I Persiani, di Eschilo I notabili persiani entrano a passo solenne nell'orchestra. CORO Siamo noi. Tra i Persiani finiti sul suolo di Grecia ci chiamano Fidi: sentinelle allo sfarzo alla corte carica d'ori. Per maestà d'anni Serse principe Serse sovrano sangue di Dario ci volle sua scolta alla terra. Ma ora avvolge il rimpatrio del Re delle schiere cariche d'ori tra cupi presagi irto in tempesta il mio senso profondo: già il solido ceppo dell'Asia finisce laggiù ulula il suo uomo ... Né staffetta finora né corriere al galoppo ha toccato la città capitale di Persia. La gente sfilava da Susa da Ecbatana dalla vecchia barriera di Cissia: avanti chi in sella ai cavalli chi dentro le navi chi come fanti a colonne. Fitto muro guerriero a vederli. Ecco Amistre accanto Artafrene. Poi Megabate ed Astaspe capitani di Persia re genuflessi al Gran Re: scattano - occhi fermi imperiosi sulle armate superbe. Non perdonano gli archi: ecco poi chi va via al galoppo spavento degli occhi mostri di guerra in dura fermezza di cuore. Artembare cavalca gioioso alla guerra e Masistre. Là brilla Imeo: non perdona il suo arco. Poi Farandace e Sostane che aizza destrieri. Anche Nilo possente affollato di vita mise in marcia i suoi capi: Susiscane Pegastagone puro sangue egiziano Arsame possente alla testa di Menfi devota Ariomardo che regge Tebe città millenaria: e le ciurme marinai di laguna sfilata tremenda che non termina mai! Dietro s'accalcano i languidi Lidi: hanno in pugno l'intera nazione sorta in quelle pianure. Danno lo slancio Metrogate con Arcteo valoroso scettrati ministri e Sardi carica d'ori: folla alla guida dei carri squadre di doppie triple pariglie. Scenario che gela vederseli innanzi! È tutto un vibrare di febbre alle falde di Tmolo beato: stringere Grecia schiava alle stanghe! È Mardone è Taribis - incudini a spuntare la picca - sono Misi che scagliano strali. Babilonia carica d'ori allinea impasto di genti in tumulto: equipaggi imbarcati nervi saldi tensione che esplode nell'arco. Dal resto dell'Asia s'accoda la gente che impugna la daga curva agli editti immani del Re. Che scelto sbocciare di figli o Persia t'è finito laggiù! L'Asia la patria che per loro fu culla è tutta singhiozzi. Rimpianto rovente. Ai vecchi alle spose - si sgrana la lista dei giorni - è spasimo dentro l'inarcarsi del tempo. str. I Il passo è compiuto. L'armata di Serse - sperde genti e città - è ormai sulla riva vicina oltremare: ha varcato - cordami a saldare le chiatte - lo specchio d'Elle Atamantide ha stretto - selciato spesso di chiodi - collare alla gola del varco marino. ant. I È folgore il principe d'Asia densa di genti fa dilagare nel mondo - prodigio! - il suo armento. Due vie all'attacco. Generali di terra e di mare arcigni rocciosi: saldo orgoglio dell'uomo che vivo - la semenza dell'oro è il suo ceppo - eguaglia i Celesti. str. II Sciabolata d'azzurro è lo sguardo di smalto lucente: una serpe cruenta! Forte di spesse falangi di flotta guerriera sfreccia il cocchio punta addosso al nemico - sono picche famose sapete - la sua Arma omicida: l'arco che schianta! ant. II Chi resiste alla prova: chiudersi contro gorgo d'uomini in piena? Sbarrare con dure barriere l'abisso che bolle e travolge? Sì vano sforzo urtare l'armata persiana gente che ha dentro lo scatto guerriero. mesodo Pure frode malia di una mente celeste chi vale - qui sulla terra - a schivarla? Chi dotato di snello garretto è padrone del salto vincente? Sorride - ma è obliqua moina e scivola in trappola l'uomo - Perdizione! non ci sono spiragli per l'uomo da salvarsi fuggendo. mesodo Sgorga da Dio il millenario potere della Dispensiera fatale. Sui Persiani calcò impegno guerriero: sgretolare castelli groviglio d'assalti gioiosi al galoppo città sradicate. ant. III Ma seppero presto quel lungo scrutare il mistero dei flutti l'abisso che spalanca i suoi varchi - luccicare perenne allo schiaffo del vento - affidati al cordame fragili funi strumenti del passo oltremare. str. IV Così la mia mente - velo nero - si fa straccio all'angoscia Aaah, schiere persiane! . No questo grido non oda il paese Susa gran caposaldo: baratro amaro spossato. ant. IV La Cissia fortezza sta per ribattere cupo rimbombo: aaah sarà l'urlo che s'alza dal nembo addensato di donne squarcio cadrà sulla trama preziosa dei panni. str. V Intera una gente - al galoppo marciando - è lontana sciamata coma api del miele al fianco del principe in armi: transitava all'opposta punta costiera un giogo a saldarle a fare di due terre una sola. ant. V Onda di pianto nei letti d'amore È passione di sposi lontani. La donna persiana è tutta uno sfarsi dolente: passione dell'uomo che strugge. Disse addio all'amato turbine irto di lancia. Ora è qui: solitaria pariglia spaccata. A noi Persiani. Raccogliamoci assisi qui presso le volte auguste. Fondiamo trepidi un piano: riflessivo scandaglio. L'ora preme ci chiama. L'azione di Serse sovrano - sangue di Dario - che esito avrà? Due casi: vittorioso è lo scatto dell'arco o trionfa saldezza di picca dalla testa ferrata. Entra la Regina splendida sul carro. Il Coro è in ginocchio. È lei. Somiglia a occhi di dèi lei luce che viene: o madre del Re o nostra Regina mi prostro. Suoni a una voce l'omaggio riverente saluto. È nostro dovere. Il Coro è in ginocchio. Sulla scena incede la Regina. Alle spalle numeroso corteo. Altezza salve! Svetti su tutte in Persia sulle donne alte cinture o Signora madre di Serse o sposa di Dario: fosti sua l'amata di un dio della Persia e - l'avevi nel sangue - madre d'un dio. Se la stella del nostro passato non s'è fatta ribelle all'armata... REGINA