I miei innumerevoli congiunti

Ho scoperto che il dpcm del 26 aprile mi ha concesso la straordinaria libertà di frequentare i miei “congiunti”, anche se ad un metro di distanza e con la mascherina.

di Alessandro Castellari - giovedì 30 aprile 2020 - 3684 letture

Con emozione, ve lo devo confessare, ho scoperto che il dpcm del 26 aprile mi ha concesso la straordinaria libertà di frequentare i miei “congiunti”, anche se ad un metro di distanza e con la mascherina. E l’emozione è tale che, per contenerla e fare ordine nei miei pensieri, mi impongo di consultare il Principe dei dizionari, il Battaglia, Tomo Terzo (CERT-DAG). Esso esordisce con un tecnicismo lessicale: “Congiunto, participio passato del verbo congiungere, con valore di aggettivo e di aggettivo sostantivato”. E prosegue inanellando straordinarie, mirabolanti accezioni.

Uno. Già il suo primo significato dischiude vie impensate (o dimenticate) alle mie relazioni: “Fatto combaciare, aderire; messo insieme, unito; intrecciato”. Quando leggo quel passo di Giambattista Marino, “Seno a seno congiunti e labro a labro”, mi vengono in mente alcune mie ex “congiunte” e mi vien voglia di fare loro una telefonata; ma poi la delusione che proverei se le trovassi fredde e irrimediabilmente “disgiunte”, o il pensiero della mascherina e del metro di distanza mi inducono a desistere.

Due. Già il secondo significato mi tranquillizza distogliendomi dal ricordo di antiche storie (“Seno a seno congiunti e labro a labro”). Qui ci siamo: “Prossimo, vicino”. Capisco che “il prossimo”, quello che devo amare come me stesso, è troppo numeroso per rientrare nelle possibilità del pdcm del 26 aprile; ed anche “il vicino” di casa, come il ragionier Frabetti che abita al piano di sotto, è meglio che non lo frequenti. Però, però... Quando Dante chiede al trisavolo Cacciaguida in Paradiso la spiegazione di tante parziali profezie sulla sua vita futura che ha udito nel suo viaggio insieme a Virgilio, mi si spalancano innumerevoli opportunità. Dice Dante: “Mentre io era a Virgilio congiunto / su per lo monte che l’anime cura / e discendendo nel mondo defunto...” Quel participio passato si incarna per me in tante facce, persone con cui ho fatto esperienze importanti, viaggi e percorsi decisivi. Persone “congiunte”, quindi frequentabili una alla volta con la dovuta prudenza. Io credo che nessuno oggi negherebbe a Dante, purché munito di mascherina, di andare a trovare Virgilio.

Tre. Il terzo significato mi dà purtroppo scarsissime possibilità di estendere il campo delle mie relazioni e dei miei incontri: “Unito strettamente per relazione logica”. Figuriamoci se nel mondo umano, dominato dalla insensatezza e dalla follia, ci sia qualcuno che sta insieme per “relazione logica”. Se estendiamo la relazione logica a quella “funzionale”, forse la si potrebbe stabilire fra il capoufficio e l’impiegato, o fra l’insegnante e il dirigente scolastico. Ma, se io fossi un impiegato o un insegnante, non mi verrebbe mai in mente di scrivere sull’autocertificazione da esibire al vigile urbano che mi muovo di casa per incontrare dei “congiunti logici”, come il capoufficio o il dirigente scolastico. Lasciamo perdere...

Quattro. ...Lasciamo perdere quelle meschinerie perché ci stiamo avviando col quarto significato ad uno dei punti centrali e per me entusiasmanti: “Unito nell’atto sessuale”. Non voglio riandare a ciò che ho detto nel Punto Uno, ma qui è finalmente chiaro che l’atto sessuale fonda, o meglio “incarna”, uno dei principi ispiratori del dpcm del 26 aprile. Anche quel briccone di Pietro Aretino scrisse “In tanto il prete, vedendogli congiunti, gridò in sul trono del coro: Et incarnatus est!”. Non parlo solo di me, ma generosamente parlo di tutti voi. Se biblicamente potrete dire “Ho conosciuto quella donna”, “Ho conosciuto quell’uomo”, quella donna, quell’uomo diventeranno “congiunti”, e quanti più ne avrete “conosciuti”, tante più porte si apriranno ai vostri incontri. Rimarrete ad un metro di distanza? Tutto sarà affidato al vostro senso civico, la cui forza, come si sa, è inversamente proporzionale alla forza della pulsione erotica. (E qui diciamocelo con tutta franchezza: l’espressione “distanza sociale” è una sciocchezza. Con la “distanza fisica” dobbiamo misurarci, perché di corpi si tratta, non di redditi e di proprietà).

