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“I social network. Nuovi sistemi di sorveglianza e controllo sociale” di Giuliana Sorci

Intervista a Giuliana Sorci, studiosa dei nuovi media e del controllo sociale

di Redazione - lunedì 13 luglio 2015 - 7387 letture

Il 22 maggio 2015 presso il Centro Studi Territoriali Ddisa di Lentini si è tenuta la presentazione del libro “I social network. Nuovi sistemi di sorveglianza e controllo sociale” di Giuliana Sorci, giovane studiosa palermitana che ha condotto una ricerca sulle dinamiche di controllo dei nuovi media. Di seguito l’intervista gentilmente rilasciata dall’autrice per Girodivite.

- Nel tuo libro analizzi la pervasività dei social network e le dinamiche di sorveglianza e controllo che questi attivano nella nostra società. Puoi farci qualche esempio? E in che senso contribuiamo a creare profitto scambiando informazioni sul web?

- Con l’innovazione tecnologica, in particolare con la diffusione delle nuove tecnologie elettroniche ed informatiche si è avuto uno sviluppo considerevole delle pratiche di sorveglianza e controllo sociale che ad oggi diventano sempre più capillari discrete ed invasive. Con l’avvento del web 2.0 ed in particolare la comparsa nella rete dei social network del calibro di Facebook, Twitter, Instagram, le pratiche di sorveglianza e controllo hanno subito un salto qualitativo considerevole, si tratta di un’involuzione in senso totalitario e totalizzante della attuale società capitalistica. Gli esempi di pratiche di sorveglianza e controllo che si attuano attraverso i social network in questo senso sono molteplici: nel mio saggio sono individuati tre ambiti principali mediante il quale queste pratiche si realizzano.

In primo luogo il campo che interessa l’identità dell’utente in rete: ogni utente che voglia entrare a far parte di Facebook, come di qualunque altro social media, è tenuto, pena il blocco del profilo, a dare i propri dati personali, comprensivi di nome cognome, immagine vera dell’utente, studi effettuati, attuale lavoro, orientamento religioso, politico e sessuale ovvero tutto ciò che riguarda la nostra persona e il nostro small world di riferimento. Questo implica che Facebook rappresenta ad oggi il più grande sistema di relazioni privato mai mappato nonché il più grande sistema di auto schedatura di massa mai esistito. Sempre rimanendo in tema di identità dell’utente assistiamo ad oggi ad una vera e propria forma di mercificazione di questa nel momento in cui, ogni volta che mettiamo un Like o condividiamo dei contenuti attraverso il tasto Share di Facebook, produciamo e condividiamo dei contenuti che saranno capitalizzate dalle aziende e rivenduti agli stessi utenti che li hanno prodotti sotto forma di marketing on line sempre più personalizzato.

Ogni volta che si preme il tasto Like, dunque, ai gusti degli utenti vengono associate delle inserzioni pubblicitarie che sempre più spesso riempiranno i margini della loro bacheca. Inoltre ogni azione, connessione al sito e interazione con esso, verrà meticolosamente archiviata, sotto forma di informazione, nel database del sito stesso, che la conserverà per un certo numero di tempo, anche nel caso in cui l’utente decida di disattivare il proprio profilo. Altre modalità di sorveglianza e controllo si attuano attraverso le modalità d’uso e gli applicativi di Facebook; anche qui è utile fare degli esempi per approfondire la questione: Essendo Facebook organizzato in una struttura reticolare chiusa, ogni utente presente e attivo sulla rete diviene (potenzialmente) attore della sorveglianza e del controllo sociale. Questo aspetto sostanziale ed innovativo, infatti, stravolge il rapporto, finora determinato, tra l’attore del controllo e l’oggetto del controllo, che si regolava in base ad un rapporto asimmetrico e gerarchico di potere , in cui i ruoli erano definiti e non scambiabili tra di loro. La struttura reticolare consente invece all’utente di poter essere contemporaneamente sia fautore del controllo che l’ oggetto, moltiplicandone ed amplificandone significativamente l’azione e l’impatto.