È per questo che vengo da voi. Esco ora dalle sale parate di ori dalla stanza nuziale la nostra mia e di Dario consorte. Anch'io... ossessione mi pungola in seno. A voi fedeli voglio dire la storia una mia inquietudine intima fissa. Oro oro un cumulo enorme: c'è rischio che scalci ribalti - velo di polvere in terra - la floridezza serena che Dario s'eresse sospinto da mano celeste. Così ecco ambiguo rovello - orrore svelarlo! - a squarciarmi la mente: per me traboccare di ori senza polso di uomo non merita ossequio; senza oro la tua stella non raggia quanto vale la tempra. Oro oro ne abbiamo. Tutto perfetto. Ma nodo d'angoscia oggi è la luce degli occhi miei: occhio lucente alla reggia sapete è la viva persona del Re! Questa è ormai la vicenda. Vogliate ispirarmi rimedi al mio caso Persiani: voi fiducia che matura negli anni. Giace in voi solo in voi il mio tesoro d'ispirati consigli. CORO Sovrana di Persia odimi. Non avrai desiderio d'ordinarmi due volte la parola o l'azione se ho potere d'aprirti la strada. Il tuo invito ci trova ispiratori caldi d'affetto. Sappilo. REGINA Folla di sogni ogni notte m'accerchia. Cominciò quando Serse scosse l'armata per finire laggiù. La voleva persa la gente di Ionia! Mai finora m'apparve così tersa figura come oggi in quest'ultimo sonno. Te la svelo. La visione era coppia di donne: abiti belli una sfoggiava un peplo alla moda persiana alla dorica l'altra. Mi venivano incontro pareva. Spiccavano: corpi alti stupendi immacolato splendore più più che le donne di oggi. Coppia sorella un unico ceppo: ma l'una - scelta fatale fortuita - aveva per suolo nativo la Grecia l'altra una terra straniera. Le donne - era questa l'immagine mia - intrecciavano irta rissa tra loro. Ebbe un lampo mio figlio e provava a domarle a farle più dolci. Ecco le china alle stanghe del carro annoda alle spalle i collari. E la prima tutta bardata torreggiava superba cedeva mansueta le labbra alla briglia; l'altra s'impenna tempesta le unghie a squarciare le cinghie del carro uno strappo furioso di volo via con l'inutile morso la stanga troncata di netto. Crolla mio figlio: ora il padre gli è a fianco Dario e singhiozza. Serse lo scorge - un attimo - e straccia la veste che indossa. Ora sapete questo mi vedo davanti nel buio notturno. Subito sveglia tuffo le mani allo sgorgo di un'acqua lucente e con gesto devoto m'accosto al sacro rialzo: voglio porgere fluido dono ai Potenti che fanno da scudo cui spetta quest'atto di culto. E qui un'aquila avvisto fuggitiva al braciere sacro di Febo: ferma senza fiato mi blocca il terrore fedeli. Un momento là ecco un falcone: sfreccia scivola d'ala a picco e a colpi d'artiglio le snuda la testa. L'aquila immota: si fa piccola palpita s'offre al macello. Che incubi: per me averli negli occhi per voi sentirveli dire. Ah sì ben sapete anche voi: a mio figlio può accadere il trionfo e allora diventa un miracolo un idolo; ma può anche crollare... Non deve bilanci allo Stato! Purché sia vivo lui sempre lui resta Re della Persia. CORO Non intendiamo accasciarti Signora né farti troppo spavalda così ragionando. Devi farti vicina ai Celesti: abbandonati a loro. Se ti parve cupa visione supplica che fluisca sviata dissolta e che anzi ne sorga frutto maturo di bene per te per i figli il paese la cerchia dei tuoi. Secondo devi spargere liquide offerte alla Terra ai Defunti: calda dal cuore manda una supplica a Dario lo sposo - l'hai veduto dicesti nel placido sonno - che dal baratro scorti al chiaro del giorno una lieta vicenda a te al tuo figlio. L'avverso destino si sfaccia - polvere fioca - inchiodato sotterra nel buio. Indovino il futuro nel cuore: caldo d'affetto così io t'ispiro. Siamo certi: il tuo caso culmina in frutti perfetti. REGINA Finalmente! Il tuo cuore leale decifra per primo la visione del sonno: è conforto solenne la parola che hai detto a mio figlio al Palazzo. Fosse buona la fine... Voglio compiere subito i riti che chiedi ai Celesti e ai nostri laggiù nell'abisso: il tempo di rientrare alla reggia. C'è una notizia però che mi preme o fedeli: in che punto del mondo s'innalza - dicono - Atene? CORO In fondo dove Sole potente si tuffa languendo. REGINA E spasima Serse di braccare una tale città? CORO Tutta la Grecia s'inchinerebbe al Gran Re. REGINA Pari a noi contano nerbo d'uomini armati? ‹CORO * * *› ‹REGINA * * *› CORO D'una tempra che già diede tormento ai Persiani. REGINA In pugno? Lampo di freccia a incurvare lo scatto dell'arco o... CORO No no: picche immote corazzate di scudi. REGINA E in più che altro? Scorte domestiche d'oro? CORO Pare una vena d'argento. Forziere è la terra. REGINA E alla testa del gregge? Chi fa da padrone all'armata? CORO Nessuno al mondo! Né servi né curvi all'inchino: è loro nomea! REGINA Ma come terranno all'assalto di genti nemiche? CORO Come? Hanno sfatto un'armata di Dario grandiosa potente. REGINA Notizie tremende. Che angoscia chi ha figli alla guerra! CORO (avvista un corriere in lontananza) Là! Ora stai per sentire il racconto completo sincero. È lampante: corre persiano quest'uomo che arriva che riporta schietta la fine. Sentiremo se buona o maligna... Irrompe un Corriere disfatto dallo sforzo e dall'angoscia della notizia. CORRIERE O paesi d'ogni lembo dell'Asia o patria persiana dove approda l'oro del mondo! Una sola percossa e il tuo rigoglio felice è a picco disfatto. La gemma fiorente di Persia di schianto è finita laggiù. Aaah fa male recare per primo notizie maligne. Ma io non ho scampo: vi srotolo innanzi il volume del vostro tormento Persiani. L'aggressore straniero al completo è distrutto! CORO