggianti di una presa di coscienza di questa condizione complessiva; ma vediamo anche il rischio che essa si incanali verso una inqualificata protesta fiscale anziché verso i suoi due più giusti e urgenti obiettivi: maggiore equità nella distribuzione del carico tributario (ottenibile solo con il riassorbimento dell’evasione fiscale) e maggiore efficienza delle pubbliche amministrazioni (ottenibile solo con rinnovato rigore amministrativo e con premi al merito). Non ci dobbiamo stupire se, quando i servizi pubblici non sono soddisfacenti, quei cittadini e quelle imprese che pagano tutte le imposte dovute sentono la pressione fiscale come un peso inaccettabile, troppo gravoso e iniquo. Ciò accade soprattutto quando l’evasione fiscale è, come è in Italia, eccezionalmente elevata (la si stima nell’ordine di 100 miliardi l’anno, circa 7 per cento del PIL). Ecco perché la qualità insoddisfacente della spesa non solo frena la crescita, ma mina anche il rapporto di fiducia tra il cittadino e il potere, tra sfera privata e sfera politica del corpo sociale.

2. In condizioni normali, un paese potrebbe far fronte alla impellente necessità di accrescere la sua dotazione di capitale fisico e umano facendo temporaneo ricorso al credito nell’attesa che l’investimento dia i suoi frutti. L’Italia non può farlo. Ha già accumulato un debito enorme, che costa in interessi circa 70 miliardi di euro l’anno e pesa su una giovane generazione del tutto incolpevole. Deve ora ridurre quel peso senza indugio. Proprio negli anni in cui il debito più lievitava, l’Italia ha gravemente impoverito il capitale; e oggi la crescita è lenta anche perché l’accumularsi di quel debito non è stato, purtroppo, accompagnato da un corrispondente aumento degli investimenti in infrastrutture materiali e immateriali. Le risorse sono scarse e continueranno ad esserlo per gli anni futuri. Dopo cinque anni di interruzione del risanamento, i conti sono stati faticosamente portati fuori dall’emergenza con la Finanziaria per il 2007. Non è in alcun modo pensabile di abbandonare gli obiettivi di pareggio del bilancio e di discesa del debito al di sotto del 100 per cento per la fine della legislatura in corso. Ma è già possibile orientare l’azione di bilancio alla crescita e all’equità sociale. La difficile sfida consiste dunque nel combinare: i) aumento del contributo del bilancio alla crescita; ii) progressiva riduzione del carico fiscale sui contribuenti che hanno fatto il loro dovere; iii) alleggerimento del peso del debito. C’è un solo modo per vincere questa sfida: spendere meglio. Vi è un ampio spazio per riuscirci. Alcuni risultati possono essere ottenuti con l’eliminazione dello spreco, la correzione di fenomeni di cattivo costume portati alla luce anche di recente, la riduzione dei costi della politica. Altri, quantitativamente più rilevanti, potranno essere conseguiti solo incidendo sulla organizzazione degli uffici, sulla loro dislocazione territoriale, sulle strutture dell’amministrazione e sulla gestione delle risorse, adeguando le strutture ai nuovi e diversi bisogni, eliminando programmi obsoleti e funzioni anacronistiche. Per fare ciò occorre intervenire sui meccanismi profondi di generazione della spesa, rivedere le priorità in ciascun settore, abbandonare attività ormai superflue, riconsiderare le modalità di definizione dei costi, l’organizzazione della produzione dei servizi resi, sfruttando le possibilità offerte dalle tecnologie.