Cinque. Veniamo al significato più noto, e quindi l’unico che aveva in mente Giuseppe Conte: “Unito per sangue, per parentela, per matrimonio”. Queste circostanze straordinarie legate alla pandemia hanno dimostrato la mia fortuna. Lo dico senza trionfalismi per non offendere la sensibilità di chi è figlio unico, orfano di entrambi genitori, rimasto scapolo e con un’unica vecchia zia zitella residente in un’altra regione. Per me invece è tutta un’altra cosa. Seguitemi con pazienza come se iniziaste a leggere un ponderoso romanzo genealogico ebraico. Io sono il primo dei cinque figli di papà Alfredo e di mamma Carolina. Dopo di me sono venuti Perla, Giacomino, Paola ed Alberto. Il povero papà è morto da un pezzo, la mamma invece è una vecchietta ancora in gamba che vive con Perla. Perla ed Alberto si sono sposati ed hanno l’una tre figli e l’altro due e vari nipoti di entrambi i sessi. Ma ho anche sette cugini dalla parte delle due sorelle di mamma, i quali hanno non so quanti figli e nipoti. Ma non voglio andare oltre al terzo grado di parentela, anche se mi dicono che potrei arrivare fino al settimo. Già così, rimanendo alla parentela più stretta, mi trovo ad avere quattro fratelli (ma Giacomino e Paola sono fortunatamente in giro per il mondo), sette cugini e cinque nipoti, senza contare la sorella del mio povero papà, zia Ida, che a Natale viene a mangiare da noi (lei vive con la badante a casa sua), portandoci gli immancabili e immangiabili dolcetti e pretendendo di giocare a bestia per tutto il pomeriggio. E poi la mia unica figlia Lisa, sposata con Marco, ha già un bambino (bellissimo!) di un anno. Riassumendo: io sono figlio (1), padre (1), nonno (1), suocero (1), nipote (3), cugino (7), zio (5). Insomma ho un bel po’ di congiunti raggiungibili di primo, secondo e terzo grado che posso andare a trovare almeno una volta alla settimana. Sto già preparando un piano bimestrale di visite ai congiunti. Ah, dimenticavo. Sono sposato e abito con mia moglie Carla. Mi dispiace abitare insieme a lei. Se vivessimo separati, la andrei a trovare volentieri.

Sei. Tralascio l’altra definizione: “Legato da uno stesso sentimento: di amicizia, di amore, di intimità, di fedeltà, ecc.”. La tralascio perché questa definizione è diffusa in tante altre di cui ho già parlato. Certo è che da questa deriva la possibilità, l’unica prevista dal dpcm di Giuseppe Conte, di incontrarsi fra fidanzati e coppie di fatto. Invece, se ci pensate, essa apre a chi di noi abbia una mente larga infiniti spazi fra “congiunti” e ci dischiude innumerevoli possibilità di “congiunzioni”. Mi viene in mente la promessa che Dio fece ad Abramo (Gen. 13): “Moltiplicherò la tua stirpe, e se uno potrà contare le stelle in cielo e la polvere della terra, conterà la tua progenie”. Amen.

Sette. Ma bisogna che facciate attenzione anche ad un’ultima definizione, quella astronomica: “Congiunto dicesi di un astro con un altro”. Che c’entra questo?, mi chiederete voi. Il grande letterato, medico e filosofo portoghese Jehudah Abravanel, che visse in Italia nella prima metà del Cinquecento e fu noto col nome di Leone Ebreo, scrisse una volta: “La coniunzione de’ due pianeti è amorosa ovvero odiosa secondo la natura de’ due congiunti”. Ecco, that is the question, codesto è il problema che nessun dpcm potrà chiarire. Né io vi dirò mai se i miei innumerevoli congiunti siano per me “amorosi” o “odiosi”.


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