str. I Rude rovina rude improvvisa trafigge! Aaah vi grondi il pianto Persiani all'udire la pena! CORRIERE È finita sfacelo totale per loro. Per me... io io - impossibile sogno - io torno mi splende davanti la patria. CORO ant. I Troppo s'allunga a noi poveri vecchi questa specie di vita: se è per udire - pareva irreale - tanto dolore. CORRIERE Io c'ero Persiani non ripeto chiacchiere d'altri. Così posso dirvi che strazio ci fu riservato. CORO str. II Aaah folle folle calca d'armi in tumulto piombata dall'Asia - aaah! - su suolo nemico su Grecia! CORRIERE È una piena di morti disfatti - maledetto destino - Salamina: le spiagge ogni spazio vicino. CORO ant. II Aaah povera carne dei miei t'impregna ti macera il gorgo salmastro rotoli morta - io sento - nelle pieghe di stracci randagi. CORRIERE Gli archi spossati l'armata completa dissolta in ginocchio all'assalto di chiglie affilate. CORO str. III Ulula a lutto strida dolenti sui poveri morti. Sfacelo nero alla Persia deciso da dio: ah mia gente disfatta! CORRIERE Salamina: odio disgusto sentire quel nome! Aaah che groppo di pianto ripensare ad Atene. CORO ant. III Maledetta Atene nostro tormento Pure là s'inchiodi la mente: troppe donne di Persia - follia! - staccò dai figli dall'uomo per sempre! REGINA Dura da tanto il mio silenzio: mi lacera immoto delirio. Troppo male. È abisso la nostra sciagura: che serve parlare frugare lo strazio? Non importa. È stretta fatale: chi vive patisce i tormenti che dio gli offre. Srotola pure il volume dei mali plàcati dentro racconta anche se il dolore ti prende la gola. Chi non è tra i caduti? E i capi a chi andrà il nostro lutto? Gente schierata a impugnare lo scettro: cadendo lasciava truppe sbandate senza polso di capo. CORRIERE Serse Serse è salvo. Scorge la luce. REGINA Luce grande hai svelato per me per la reggia e chiaro mattino dal gelido nero notturno. CORRIERE Non così Artembare. Pilotava diecimila cavalli: oggi picchia ripicchia sull'irta scogliera Silenia. Mille ne aveva sotto Dadace: un colpo di picca s'avvita - snello - e guizza dal ponte. Poi Tenagone fiore d'uomo sangue puro di Battria: logorerà l'isola d'Aiace tra gli schiaffi del mare. Poi Lileo Arsame e Argeste con loro: lungo l'isola - nido a colombe - batti ribatti ostinati rimbalzano sull'incudine di roccia. Poi nativo delle fonti del Nilo in Egitto Farnuco; poi tutti a picco da un'unica tolda Arcteo Adeve terzo Feresse. Poi Matallo di Crise. Comandava miriadi. Stramazzato macerava la barba - massa d'ombra fiammante sul petto - trascolorava la tinta nella pozza cupa rossastra. Poi Arabo Mago e Artabe di Battria: guidava tre miriadi negre al galoppo. Ormai si trapianta laggiù nella terra petrosa su cui giacque caduto. Poi Amistri Anfitreo - mulinare di lama che non ha riposo - l'illustre Ariomardo eroico lutto di Sardi Sisame misio e Taribi capo di navi - cinquanta per cinque unità - licneo di ceppo uno splendido uomo. Ora è là steso. Un indegno morire. Maledetto destino! Poi Siennesi. Spiccava il suo cuore guerriero. Dietro aveva i Cilici: da solo - un eroe - inflisse sublime tormento al nemico. Una morte stupenda. Qui finisce il mio ricordo dei capi. Pochi i mali che narro in mezzo a una folla viva di mali all'assalto! REGINA Ah pozzo infinito di pena il racconto! Infanga la Persia è funebre stridula nota di lutto. Pure ripercorri la storia fa' luce: quant'era il nerbo della flotta greca da trovarsi dentro lo slancio dell'urto contro la flotta persiana groviglio di scafi scatti di chiglie affilate? CORRIERE Ascolta. Per numero puro di navi trionfava lo straniero attaccante. Il nemico aveva un totale di trecento unità. Discosta una squadra di dieci il fior fiore. La potenza al comando di Serse era mille unità non mi sbaglio. Duecento più sette gli scafi dotati di scatto senza rivali. Il calcolo è questo. Che dici partivamo battuti sul campo? No no. Sovrumana Forza - chissà - frantumava l'armata librando sui piatti sbilanciate fatalità. I Celesti fan salva la città di Pallade santa. REGINA Dunque è vero. Vive indenne la città d'Atene? CORRIERE Se restano uomini vivi non vacilla la cinta. REGINA Prima mossa al duello di navi quale fu informaci. Chi mosse per primo all'attacco? I Greci? O forse mio figlio altero della sua forza marina? CORRIERE La mossa fatale Regina del nostro sterminio la fece - sorgendo occulto improvviso - un dio del Castigo o un sovrumano nemico. Un Greco uscì dalle file ateniesi e raggiunto Serse tuo figlio gli disse che al nero calare del buio notturno non avrebbero perso del tempo i Greci e un balzo là sulle tolde si tenevano pronti - si salvi chi può! - a sgusciare veloci a rubare fuggendo la vita. A sentire quell'uomo - sordo al tranello all'ostile livore divino - il Re spicca dritto a ogni capo di nave un comando: aspettare che il sole spenga la vampa radiosa sul mondo che la tenebra abbracci il cerchio solenne dell'aria addensare il nerbo di navi su triplice fronte: le altre ad anello serrando l'isola tutta d'Aiace chiudessero i varchi i salsi sonori spiragli. Se il nemico eludeva la stretta fatale - scovando la strada scivolando via silenzioso - una fine era pronta fissa per tutti: la testa mozzata. Di tale tenore i comandi: gli cresceva dentro l'ebbrezza non coglieva col senno il domani sorgente da mano divina. La gente - senza tumulto mansueta al potere - teneva pronto il suo rancio. A bordo ciascuno annodava - un giro di sàgola - il remo allo scalmo culla del remo. Cadde smorendo il lampo del sole. L'ombra saliva. Fu l'ora. Ecco quelli maestri di remo ecco i corazzati guerrieri del ponte ciascuno s'affretta