Controllare gli altri, infatti, è possibile anche se non si ha una formale relazione di amicizia (per usare un linguaggio consono ai social network) tramite i contatti in comune tra gli utenti, visualizzare i profili altrui, per spiarli, senza averne il consenso, potendo avere accesso immediato alle informazioni di contatto di un utente: questo fenomeno viene comunemente indicato con il nome di lurking o ancora nonostante l’utente non voglia rendere pubbliche le proprie informazioni e i contenuti condivisi, o quantomeno selezionare coloro che vi possono avere accesso, se i suoi amici decidono comunque di condividere informazioni su di lui, o taggarlo nelle fotografie, (dall’inglese tag "etichettare", ovvero apporre il nome sulla fotografia) queste risulteranno comunque pubbliche, ovvero accessibili o visibili all’intera rete sociale. Attraverso pratiche di hacking, per qualunque utente in possesso di conoscenze informatiche, è possibile operare la violazione e la manipolazione dell’informazione di altri utenti, mediante la creazione di virus che penetrano nel profili altrui, oppure applicazioni che cercano di inserirsi in altre applicazioni per captare le informazioni o modificarle.

Ancora più invasivo e capillare in termini di sorveglianza e controllo è l’operato dei socialbots, ovvero di programmi che operano nei social network, in grado di imitare i comportamenti degli utenti reali. I socialbots infatti creano profili fasulli e inviano richieste di amicizia ad altri utenti, rispondendo in maniera adattiva alle reazioni degli utenti reali. Un esperimento dell’università di Vancouver, ha dimostrato che nel giro di appena otto settimane sono riusciti ad infiltrare 80% degli obiettivi preposti, a seconda delle impostazioni sulla privacy degli utenti, impiantandosi stabilmente come nodi di una rete di fiducia on-line.

Il ricorso alla metafora del Grande Fratello che osserva tutto, sembra essere calzante per spiegare come le pratiche di controllo e sorveglianza oggi siano diventate più sofisticate, discrete e capillari. Ma l’essere perennemente rintracciabili e visualizzabili per certi aspetti non è il dato più allarmante: è sempre più comune osservare persone che, pur trovandosi insieme ad altri in luoghi deputati all’aggregazione sociale (piazze, pub, ristoranti, giardini pubblici), tendono a stare per gran parte del loro tempo collegati ai social network tramite i loro cellulari, non riuscendo ad interagire, se non in minima parte, con gli amici della vita reale. Soggetti sempre più alienati, per lo più nativi digitali, ovvero le generazioni di giovanissimi nati con queste tecnologie, con disturbi di analfabetismo emotivo, disturbi dell’attenzione o che hanno notevoli difficoltà nell’interagire con altri coetanei.

Queste persone degenerano in forme compulsive di abuso nell’utilizzo dei social network, vivendo esperienze che sono un surrogato della realtà vera. Le pratiche di controllo e di sorveglianza passano, ancora una volta, attraverso la meccanica del corpo (per dirla con parole di Foucault), nel momento in cui i movimenti delle dita, (sempre più veloci e coordinati per poter chattare o postare contenuti sui social network) focalizzano tutta l’attenzione dell’utente e costringono le dita delle mani ad effettuare operazioni sempre uguali, ripetitive ed alienanti, talvolta senza essere coscienti dell’azione che si sta compiendo in quel momento.

- Cosa c’è di diverso tra i social network più popolari e i social indipendenti?

- Messe in luce tutte le criticità derivanti dall’utilizzo dei social network del calibro di Facebook e Twitter in termini di sorveglianza e controllo è interessante fare riferimento, come strumenti di tutela effettiva della privacy, ai social network indipendenti ancora poco conosciuti e diffusi nel nostro paese. In particolare, nel mio lavoro ho fatto riferimento alle piattaforme We.riseup.net, Lorea.org e Noblogs.org che sono gli esempi maggiormente rappresentativi di questi network alternativi.

Questi social network, funzionano alla stessa stregua dei social network che noi tutti conosciamo, ma le differenze che intercorrono tra questi sono evidenti in termini di tutela della privacy: prendiamo ad esempio We.riseup.net. Questo funziona come un normale social network, è possibile creare un proprio account, con relativa lista di contatti con cui poter chattare, condividere materiali ed interagire ma, a differenza dei normali social network, We.riseup.net tutela la privacy dell’utente in maniera effettiva.

