Il Faro sullo Stretto di Messina

Giornata FAI a Torre Faro
Quando si ritorna periodicamente a parlare di ponte sullo Stretto, una stizza e un istinto di reazione si innescano immediatamente, per chi abita in quella zona della Sicilia e si sveglia ogni mattina al sorgere del sole che illumina lo Stretto, più di quanto le menti contorte possano esserlo da un minimo di obiettiva riflessione.
Non è una reazione esclusiva dei locali, lo stesso stato d’animo di rabbia e irritazione verso quegli slogan di facciata, propagandistici e spesso banalmente senza senso è provato da chi ha davvero la fortuna di passeggiare tra i vicoli che si affacciano a mare, sia in veste di turista occasionale o di frequentatore della domenica della zona, in cerca di una giornata di rilassamento e di odore di salsedine.
Abbiamo voluto provare questa sorta di esperienza emotiva, approfittando delle Giornate FAI che si sono tenute in tutta Italia nei giorni di sabato 12 e domenica 13 ottobre. Tra le varie scelte possibili, il Palazzo Previtera a Catania, il Villino Favaloro a Palerno, la Vecchia Stazione Marittima di Siracusa, il Castello dei Principi di Biscari ad Acate a Ragusa, l’Area archeologica Bosco Littorio di Caltanissetta, tanto per citarne qualcuna, noi abbiamo scelto di recarci al Faro di Capo Peloro di Messina.
Per raggiungere la meta della nostra visita, provenendo dalla zona sud del messinese, abbiamo tagliato la città in due da una parte all’altra fino a raggiungere le così dette zone a mare dei messinesi che, di fatto, cominciano pochi chilometri dopo gli imbarcaderi privati per la Calabria.
Qui è possibile percorrere un lungo tratto, costeggiando sulla destra il mare, le spiagge di sabbia e la pista ciclabile e pedonale sulla quale appassionati delle due discipline per eccellenza delle attività aerobiche, fanno a gara per ritagliarsi lo spazio sufficiente. Il forte odore di salsedine, purtroppo in continuo contrasto con quello meno gradevole degli scappamenti dei mezzi in circolazione, riesce a raggiungere ugualmente i nostri organi sensoriali e la vista sempre più nitida e accattivante delle due regioni che, a tratti sembrano davvero potersi toccare, invita a proseguire il percorso fino alla destinazione finale.
Superato questo percorso abbiamo attraversato le contrade Paradiso e Pace, dopo esserci lasciati dietro la tentazione di visitare il Museo Regionale Accascina, così chiamato perché dedicato a Maria Accascina che fu dal 1949 al 1963 direttrice del Museo Nazionale di Messina e che ospita il Polittico di San Gregorio (1473) di Antonello da Messina e due capolavori di Michelangelo Merisi da Caravaggio, Resurrezione di Lazzaro e Adorazione dei pastori, entrambi del 1609. Abbiamo citato i due artisti, il messinese doc e quello adottato, per giustificare l’uso del sostantivo "tentazione".
Proseguendo, siamo giunti al Lago Grande di Ganzirri, che ci siamo lasciati sulla destra per continuare a percorrere la Via Consolare Pompea. A ridosso della Chiesa Parrocchiale Madonna della Lettera, abbiamo parcheggiato l’auto per proseguire a piedi. Su questa chiesa è d’obbligo qualche notizia storica, considerando che la Madonna della Lettera sta a Messina come Sant’Agata sta a Catania e, molto frequente, l’utilizzo in zona dei nomi Letterio e Letteria.
Nel 1733 fu edificata a Torre Faro una nuova chiesa grande dedicata a Maria SS. della Sacra Lettera. Già all’epoca i pescatori locali versavano una quota dei loro sacrificati guadagni per sostenere la chiesa e il prete. Che fosse un obbligo o una generosa riconoscenza è davvero complicato dirlo con certezza. Il 28 dicembre 1908, da queste parti sarebbe inutile nominare l’episodio, il terremoto devastante distrusse la chiesa e il papa Pio X, per risarcire la perdita agli abitanti, donò una chiesa baracca che, però, finì distrutta da un incendio nel 1912. L’attuale edificio risale al 1934 e all’interno è possibile ammirare diverse opere degne di attenzione: tre antichi altari in marmi policromi ed intarsiati, i dipinti la Stigmatizzazione di San Francesco e la Pietà entrambe opere di Giovanni Fulco (1605-1674), L’Annunciazione, lo Sposalizio e l’Adorazione dei Magi di autore ignoto del XVIII secolo e un grande affresco raffigurante l’Ambasceria dei Messinesi alla Vergine opera del 1937 di Giuseppe Russo, restaurato nel 2005.