all'imbarco. Rintocca rimbalza tra squadre di barche slanciate il richiamo. Via sul mare. Disciplina perfetta tutto come previsto. È nottata di fitte manovre per gli alti comandi su e giù con la forza marina al completo. E la notte passava. Ma l'armata dei Greci non tentava manovre a sgusciare di frodo! Poi appena la pariglia lucente dell'alba dilagò per il mondo - lampo chiaro negli occhi - dal fronte dei Greci fu subito scroscio di note sonore solenne devota melodia di trionfo; si staglia diritta riverbera l'inno dagli scogli dell'isola un'eco. Angoscia colma l'aggressore straniero: il piano si sfalda è una beffa. Non era di gente fuggiasca quel fervido grido di guerra e vittoria ma d'uomini accesi alla lotta vibranti decisi. Li vedevi laggiù l'incendiava - scoppio di luce - una nota di tromba. Di volo - scatto composto di remi sonori - trafissero a tempo l'abisso salato. Un istante e li avemmo compatti tersa visione negli occhi. Apriva la strada in assetto con bella manovra l'ala destra. Sulla scia sfilava la flotta completa. Si fondeva alla vista - percettibile ormai - un rumore di coro crescente: "Forza o figli di Grecia libertà per la terra libertà per i figli le donne i sacrari del nostro paese per le tombe dei vecchi. Per tutto quello che abbiamo: è l'ora rischiamo!". Dai nostri reparti s'opponeva sommesso un frastuono di parole persiane: culmina l'ora non è ammesso esitare. Dritta una chiglia sprofonda in un'altra la trave coperta di bronzo. Scattò prima a colpire una nave dei Greci: ed è subito sfascio totale per i fregi di poppa a uno scafo fenicio. Poi addosso ogni legno cercava il nemico. All'inizio l'ondata di navi persiane teneva. Ma appena la folla di scafi s'ammucchiò nella conca - interrotto lo scambio d'aiuti infinita vicenda di colpi ripercossi dai rostri metallici meccanismi interi di remi in frantumi - con scaltri volteggi martellava la flotta dei Greci; rotolavano all'aria le chiglie di navi; la distesa marina spariva coperta di schegge di scafi d'umana moria; tutto un rigoglio di corpi la spiaggia le creste; allora una per una ogni nave cercava la fuga in un caos di remi. Quanto restava d'una flotta venuta da fuori all'assalto. Loro picchiavano forte troncavano gli uomini in due: una mattanza diresti un volo di reti - strage di pesce - a colpi di remi scheggiati di fasciame in frantumi. Impasto di urla dolenti di singhiozzi copriva lo specchio dei flutti. Poi la fine. Soffocò tutto la faccia cupa del buio. Che ressa di mali! Passassi decine di giorni a sgranarli uno per uno non riesco a dirteli tutti. Devi sapere nel giro di un giorno non perì mai così folto fascio di vite! REGINA Che abisso fondo di lutti dilaga addosso ai Persiani soffoca il ceppo straniero! CORRIERE Neanche mezzo disastro questo che ho detto: ascoltami bene. Serie maledetta di colpi. A bilanciarla non bastano un paio di pesate degli altri che ora ti dico. REGINA Fatalità più atroce di questa? E quale? Che nuova vicenda di pena li assale li sbilancia ancora più in basso? CORRIERE I migliori di Persia i più freschi più in forze che spiccavano alti per spirito fiero e chiarezza di sangue a nessuno secondi in lealtà al loro Re sono tutti caduti nel fango. Nella morte più opaca. REGINA Quanto soffrire che colpi maligni. Tu mi parli di morte. Come caddero? Narra. CORRIERE Un'isola esiste nello specchio d'acque di Salamina: misera aspra all'approdo. Pan vi cammina - sempre a passo di danza - dove la roccia si perde nel mare. Il Re spedisce laggiù coloro che ho detto: lo scopo qualora il nemico disfatto si getti giù dalle tolde alla terra è serrare nel pugno l'esercito greco e finirlo; intanto strappare le forze persiane al risucchio laggiù nello stretto. Interprete senza fortuna di ciò ch'era destino! Dio aveva porto al nemico il fregio dello scontro navale: e subito - corazze sui cuori d'ottimo bronzo - saltarono giù dalla flotta. Stringevano l'isola in un cerchio completo. Noi senza sbocco: non un varco di fuga. Addosso fiondati da mano nemica tempesta di sassi. Scoccati dall'arco sfrecciavano dardi a infliggere morte. Poi l'assalto finale. Solo un immenso ruggito e il nemico martella macella quella povera carne. Finché cadde divelta ogni vita. Serse scattò ululò lo sguardo fisso a quel baratro nero di mali. Sì s'era preso per posto un rialzo elevato alla riva dello specchio marino: spaziava limpido su tutto lo scontro. Squarciò la sua veste. Un gemito roco tagliente. Secco l'ordine a tutta la gente di terra. Poi il caos la partenza la rotta. Questo è l'evento che a fianco dell'altro merita lacrime tue. REGINA Sovrumana Potenza ti odio! Che beffa la tua ai progetti persiani! Mio figlio scoprì che costava salato il castigo su Atene gloriosa: non saldarono il conto quegli altri che Maratona disfece. Mio figlio era certo di farsene dare il riscatto: ecco che retata di strazi ha raccolto! Continua. Ci saranno le navi sfuggite alla fine. Dov'erano quando partisti? Sai darci notizia sicura? CORRIERE I capi di navi superstiti ormai s'abbandonano al vento. Frenesia di fuga. È uno sfascio. Gli altri le forze di terra stavano tutti morendo in Beozia: chi lì lì per toccare il sollievo di un'acqua di fonte e l'arsura l'ammazza; chi spasima spento una larva... Noi sfondiamo penetriamo in Focide e dentro la Doride laggiù al golfo Maliaco dove corre lo Sperchio che riga benigno i poderi. Poi via ci si aprirono innanzi la contrada di Acaia e i paesi dei Tessali: ormai con le scorte eravamo allo stremo. Là morivano a mucchi di fame e di sete: doppio flagello. Eccoci tocchiamo Magnesia. La terra macedone s'apre davanti. Ecco il varco