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I corleonesi e "il discorso dell’America"

L’operazione antimafia della Dda di Palermo condotta contro il mandamento di Passo di Rigano-Boccadifalco e Torretta, ha in parte districato la fitta rete di protezione che le "famiglie" hanno stretto intorno alla latitanza ormai ventennale di Salvatore Lo Piccolo, che è riuscito a riunire sotto il suo controllo i mandamenti di San Lorenzo e Tommaso Natale, i territori di Capaci, Isola delle Femmine, Carini, Villagrazia di Carini, Sferracavallo e Partanna-Mondello...

di Sonia Lombardo - sabato 18 agosto 2007 - 6523 letture

L’operazione antimafia della Dda di Palermo condotta contro il mandamento di Passo di Rigano-Boccadifalco e Torretta, ha in parte districato la fitta rete di protezione che le "famiglie" hanno stretto intorno alla latitanza ormai ventennale di Salvatore Lo Piccolo. Dalle intercettazioni è infatti risultato che l’ex capo mafia di Torretta, Vincenzo Brusca, ufficialmente pensionato dell’Amat, ha permesso a Lo Piccolo di sfuggire all’arresto per ben tre volte. "A lui gli hanno fatto ’la zampata’ tre volte" dice "loro entrano di qua e lui esce di là se l’è fatta franca così ... franca per miracolo proprio’’.

Considerato l’erede di Bernardo Provenzano, negli anni Lo Piccolo è riuscito a riunire sotto il suo controllo i mandamenti di San Lorenzo e Tommaso Natale, i territori di Capaci, Isola delle Femmine, Carini, Villagrazia di Carini, Sferracavallo e Partanna-Mondello, gestendo insieme al figlio Sandro, anche lui latitante da sei anni, il giro di estorsioni, il traffico di droga e il controllo degli appalti grazie alla connivenza d’imprenditori insospettabili e alle decine di omicidi per cui è ricercato. Con il consenso del suo padrino e tramite un intenso scambio di pizzini è riuscito a riallacciare i rapporti con i "cugini" americani prima dell’arresto, lo scorso aprile, di Provenzano.

Questo ha significato il rientro a Palermo degli Inzerillo, la famiglia reggente di Passo di Rigano fino al 1980, poi dall’aprile del 1981 all’ottobre del 1983 sono stati letteralmente sterminati dai Corleonesi: morirono in ventuno e molti scomparvero afferrati dalla ’’lupara bianca’’. La scia di sangue si interruppe soltanto con l’intercessione di parenti, allora i più potenti d’America come Charles Gambino. La Commissione siciliana pretese che gli Inzerillo avrebbero avuta salva la vita a condizione che non tornassero più nell’Isola. Invece nel febbraio 2006 Salvatore Lo Piccolo invia un messaggio a Provenzano rassicurandolo che a Palermo non ci sono più contrasti per gli Inzerillo. Ad intercedere per loro è un certo Fank Calì "u Fankie" imprenditore della Italian Food Distribution a New York, molto conosciuto dall’Fbi e dalla Criminalpool che lo ha spesso visto intrattenersi con il citato Vincenzo Brusca e gli uomini di Provenzano, Nicola Mandalà e Bernardo Riina che addirittura a New York costituisce una società a gennaio del 2006.

Secondo il procuratore nazionale antimafia, Pietro Grasso Calì è "l’ambasciatore" che sta trattando un nuovo "patto" tra la mafia americana e Cosa Nostra siciliana. "Per fare certi investimenti, Cosa Nostra non si può più permettere di riciclare i suoi profitti in beni individuabili sul territorio, in immobili e terreni, come ha sempre fatto. Cerca nuove strade dovunque i ricavi del crimine possano diventare anonimi e puliti. La via verso gli Stati Uniti è solo una delle possibilità che si riserva."


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I corleonesi e "il discorso dell’America"
19 agosto 2007, di : Totuccio Carnizzaro

I corleonesi?

Dico io ma che fa stiamo scherzando spero!

Ma che siete fermi alla mafia degli anni ’70?

La mafia oggi entra in casa vostra e nemmeno ve ne accorgete. Vi fa il pizzo e voi lo pagate e poi cercate i mafiosi?

Siamo tutti mafiosi!