3. Questo ‘Libro verde sulla spesa pubblica’ è stato preparato dalla Commissione tecnica per la finanza pubblica e vuole essere un primo contributo alla discussione su come spendere meglio. Ringrazio la Commissione, il suo Presidente Professor Gilberto Muraro e chi ha collaborato con lui per avere redatto, nel poco tempo disponibile, questo impegnativo documento. Non si offre, qui, un’analisi esaustiva, tanto meno si delineano interventi; questo è un documento di analisi, non ancora un piano di azione. Ma la sommaria raccolta di elementi presentata in queste pagine basta a rendere evidente un fatto fondamentale: spendere meglio è possibile. In tutti i settori esaminati, e certamente anche in altri che saranno esaminati in futuro, esistono ampi spazi per realizzare sostanziali risparmi e nello stesso tempo migliorare la qualità dei servizi offerti. Il lavoro della Commissione tecnica si inserisce nel complesso delle iniziative avviate dal Governo in materia di bilancio e di allocazione delle risorse: bilancio dello Stato riclassificato in missioni e programmi, per renderlo più trasparente e flessibile; avvio di una revisione sistematica della spesa (spending review) per riconsiderare le priorità e migliorare efficacia ed efficienza delle strutture; allestimento di strumenti e procedure attraverso cui le amministrazioni rendano conto del loro operato; razionalizzazione del processo di definizione della manovra finanziaria; rinnovo della parte normativa dei contratti del pubblico impiego per consentire maggiore produttività, mobilità, riconoscimento del merito; revisione del sistema di finanziamento delle autonomie locali e attuazione del federalismo fiscale. Mio auspicio è che questo documento possa contribuire a dare ulteriore impulso e vigore a queste iniziative, che è compito di ogni amministrazione progettare e realizzare. Allargare l’orizzonte da un’analisi ancora prevalentemente aneddotica a una revisione sistematica della spesa è l’obiettivo dei prossimi mesi. Creare gli spazi per spendere meglio è un imperativo non più procrastinabile.

4. L’intento del Libro verde è di carattere puramente conoscitivo: conoscere per deliberare. Come tale va letto. Ma il Governo, nella sua collegialità e nella responsabilità di ogni suo componente, deve chiedersi come si passi dalla conoscenza all’azione. Mi limito qui a due considerazioni, rilevanti per chi ha funzioni politiche e per chi voglia comprendere la natura della sfida che l’Italia sta affrontando. Esse riguardano le procedure e le motivazioni di una riqualificazione della spesa. Quanto alle procedure, sottolineo che per vincere la sfida in atto occorre il concorso di molte volontà. L’ingente massa di risorse che compone la spesa non è tutta sotto il diretto ed immediato controllo del potere centrale, tanto meno del solo potere esecutivo. In ogni paese moderno, caratterizzato da democrazia politica, articolazione del governo su più livelli e ampio intervento sociale, modificare la quantità e la qualità della spesa pubblica è operazione di grande difficoltà che richiede procedure complesse. Non è un programma di tempi brevi. Quanto alle motivazioni, ritengo che l’azione profonda, prolungata, indispensabile per realizzare una vera riqualificazione dei conti pubblici, non possa essere compiuta senza la spinta congiunta di una passione politica e di una passione amministrativa. La prima, che deve esprimersi innanzi tutto nel Governo e nel Parlamento, è necessaria per definire chiare priorità e individuare dove far affluire risorse aggiuntive, quali programmi abbandonare perché non prioritari, quali rallentare o ridurre. La logica incrementale attraverso la quale ogni programma viene sistematicamente rifinanziato deve essere sostituita da un periodico esame critico delle effettive necessità. La passione amministrativa, il gusto di fare amministrazione, riguarda i Ministri e le Amministrazioni e consiste nel far funzionare meglio i servizi e l’apparato pubblico. Questo è essenzialmente composto di persone. Amministrare significa perciò occuparsi di come le persone lavorano, dove lavorano, che cosa fanno. Determinate le priorità – e quindi l’allocazione dei mezzi umani e materiali – occorre che le risorse siano utilizzate al meglio con riferimento alla loro funzione specifica. Un insegnante della scuola ha molte differenze rispetto a un magistrato, o un impiegato che si occupa di tassazione, o un ricercatore universitario, o un addetto alle forze di polizia. Riqualificare la spesa significa andare a esaminare settore per settore e trovare per ciascuno le vie appropriate del miglioramento. Consegno questo documento alla riflessione di ogni cittadino interessato al bene comune e all’impegno di chi opera nel governo e nell’amministrazione della cosa pubblica…”

Il “Libro Verde” si compone di tre capitoli dedicati ad una minuziosa disamina sullo stato dell’arte in prospettiva della spesa pubblica nel nostro paese. E la prospettiva significa futuro “tout court”.

I. Il primo capitolo è incentrato su un’analisi delle tendenze della spesa pubblica mettendo in rilievo significative questioni: i) il livello e la composizione della spesa; ii) le determinanti della spesa pubblica; iii) la qualità della spesa pubblica.