dell'Assio la giuncaia stagnante del Bolbe il massiccio Pangeo l'Edonide terra. Che nottata! Fu allora - e non era stagione - dal Cielo si desta tempesta di freddo. Blocco immoto è il fluire dello Strimone chiaro. C'era chi fino a quell'ora negava gli dèi. Bene era tutto preghiere in ginocchio curvo supplice al Cielo alla Terra. Poi nell'armata si spense il fitto pio mormorare. Saggiamo il guado sulla vitrea placca. Chi tra i nostri passò prima che il Cielo sciabolasse gli strali è ormai vivo al sicuro. Ma dopo la sfera lucente dell'astro raggiò la calura e trafisse - radioso tepore - la pista. Crollavano a mucchi. Beato che ebbe subito infranto l'alito vivo. Tutti gli altri - bella fortuna salvare la vita - da un capo all'altro di Tracia snervati sgusciano da un inferno di pene e toccano magro drappello il domestico suolo. Oh può gemere ora la terra persiana spasimare bramare il suo sangue il rigoglio nativo! Ormai questo è avvenuto: lascio in ombra narrando tutto un mondo di pene che il Cielo sfolgorò sui Persiani. CORO O Potenza stronca averti nemica! Che schianto pesante il tuo balzo a due piedi sul ceppo persiano! REGINA Quanto patire sulla mia gente infranta! Figura eloquente del sogno notturno che nitido lampo fu il tuo a illustrare il soffrire! Voi invece fu miope il vostro giudizio. Non importa così voi voleste ispirarmi e il mio primo impulso è porgere voti agli dèi. Poi traggo da dentro le sale fluido impasto: torno e l'offro in omaggio a Terra ai Defunti. Anch'io sono certa: è finita lo sento. Chissà può sorgere ancora un domani più chiaro. Voi avete un dovere: pesate la nostra realtà sappiate ispirarci. Tra noi s'intrecci sentimento leale. E a mio figlio - se giunge che ancora son via - dite buone parole e fategli ala alla reggia. Che a sfacelo non s'ammucchi sfacelo. La regina rientra nel palazzo. |[continua]| |[I PERSIANI 2 CORO Zeus Maestà in quest'ora stroncasti la forza di Persia - che illusioni e che nembo di genti - calcasti su Susa su Ecbatana cappa buia di pena. Quante stracciano i veli con le fragili dita. Si macera il petto all'onda del pianto. Le penetra dentro lo strazio. Passione di querule languide donne persiane: rivederti mio sposo mio nodo nuziale! Via fuori dai languidi lembi dei letti caldi soavi di giovani amori gementi; golose affamate di pianto. Anch'io celebro l'ora fatale dei miei finiti laggiù: pena immensa sentita. str. I Oggi è tutta lacrime l'Asia desolato silenzio. Serse era in testa Serse li ha uccisi Serse demente reggeva le fila con le chiglie pesanti. Dario no. Non inflisse tormenti alla Persia - perché? - principe d'archi guida amata di Susa. ant. I Gente di terra di mare le navi - volo di vele cupe pupille - le navi hanno tratto lontano le navi hanno infranto le navi coi rostri assassini. Dai colpi dei Greci! per un filo sottile si salva il Sovrano. Così corre la voce. Traversa la piatta contrada di Tracia piste in lotta col gelo. str. II Chi fu subito colto da fulminea stretta fatale ora fluttua laggiù lungo l'orlo scoglioso. Oh lacrima spaccati! Traiti fondo un gemito irto: cala dal Cielo lo strazio - ah! -. Inarca una lugubre nota a ululare il tormento. ant. II Orrore! Li carda l'acre risacca. Creature senza suono li sfanno in quello che non sa Contagi! Spasima l'uomo la casa deserta. Figli perduti. I vecchi a guaire su strazi d'inferno: ora sanno dilagare di pena. str. III Oh da oggi nell'Asia - per sempre! - non detta più legge la Persia non fluisce tributo all'ombra del ferreo trono sovrano. Nessuno è in ginocchio docile al Re. Ecco sfumò l'imperiale vigore. ant. III Non ha più carcerieri la lingua dell'Asia. La massa padrona scaglia sciolte parole. In pezzi - era forza schiacciante - il collare. Solchi zuppi di sangue rifrangersi d'onde: Salamina racchiude ciò che era la Persia. Ricompare la Regina dal palazzo. La scortano ancelle con doni votivi. REGINA Fedeli. Chi è duramente provato dal male sa che quando ribollire di mali inonda i viventi il terrore stagna nel sangue. Non così se la vicenda fluisce serena: si rafforza la fede che spiri costante la brezza benigna fatale. Da ora per me l'universo è blocco d'angoscia. Ecco mi si staglia negli occhi: dio è contro di noi! M'assorda il cervello un urlìo malato: che delirio... mi paralizza l'orrore dei mali. Perciò dal palazzo di nuovo ho spinto fin qui il mio cammino ma non come prima: senza carro dimessa. Voglio offrire al padre di Serse bevande benigne di quelle che fanno melliflui i morti: luminoso latte soave di bestia inviolata; sgocciolio d'artigiana dei fiori miele impastato di luce; insieme liquida stilla di tersa sorgente; guarda schietto sorso che viene dai campi allegro splendore d'uva annosa; ecco aromatico frutto d'ulivo rossigno vivido eterno rigoglio di fronde e trecce di fiori famiglia di cosmica madre di Terra. Fedeli a voi. Ecco bevande destinate all'abisso: intrecciatevi l'inno augurale. Che affiori al vostro richiamo Dario entità sovrumana. Io sospingo ai Potenti giù nell'abisso il tributo che irriga la zolla. CORO O Signora Regina Maestà della Persia spargi liquori nel cavo sotterra. Noi canteremo preghiere a chi scorta i defunti: sia benigno giù nell'abisso! Voi voi sante Potenze d'abisso Terra e tu Ermes e tu monarca dei morti scortate quassù la sua ombra nel sole. Se sa bene un farmaco lui solo al mondo può svelare la soglia dei mali. str. I Potrà sentirmi il benedetto Re? È uno dei Potenti ormai. Parlo persiano limpida lingua. Modulo note rotte angosciose. Farò penetrare il richiamo dolente. Mi ode mi ode sotterra? ant. I Tu Terra. Voi Potenze d'abisso. Fate che affiori su da