Tornando all’obiettivo della nostra visita, il percorso a piedi fino al faro, poco meno di un chilometro, meriterebbe un articolo dedicato. Tra viottoli che conducono direttamente a mare in piccole calette affacciate sullo Stretto, percorrendo via Fortino si giunge al Pilone, uno dei due tralicci tra la Sicilia e la Calabria che fino al 1985 collegava i fili dell’alta tensione. Facenti parte di quella che viene conosciuta come "archeologia industriale", furono protagonisti del tentativo fallito da parte del funambolo estone Jaan Roose, che provò lo scorso luglio ad attraversarli su una slackline.
La vista delle spiaggette, dominate dal volo dei gabbiani e di qualche garzetta, l’ideale punto di incontro tra la Sicilia e la Calabria, proprio dove qualche ministro periodicamente immagina di saccheggiare il panorama con un’idea di ponte, il mare cristallino che nell’incontro-scontro tra il Tirreno e lo Jonio ha creato la leggenda di Scilla e Cariddi. Aggiungiamo, la leggenda di Colapesce, ossia Nicola Pesce, pescatore della zona che, secondo una leggenda, durante un’immersione individuò una grotta con il soffitto sorretto da una colonna. Nelle seguenti immersioni scoprì un tesoro che provò a riportare in superficie, ma un terremoto fece crollare la colonna e il pescatore si posizionò a sorreggere la volta. La leggenda racconta che sia ancora lì a sorreggere quest’angolo di Sicilia.
Raggiunto il faro, 170 scalini ci attendevano per salire nella parte più alta. Una fila consistente, composta da gruppi organizzati e semplici curiosi, ha manifestato l’interesse che questi eventi straordinari organizzati dalla FAI suscitano e, come prevedibile, a più voci abbiamo raccolto la richiesta di replicare queste occasioni più frequentemente. Anche il Faro merita qualche cenno storico. Si suppone che possa essere il più antico edificato in Sicilia, stando alla citazione di Svetonio che gli attribuì l’origine del nome nello stretto di mare tra Sicilia e Calabria. Ricordato anche nelle cronache del periodo borbonico, con il terremoto del 1908 subì la stessa sorte della Chiesa dedicata alla Madonna della Lettera. La ricostruzione risale al 1935 e oggi lo si può ammirare nella sua caratteristica forma ottagonale e con una altezza di 37 metri. La forma sarebbe motivata dalla maggiore resistenza ai venti forti che, sullo Stretto, soffiano copiosamente durante tutto l’anno. La potenza del suo fascio di luce raggiunge le 22 miglia marine.
La vista dello Stretto, da una prospettiva seducente e insolita, ha confermato le nostre sensazioni riguardo la folle idea di snaturale un paesaggio che, se non vogliamo peccare di presunzione definendolo tra i più belli al mondo, in ogni caso rimane unico. I laghetti di Ganzirri, presso i quali abbiamo dedicato l’ultima parte della nostra visita, ha completato un quadro paesaggistico che nessuna propaganda politica dovrebbe mai osare, diremmo solo pensare, a saccheggiare. Forse è solo un auspicio, ma sicuramente ribadiremo in qualsiasi contesto la nostra contrarietà a un progetto folle e, come a detta di molti più esperti di noi, inutile.
- Faro Capo Peloro
- Gabbiano e Garzetta
- Ganzirri
- Lago di Ganzirri
- Pilone
- Particolare della sommità del faro
- Visitatori in fila
- Panorama sullo Stretto
- Panorama su Messina
- Gabbiani
- Branco di pesci
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