Per prima cosa we.riseup.net non registra l’indirizzo IP che ogni computer possiede e che viene archiviato quando si visita un sito. Tutti i dati dell’utente, comprese le sue comunicazioni, vengono memorizzati dal sito attraverso un codice crittografato, difficile da decifrare. Un altro aspetto interessante è che i gestori del sito applicano sistemi di sicurezza che tutelano We.riseup.net da attacchi hacker, e si impegnano per non fornire a nessun ente governativo o apparato di sicurezza i dati che riguardano gli utenti iscritti al sito. We.riseup.net utilizza il programma Crabgrass, ovvero un’applicazione web di software libero creata per favorire la collaborazione di gruppo e l’organizzazione a rete. Crabgrass permette di condividere documenti, di sviluppare attività e progetti, di condividere materiali prodotti e punti di vista differenti. In altre parole, il programma, così come i social network più comuni, raccoglie ed integra strumenti già esistenti e può essere utilizzato sia dagli appartenenti ad un gruppo specifico che da chiunque possieda una connessione e sia capace di collegarsi in rete.

Se è dunque vero che We.riseup.net quindi rappresenta un ottimo esempio di tutela effettiva della privacy, è altresì vero che questi social network indipendenti pongono alcune criticità: l’uso di questi social network è al momento legato ad un ambito militante, che non arriva alla maggior parte degli utenti in rete. La loro diffusione è pertanto limitata, così come la conoscenza che un utente medio può avere dei social network indipendenti, aspetto questo che ne invalida l’utilizzo.

- Pensi che i social indipendenti possano sfuggire alle dinamiche che disciplinano le relazioni costruite sul web?

- I social network indipendenti si limitano a tutelare l’utente e si pongono al di fuori dei circuiti commerciali: sono validi strumenti a supporto dei movimenti: sostanzialmente, come si è visto, sono nati dai movimenti per i movimenti sociali. Ritengo però che non sia lo strumento tecnologico che ti consente di costruire relazioni sociali e politiche altre: è la capacità che i movimenti hanno di saper creare e mantenere quelle relazioni che consente di sfuggire alle dinamiche che disciplinano le relazioni costruite sul web.

- In che modo come militante vivi i social network?

- In “Comunicazione e potere” Castells, analizzando le mobilitazioni politiche attivate attraverso l’uso di social network e smarthphone, aveva individuato nella Rete la forma più compiuta di auto comunicazione di massa, in grado sia di influenzare l’opinione pubblica al pari dei media tradizionali, di amplificare i contenuti autoprodotti dai movimenti politici praticamente in tempo reale, sia anche di rappresentare un valido strumento di organizzazione politica per i movimenti. In linea con quanto affermato da Castells, da militante antagonista dunque sono convinta che bisogna agire quella piazza virtuale così come si agisce la piazza reale; bisogna dunque appropriarsi di quegli spazi che queste piattaforme offrono per riempirli di contenuti, per far passare punti di vista, per organizzare mobilitazioni e diffondere la ragioni della protesta.

Nel mio saggio faccio esplicitamente riferimento alle rivolte arabe come esempio in tal senso. Pur decostruendo la narrazione, tutta occidentale, che vede nelle rivolte arabe la Twitter Revolution, così come è stata definita, è importante sottolineare l’importanza del ruolo giocato da questi new media in termini di diffusione e amplificazione di quelle rivolte. Bisogna però sottolineare come sia necessario scardinare il concetto di matrice neo- positivista, che vede l’uso esclusivo dei new media rivoluzionario di per sé, come se la tecnologia di per sé stessa, in quanto portatrice di innovazione, riuscisse a determinare il cambiamento sociale.

- Un’ultima domanda: il tuo prossimo progetto editoriale?

- Come prossimi progetti editoriali sto pensando ad un approfondimento a livello di analisi dei social network indipendenti: cercare di mapparne i numeri, gli usi e gli approcci operando una sorta di mappatura ai fini di una maggiore diffusione e un maggiore utilizzo. Ancora sono poco conosciuti nel nostro paese e proprio grazie alla effettiva tutela e protezione della privacy si hanno pochissimi dati in merito. Ritengo che questa campo di indagine vada ulteriormente approfondito e che di fatto rappresenti una bella sfida per chi come me si appresta a studiare tutti gli ambiti della Rete.


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