sotterra lo Spirito fiero dio della Persia ceppo di Susa. Scortatelo a noi. Come lui nessuno zolla persiana avvolge. str. II Ti amo sovrano. Ti amo tumulo. Ti amo cuore che giaci profondo. Abisso fallo salire. Rilascialo Abisso: è Dario Re sacro Re! Aaah! ant. II Non un uomo annientava nel delirio di guerra che strema. Illuminato lo dicevano in Persia e "Illuminato" era Dario! Resse bene la barra alla gente guerriera. str. III Maestà venerata presentati affiora qui dove culmina il morto rialzo. Muovi il calzare lucente dorato. Esponi nel sole la guglia della mitra imperiale. Padre risali! Dario senza peccato! Aaah! ant. III Odi inauditi dolori per la Persia intera. Mostrati Re dei Re! Stagna cieco vapore d'inferno nell'aria. La giovane forza guerriera è tutta disfatta. Padre risali! Dario senza peccato! Aaah! ep. Aaah aaah! Quanto gemere quando moristi. Spiegami principe: che doppio delirio incosciente ha ora avvolto il tuo trono: sfuma - che danno alla Persia! - la flotta da guerra. O navi! Nulla nulla resta di navi! Dal tumulo emerge il Fantasma di Dario in aspetto imperiale. FANTASMA O fior fiore dei Fidi voi spartiste con me i miei giovani anni. O anziani di Persia che passione patisce il mio Stato? È livido tutto dolore. La terra s'incrina. Un bagliore. È lei la mia donna vicina alla tomba: trasalisco. Il flusso votivo l'accetto di cuore. Voi lugubri cantilenate cerchio immoto al sepolcro. Con ululi irti - richiamo ai defunti - mi lanciate voce intrisa di pianto. Pure c'è poco spiraglio laggiù. Poi - ecco il punto - le Forze del baratro sono meglio dotate a carpire che a rilasciare. Io ho imposto il mio peso di Re e riemergo. Sii svelto: non voglio mi sia rinfacciato il tempo quassù. Che è carico fresco di male addosso ai Persiani? CORO str. Vibro vederti davanti. Vibro dirti aperte parole. Vive l'ancestrale tremore. FANTASMA Io salii dall'abisso docile all'ululo tuo. Ora non incepparti. Narra di scorcio la storia concludi. Sciogli l'ossequio per me. CORO ant. Mi ritraggo: farti tale favore! Mi ritraggo: dirti aperta la storia! Che storia rilutto a dirla a chi amo. FANTASMA Quel tremore d'un tempo ti si radica dentro lo vedo. Tu mia signora che spartisti il mio letto o chiarissima donna tronca lacrime e strida. Svelami tutto. Il dolore è nel sangue dell'uomo. Quindi tocca tocca a chi vive. D'una folla di mali è radice l'oceano d'una folla la crosta terrestre - per chi ha dentro la morte - se la vita s'inarca eccessiva. REGINA Tu svettasti sul mondo per la calma potenza che ti diedero casi benigni: finché t'abbagliava raggiare di sole - eri un idolo allora in mezzo ai Persiani - colmasti d'ore stupende la vita. Un Celeste parevi. Anche oggi t'invidio: morto senza scorgere il pozzo dei mali! Certo Dario: saprai intera la storia e in rapido tempo. Sola frase: la forza di Persia è tutta disfatta! FANTASMA Che tracollo? Scoppio a fulminare di peste? Risse ribelli civili? REGINA Nulla. Giace là nel raggio d'Atene infranta l'armata. FANTASMA Quale figlio sospinse la schiera laggiù? Che io sappia. REGINA Serse. Bruciava! Desolò questa terra: una vuota spianata. FANTASMA Navigando o marciando smaniò il passo esaltato povero figlio? REGINA Insieme: coppia d'armate doppia linea d'attacco. FANTASMA Tante truppe di terra compiono il varco? Come fu? REGINA Fabbricò ingegnoso collare allo stretto di Elle. E il guado fu pronto. FANTASMA A tanto a tanto arrivò? Sprangare il gran Guado Bovino il Bosforo! REGINA Purtroppo. Chissà una Potenza si sarà prestata al progetto. FANTASMA Ah sì Potenza divina: da uscirne con la mente malata. REGINA Ed è sotto gli occhi la fine: che sfacelo ha prodotto! FANTASMA E a loro che sorte toccò da strapparvi singhiozzi? REGINA Disfatta l'armata marina condannò l'armata di terra. FANTASMA È così? La gente al completo è crollata ai colpi di picca? REGINA Susa ne è prova: dilagare di pianto sui figli ghermiti dal nulla... FANTASMA Aaah mia scelta barriera mio scudo d'uomini in armi! REGINA ... e i Battri! Tutto un popolo a picco nel nulla. Non ne avranno di vecchi per un pezzo... FANTASMA Povero figlio che rigoglio di forze alleate ha sciupato. REGINA Solo - sono voci - Serse disperato con un pugno dei suoi... FANTASMA Come come dove... è finita? O c'è forse spiraglio? REGINA ... con sollievo ha toccato il ponte catena dei due continenti. FANTASMA E ormai è al sicuro qui da noi sul suolo dell'Asia. È certo così? REGINA Certo. La notizia trionfa sincera. Nessuno smentisce per ora. FANTASMA Aaah fu svelto a culminare il presagio. Zeus saettò su mio figlio l'effetto delle voci veridiche. Io m'illudevo: sì le avrebbero coronate i Celesti alla lunga con gli anni. Ma basta che sia tu a voler bruciare le tappe e il dio t'è addosso ti spinge. Oggi diresti una pozza viva di mali s'è schiusa davanti alla cerchia dei miei. Mio figlio ha precipitato le cose. Incosciente! Febbre immatura! Che abbaglio il suo bloccare il flusso solenne del varco di Elle - servo chiuso nei lacci - il fluente Guado Bovino: è consacrato! Di sua testa snaturava la forma di quel braccio marino. L'irretiva di nodi a colpi di mazza e creò immenso sentiero alla folla guerriera. Ha dentro la morte e voleva piegare i Celesti Posidone perfino! Delirava. Un guasto mentale - che altro? - rapiva mio figlio. Ormai ho paura che l'oro il mio oro - sforzo di tutta una vita - si offra nel mondo al predone più svelto. REGINA Ecco. Sono frutti di una scuola maligna: brutta gente che gli stava vicino. Vibrava tutto Serse. Ritornello monotono: tu Dario - armi in pugno - avevi ammassato tesori agli eredi; lui Serse tra quattro pareti