Alcune considerazioni emergono prepotentemente. Solo un paio. Quelle che reputo le più significative.

a. Se non avessimo quel molosso di debito pubblico ed una migliore spesa nel settore pensionistico avremmo a disposizione una settantina di miliardi di euro l’anno che potremmo destinare a interventi strutturali! Per interventi strutturali si intende una programmazione virtuosa della spesa capace di creare economia in scala. In breve, miglioramento degli assetti dinamici e organizzativi dello Stato collegati a una visione per lo sviluppo del Paese.

b. Sempre il primo capitolo sviluppa uno studio comparativo fra la spesa pubblica italiana e quella di alcuni paesi europei. Si passa in rassegna la spesa per tipologia e sua “qualità”. Dall’insieme dei dati presentati è evidente che l’Italia in questo campo non goda di buona salute. Anzi, le nostre “perfomances” ci collocano agli ultimi posti in Europa. A significare che si spende male in quanto le risorse vengono indirizzate non correttamente e i risultati attesi sono inferiori alle aspettative.

II. Il capitolo successivo si occupa di alcuni esempi settoriali, ossia: giustizia, sanità, università, pubblico impiego e finanza pubblica degli enti locali. Per ogni esempio settoriale si indicano le dinamiche virtuose e ciò che va rivisto al fine di consentire una spesa più efficiente legata a standard operativi ottimali.

a. Per quanto riguarda la giustizia il livello della spesa è spesso superiore a quella di altri paesi, ma la resa complessiva non è in linea con quanto succede all’estero. Pertanto, va iniziata una politica di spesa che sfrutti le economie in scala ancora non accertate e bilanciare la dimensione degli uffici giudiziari.

b. Anche la sanità nel suo complesso ha delle “performance” di buon livello. Anche in riferimento con l’estero. Tuttavia, bisogna indirizzarsi in due direzioni al fine di ottenere una resa ottimale dell’intero settore. Operando sul versante della prevenzione ed elevando l’efficienza delle strutture sanitarie. Si registra, infatti, una forte variabilità regionale.

c. La “performance” dell’università è, invece, piuttosto critica in quanto le assunzioni sono state attuate senza attenzione alle coperture finanziarie ed è assente qualunque meccanismo che premi le università migliori. Da qui la necessità di un patto fra Stato e università rivolto a migliorare il livello dei risultati del Fondo di Finanziamento Ordinario.

d. Molti problemi per quanto riguarda il pubblico impiego. Le retribuzioni sono aumentate troppo in rapporto all’inflazione e alla produttività complessiva del Paese. A ciò aggiungasi una giungla retributiva fra contrattazione di primo livello e di secondo livello. Una scarsa mobilità con ben l’80% degli impiegati che non ha cambiato ufficio in cinque anni di servizio!

e. Nel settore della finanza pubblica degli enti locali vi è una fortissima disparità dovuta a marcate differenze. Sia in relazione al livello pro-capite che di composizione di entrate e spese. Nel Italia Meridionale, ad esempio, la spesa corrente per stipendi è superiore a quella del nord. Ciò pone l’interrogativo se queste diverse scelte finanziarie non siano in realtà fortemente correlate a disparità nei livelli di efficienza delle produzioni pubbliche.

III. Come spendere meglio è l’argomento del terzo ed ultimo capitolo del “Libro Verde”, ma come?

a. Prima di tutto si è applicato il comma 507 della Legge finanziaria per il 2007 che ha rappresentato un tentativo di coniugare i risparmi di spesa richiesti per conseguire gli obiettivi di finanza pubblica con una maggior flessibilità di bilancio. La prima esperienza di applicazione del provvedimento sul bilancio per l’anno 2007 ha messo in luce aspetti positivi, ma anche alcune criticità. Da un lato, infatti, il provvedimento ha prodotto, a consuntivo, un sostanziale risparmio per lo Stato. Dall’altro, ha evidenziato alcune lacune connesse sia alla formulazione originaria della misura, sia alla rigidità complessiva del bilancio e alla scarsa propensione o capacità da parte delle Amministrazioni di riorientare priorità e risorse nel proprio bilancio in tempi brevi.