armeggiava. Non era da uomo. Non sapeva aggiungere nulla alla potenza paterna. Gli echeggiavano intorno gli scherni della gente cattiva. Così Serse decise la marcia l'attacco: obiettivo la Grecia! FANTASMA Sicché fu frutto del loro operare il colpo tremendo monumento perenne di pena. Uguale non era mai calato su Susa a fare il deserto: fin dal tempo che Zeus dei Re c'investì dell'alto potere comando di un uomo sovrano da un capo all'altro dell'Asia pascolo ricco d'armenti con in pugno lo scettro strumento di legge. Sì Medo resse per primo la folla guerriera. Un altro suo figlio completò il suo dominio. Terzo gli successe Ciro un uomo baciato dal Cielo. Dal trono costruì la pace nel mondo persiano: il remo maestro del senno pilotava il fervore del sangue. Sua la conquista di Lidi e di Frigi la ferrea morsa a inchiodare la Ionia. Dio non gli giurò odio: l'aveva nel sangue lui l'assennato equilibrio. Il figlio di Ciro quarto re allineava le schiere. Quinto Mardi regnò sfregio alla terra al soglio già antico. L'assassinò - una trappola dentro le sale - il bravo Artafrene con un pugno di suoi incaricati del colpo: ed io con loro. Estrassi la mossa vincente. Quanto volevo! E via marciai alla guerra. Quante guerre e con quanti guerrieri! No non ho mai scatenato sfacelo così sulla Persia. Serse mio figlio è acerbo perciò è d'acerba follia e non sa ricordare i miei avvisi. O cari vecchi ormai v'è ben noto: è lampante noi gruppo di Re che impugnammo il potere insieme non avremmo compiuto tale somma di mali. CORO Dario o Gran Re a che esito punta la storia che narri? Vedi in che stato. Come uscirne? Può la gente persiana riottenere l'alto prestigio? FANTASMA Se non portate le armi nello spazio greco neanche se la forza persiana soverchia. Badate! Perfino la terra s'affianca combatte con loro. CORO La terra? Possibile? In che forma combatte? FANTASMA Ammazza di fame la calca nemica. CORO Solo il fiore sarà arruolato e con armi perfette. FANTASMA Neanche l'armata che ancora è laggiù ferma in terra di Grecia potrà ritornarsene salva. CORO Come hai detto? Sicché il corpo invasore non passa al completo il varco di Elle uscendo d'Europa? FANTASMA Un pugno dei tanti se bisogna accettare i segni premonitori del cielo - sotto gli occhi il destino ormai fatto realtà. Per forza: non è dato che si compiano in parte questo sì questo no. Dunque Serse s'inchina a cieche illusioni se si lascia alle spalle un corpo eletto d'armati. Sono fermi laggiù dove Asopo fluendo disseta la terra generoso ristoro alla zolla beota. Pozzo fondo di male di tormento è in agguato laggiù: riscatto penoso di progetti senza equilibrio che negavano dio. Piombarono in Grecia: violarono senza pudore le sante sculture arsero i templi. Altari nel nulla statue divine troncate di netto rovinosa catasta ai piedi dei cippi. Impulsi azioni malvagie: ed ecco pesa il castigo attuale. Altro è in arrivo. Non siamo ancora al piedistallo del male: oh dovrà crescere farsi maturo. Tanto dilagherà l'impasto votivo di sangue - fiotto caldo mortale a irrorare la terra a Platea: autrice la dorica picca! Cataste di corpi - fino al terzo rigoglio di vite - morte parole urleranno agli occhi del mondo: "Chi ha dentro la morte non deve presumere oltre l'umano. Squilibrio sbocciando frutta Sfacelo dai solchi ne falcia covoni che grondano pianto". Guardate che prezzo di pena tutto questo vi costa e intanto fissatevi in mente Atene e la Grecia. Che nessuno disprezzi la sua parte di bene. Non amate possessi stranieri: spargereste nel vento una bella ricchezza. Poi Zeus è lassù e castiga gli orgogli chiassosi scrutatore brutale. Per questo ispirategli rette ragioni: che Serse riacquisti equilibrio di mente che smetta d'affliggere il Cielo col suo slancio chiassoso arrogante. Tu o signora o mia donna madre di Serse rientra al palazzo scegli il costume più fine prezioso e va' tu a ricevere il figlio: dei drappi smaglianti non gli resta che sfascio di stracci sfilacciati brandelli sul corpo carico d'aspro tormento. Devi essere dolce ragionare placarlo. Lo conosco. La tua voce saprà sopportare solamente la tua. Ora io m'inabisso nel buio. Vi saluto vecchi Fedeli. Anche avvolti d'angoscia offritevi quel poco di gioia ogni giorno che passa. Non conterà più l'oro tra i morti. Il Fantasma affonda. CORO Che fitte sentire la folla di strazi già viva e l'altra in arrivo sul nostro paese! REGINA O Potenza mi trafigge m'assale la schiera dei mali. Ma ora quest'altra vicenda mi sbrana udire il groviglio d'infamia - che abiti povero figlio! - che ora lo copre. Io vado. Trarrò dalla reggia il costume regale. Dura prova ricevere il figlio: ma io lo farò! Non lascio al dolore chi più m'appartiene. La Regina si avvia al palazzo. CORO str. I Gemiamo! Vita grande beata lo Stato quieto. Tutto questo godemmo al tempo che il Re venerando puro potente imbattuto Dario semidio reggeva la Persia. ant. I Primo: vantiamo le armate coperte di gloria che rocche e spalti nel mondo tenevano in pugno. Le guerre ci ridavano reduci indenni alle case senza strazi: di trionfo in trionfo! str. II Quante genti predò senza varcare l'orizzonte dell'Alis senza staccarsi dalle domestiche mura: i borghi palustri dell'acqua stagnante Strimonia vicini ai chiusi di Tracia. ant. II E le altre inghirlandate di torri lontane dal lago radicate alla terra a lui stavano attente al Re; e le fiere città che si specchiano nell'ampio Ellesponto; la Propontide fonda lo sgorgo del Ponto. str. III Poi isole. Tra schiaffi di mare a corona di punta salmastra prossime all'Asia. Eccole: Lesbo Samo piena di ulivi Chio ecco Paro Nasso Micono e Andro che a Tero stretta stretta s'appoggia. ant. III Reggeva le isole d'alto mare là tra le sponde: Lemno la terra d'Icaro e Rodi Cnido Pafo e Soli sacre ad Afrodite Cipria e Salamina è la sua città madre la radice dei nostri singhiozzi. ep. E i paesi colmi di beni di Greci in folla nella fascia di Ionia guidò con saggio potere. Al suo fianco sforzo invitto di corazzati guerrieri d'alleati impasto di razze. Ora il dio ha virato. Atrocemente chiaro. Su di noi è il peso delle guerre. Siamo sotto l'enorme colpo marino. Irrompe Serse disfatto. SERSE Aaah! Stravolto io esco dal cozzo col mio fato brutale insondabile. Ferina Potenza piombò sul ceppo persiano. Che carico avrò il dolore? Carne snervata divento a vedere la cerchia dei Vecchi. Oh Zeus se in mezzo agli eroi finiti laggiù m'avesse sommerso l'ora mortale! CORO Oh Re piango l'armata perfetta prestigio possente di Persia fregio d'uomini in armi che ormai Forza fatale ha trebbiato. Terra singhiozza il suo rigoglio nativo stroncato da Serse: che carico all'Ade di morti Persiani! Marciano a dense colonne nell'Ade loro la florida gemma di Persia! Prostravano gli archi - e ora sono nugolo immenso di vite stremate nel nulla. Aaah mio scudo d'eroi! L'Asia o tu che sei Re del paese - orrore orrore - si china stramazza! SERSE str. I No invece! Su me su me singhiozzate. Io disperato incarno sfacelo al mio trono alla terra natia. CORO Il mio benvenuto sarà strido sinistro di lutto lugubre urlio d'ululatore Mariandino scoppio fiotto di pianto. SERSE ant. I Scagliate la nota maligna rotta gemente: eccola vira vira la Potenza m'è addosso! CORO E nota gemente sarà solenne sul mostruoso tormento marino voce che piange la patria la gente. Urlerò gemiti intrisi di pianto. SERSE str. II Dio di Guerra greco massacrava Dio corazzato di scafi forza alla parte nemica. Mieté la nera pianura spiaggia di morte. CORO Aaah urla ma fagli dire la storia. Dov'è l'altra folla persiana? E i tuoi scudieri? Farandace dov'è? E Susa Pelagone Dotame Agdabate Psammi e Susiscane che da Ecbatana partì? SERSE ant. II Perduti. Io partivo e loro - a capofitto da uno scafo tirio - affondavano là alla scogliera di Salamina martellavano colpi su colpi all'irto scoglio. CORO Il tuo uomo Farnuco dov'è? E il bravo Ariomardo? Dov'è Sevalce principe Lileo gran sangue Menfi Taribi Masistri Artembare e Istecme? Oh voglio sapere! SERSE str. III Aaah! Negli occhi hanno Atene millenaria nemica ed eccoli - quanto patire! - una sola retata e boccheggiano riversi sui sassi. CORO Oh anche l'Occhio di Persia quel tuo uomo leale d'un pezzo a diecimila contava l'armata: Alpisto figlio di Batanoco. ............ di Sesamo di Megabate. Parto e Oibare grande perduti perduti laggiù? Oh disperati! Che mali che radice di mali tu dici alla Persia superba! SERSE ant. III Tu m'insinui l'incanto struggente dei bravi scudieri se pronunci sinistra sinistra oscena radice dei mali. Stride nell'abisso di me il mio cuore. CORO E per altri noi ci struggiamo: Xanti guidava miriadi di Mardi Ario e Ancare Daissi e Arsame condottieri al galoppo; poi Egdadate e Litimna Tolmo goloso di sangue che colpo che colpo vedere che nessuno fa ala alla cortina regale rotolante alta sul carro. SERSE str. IV Sì è finita per i capi in armi. CORO Ah è finita: nemmeno l'onore. SERSE Aaah! CORO Oh Potenze maligna sorpresa vibraste: penetrante sciabolò uno sguardo Perdizione. SERSE ant. IV Che scossa eterna. Paralizza CORO Sì paralizza. Ben lo vediamo. SERSE Fresco strazio. Fresco strazio. CORO Bastò incrociare Greci sul mare. Infame destino! La guerra è ostile al ceppo persiano. SERSE str. V Sì sì certo. Soffro. Che colpo strapparmi le schiere! CORO Tutto è perduto? Giganteggiava la Persia! SERSE Ecco brandelli di manto. Guarda! CORO Vedo oh vedo. SERSE Qui la custodia di strali... CORO Resta qualcosa di' chiaro. SERSE Tesoro... di frecce! CORO Miseria da tanta abbondanza. SERSE Sparito chi può farci da scudo. CORO Gente greca non fugge sul campo. SERSE ant. V Strepitosi guerrieri. Cosa ho visto: Rovina! Non l'aspettavo. CORO Stormo navale travolto vuoi dire? SERSE Ruppi il mantello. Troppa sciagura. CORO Aaah! SERSE Gemi più forte non basta. CORO Sì sì doppio triplo... SERSE ... lo strazio per i Greci il trionfo. CORO Forza persiana infranta... SERSE Non ho scudieri nudo. CORO Mare che inghiotte i miei... SERSE str. VI Irrora irrora la pena. Va' entra a palazzo. CORO Aaah che miseria che miseria... SERSE Ulula fa' eco al mio ululare. CORO Povero dono: da poveri a povero. SERSE Scaglia gemiti unisciti a me. CORO Aaah pesa il tormento fitta tremenda. SERSE ant. VI Battiti battiti piangi: tutto per me. CORO Lacrimo gemo mi struggo. SERSE Ulula fa' eco al mio ululare. CORO Lì è tutto il mio sforzo o sovrano. SERSE Leva ululi irti. CORO Aaah fosco impasto maligno la percossa dolente! SERSE str. VII Spaccati il petto. Urla Misio. CORO Rovina! Rovina! SERSE Disperdi la candida barba per me. CORO A forza a forza gemendo. SERSE Fuori l'urlo tagliente! CORO Eccomi pronto. SERSE ant. VII Squarciati artigliati il manto davanti! CORO Rovina rovina! SERSE Devasta la chioma tributa il tuo lutto all'armata. CORO A forza a forza gemendo. SERSE Ti goccino gli occhi. CORO Sono mare di pianto. SERSE ep. Ulula fa' eco al mio ululare. CORO Aaah! SERSE Grida e incedi alla reggia... CORO Aah Persia strade di dolore... SERSE ...in mezzo alla città. CORO Sì sì ahi ahi per la Persia! SERSE Disperatevi corteo molle di pianto. CORO Oh terra di Persia strade di dolore... SERSE Aaah sugli scafi triremi aaah quanti morti! CORO Ti fa ala il mio pianto sinistro. Si avviano al palazzo. (fine)