b. Il Patto per la Salute, siglato dallo Stato con le Regioni il 28 Settembre 2006 e recepito poi nei suoi contenuti dalla Legge finanziaria per il 2007, prevede una serie di interventi organici con riferimento a tutte le Regioni e misure specifiche che si applicano alle Regioni con elevati disavanzi strutturali nel comparto sanitario. La predeterminazione e certezza delle risorse assegnate in un’ottica di medio periodo (triennale), la responsabilizzazione finanziaria dei centri decisionali di spesa, l’aumento delle risorse finalizzate alla riqualificazione tecnologica delle strutture, il controllo di efficienza nella gestione delle risorse e del livello della qualità dei servizi e monitoraggio basato sul principio del costo delle pratiche più efficienti, costituiscono aspetti di rilievo del Patto e indicano linee di intervento applicabili ad altri settori.

c. Il meccanismo del blocco delle assunzioni con fondo per le deroghe disegnato dalle varie leggi finanziarie ha riguardato solo una parte limitata del pubblico impiego, interessando in media negli ultimi anni circa il 21 per cento dei dipendenti pubblici. L’effetto sull’andamento dell’occupazione complessiva del settore pubblico è stato più che controbilanciato da un forte ricorso da parte delle Amministrazioni a forme di assunzione diverse dal tempo indeterminato, con la conseguente formazione del fenomeno del precariato e le successive istanze di stabilizzazione, e da una la proliferazione di interventi speciali. In generale, l’adozione di provvedimenti drastici e di continue eccezioni non ha favorito una programmazione coerente dell’occupazione nella pubblica amministrazione.

d. Ultimo provvedimento esaminato, il Patto di stabilità interno con gli Enti territoriali, con cui il governo centrale ha cercato di garantire un controllo adeguato del complesso dei conti pubblici per assicurare che il sistema di finanza decentrata sia sostenibile e praticabile. Il Patto di stabilità interno ha conosciuto nel corso degli anni continue modifiche riguardo ai soggetti pubblici coinvolti, alla definizione degli aggregati finanziari obiettivo, alle regole di aggiustamento, al meccanismo delle sanzioni e dei premi. In questa prospettiva, un punto rilevante è segnato dal disegno di legge delega sull’attuazione dell’art. 119 della Costituzione recentemente approvato dal Consiglio dei Ministri.

e. La non sempre piena trasparenza, l’assenza di un legame stretto fra risorse, priorità ed obiettivi, un sistema di allocazione delle risorse disponibili che si basa eccessivamente sull’acquisito storico e non premia merito e risultati, l’assenza di un riesame sistematico della efficacia ed efficienza delle politiche in essere, la bassa flessibilità nell’utilizzo delle risorse a disposizione e una scarsa cultura del render conto delle proprie azioni, rappresentano carenze gravi del nostro sistema di bilancio. Un significativo passo verso la modernizzazione del sistema di bilancio italiano è stato compiuto con la riforma del sistema di classificazione del bilancio dello Stato che entrerà in vigore già con la prossima sessione di bilancio per il 2008. Con la nuova classificazione si passa da una struttura basata sulle Amministrazioni (chi gestisce le risorse) ad una che pone al centro le funzioni (cosa viene fatto con le risorse). Il bilancio dello Stato viene suddiviso in circa 35 missioni (grandi finalità perseguite con la spesa pubblica) che si realizzano concretamente attraverso più programmi di spesa, circa 170 in totale. La riclassificazione di bilancio tende a favorire una maggiore trasparenza dei conti pubblici e un consapevole dibattito sulle effettive priorità e necessità; permettere una gestione del bilancio pubblico più flessibile ed orientata ai risultati; offrire alle Amministrazioni l’opportunità di ripensare la propria organizzazione, rivedendo gradualmente strutture, responsabilità e sistema di incentivi. La ristrutturazione della classificazione del bilancio per programmi di spesa offre inoltre una base di partenza essenziale su cui costruire il processo di revisione della spesa o “spending review”, avviato recentemente in Italia dal Governo.

Una semplice considerazione finale. Invece, di accapigliarci come bambini perché non proviamo a implementare le linee tracciata dal “Libro Verde”? L’Italia ha bisogno di fatti concreti, tangibili e visibili. Continuare a discutere senza una prospettiva di azione significa affossare ancora di più il nostro Paese.


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