I cantori del massacro

Il 4 novembre non c’è nulla da festeggiare

di Alberto Giovanni Biuso - martedì 4 novembre 2008 - 3650 letture

Avrei voluto scrivere sui novant’anni dal 4 novembre 1918 ma qualche giorno fa ho letto un testo di Franco Berardi “Bifo” dal titolo Cosa canteremo il 4 di novembre?. Credo che meglio non si possa dire ciò che penso anch’io. Consiglio dunque di leggere per intero questa riflessione e mi limito a riportarne alcuni brani. Aggiungo l’invito a vedere o a rivedere il terribile e magnifico film di Kubrick Orizzonti di gloria, che meglio di qualunque discorso trasmette tutto il cinismo e l’immoralità di quanti spingono i popoli alle guerre.

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Il Ministro della Difesa ha dato disposizione che il 4 novembre in duecento scuole superiori si tengano discorsi di persone inviate dall’esterno per celebrare quel giorno che sui calendari è segnato come il giorno delle Forze Armate, e nella retorica patriottarda viene definito come il giorno della vittoria. Davvero il 4 novembre è un giorno da festeggiare? C’è qualcosa di cui andare orgogliosi in quella orrenda inutile carneficina che fu la prima guerra mondiale? C’è qualcosa della partecipazione italiana alla prima guerra mondiale di cui andare orgogliosi?

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Quando l’Austria dichiarò guerra alla Serbia, sapendo che gli italiani non avevano intenzione di seguirla, pensò bene di evitare un tradimento completo degli italiani, e offrì la garanzia che Trento e Trieste sarebbero state restituite alla fine della guerra se l’Italia si fosse astenuta dall’intervenire. La neutralità era dunque la condizione naturale per l’Italia, e Giolitti, che era allora Primo Ministro italiano, fece del suo meglio per difendere questa posizione, appoggiato dai socialisti e dai cattolici che non volevano che il paese venisse coinvolto in una guerra che si annunciava dura, sanguinosa e che per l’Italia sarebbe soprattutto stata inutile.

Purtroppo esisteva in Italia una componente nazionalista che univa studenti esaltati desiderosi di menare le mani e borghesia industriale che sperava di poter guadagnare maggiori profitti dall’intervento che dalla neutralità. Inoltre un gruppo politico, guidato da un maestro elementare romagnolo di nome Benito Mussolini cominciò ad acquistare potere dall’incitazione quotidiana alla guerra. I nazionalisti accusarono Giolitti di essere un codardo e accusarono i socialisti di essere "panciafichisti". (...) Dirigenti politici italiani incontrarono a Londra dirigenti francesi e inglesi che promisero mare e monti se l’Italia avesse attaccato da sud l’Austria che fino al giorno prima era un alleato, e che aveva promesso di cedere su tutte le richieste in cambio della neutralità.

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Il 9 maggio Giolitti commenta le decisioni che si stanno prendendo in un parlamento ormai succube dei fanatici con queste parole: «Spezzare il trattato adesso, passare dalla neutralità all’aggressione è un tradimento come ce n’è pochi nella storia». In un messaggio al popolo, Francesco Giuseppe, Imperatore austriaco dice: «Il re d’Italia mi ha dichiarato guerra. Un atto di infedeltà, di cui la storia non conosce l’eguale è stato perpetrato dal regno d’Italia verso i suoi due alleati. Dopo un’alleanza di trenta anni durante la quale ha potuto accrescere il suo territorio e sviluppare un insospettato benessere l’Italia ci ha abbandonati nell’ora del pericolo e a bandiere spiegate è passata nel campo dei nostri nemici. Noi non abbiamo minacciato l’Italia non abbiamo toccato il suo prestigio non abbiamo intaccato il suo onore e interessi, noi abbiamo seguito i doveri dell’alleanza e abbiamo offerto il nostro scudo quando è scesa in campo. Abbiamo fatto di più: quando l’Italia ha spinto il suo sguardo avido oltre i nostri confini ci eravamo decisi a grandi e dolorosi sacrifici per mantenere la pace e salvare l’alleanza. Ma l’avidità dell’Italia non potè essere placata perché pensava di poter sfruttare il momento».

Come negare che Francesco Giuseppe avesse qualche ragione? I nazionalisti italiani si resero in quel momento odiosi a chiunque non fosse indegno come loro. Odiosi agli austriaci e ai tedeschi traditi, ma anche odiosi per i francesi e gli inglesi, che usarono dei servigi militari (scarsissimi) che gli italiani poterono offrire, ma non li considerarono mai alleati bensì soltanto - quali erano - servi. E dimostrarono di disprezzare gli italiani quando, dopo la fine della guerra, al Congresso di Versailles, le richieste italiane vennero trattate con assoluta indifferenza da francesi inglesi e americani, che si consideravano, ed erano, i veri vincitori e consideravano gli italiani per quello che erano: degli utili traditori.

Ma chi pagò per quella guerra inutile? Come sempre nella guerra pagarono coloro che non c’entravano niente, coloro che non avevano nulla da guadagnare dalla guerra e che non l’avevano voluta: i contadini meridionali che non sapevano neanche cosa fosse l’Austria e gli operai che avevano manifestato sotto le bandiere pacifiste contro il nazionalismo. La conduzione della guerra fu un esempio di viltà e di incompetenza da parte di coloro che avevano trascinato il paese nell’abisso. A Caporetto i morti italiani furono 11.000 i feriti 19.000, i prigionieri 300.000, 400.000 furono gli sbandati. Ancor più grave fu la battaglia di Gorizia, che costò 40.000 morti italiani.

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Qualcuno può pensare che questo cumulo di idiozia tradimento ed infamia debba essere celebrato nelle scuole di un paese civile, come vorrebbe il Ministro della Difesa, questo signore col pizzetto che si chiama Ignazio la Russa? Qualcuno può cantare "Il Piave mormorava calmo e placido al passaggio dei primi fanti il 24 maggio?" per celebrare quella vergogna e quel crimine?

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Gli stessi codardi imbecilli che trascinarono l’Italia nella prima guerra mondiale, gli stessi che venti anni dopo trascinarono il paese nel secondo conflitto sono oggi al governo di Roma, sono oggi ministri della difesa e dell’istruzione, e mentre ci chiamano a cantare il Piave tutti in piedi e sull’attenti, stanno trascinando il paese in un nuovo conflitto, non meno criminale e non meno perdente dei due precedenti. Come Mussolini trascinò l’Italia in una guerra che sembrava già vinta e invece si rivelò ben presto un inferno e si risolse in una sconfitta - così Berlusconi nel 1993 ha creduto alle parole del suo amico George W Bush: Mission accomplished. La guerra è già vinta, pensò il furbissimo Berlusconi, perché non approfittarne? E spedì le truppe italiane in Iraq. E, con l’accordo delle stesse opposizioni, spedì le truppe italiane anche in Afghanistan. Non erano guerre vinte in partenza, come assicurava l’alleato americano? Quelle guerre non solo non erano vinte in partenza, ma sei anni dopo tutti vedono bene che quelle guerre sono perse. È persa la guerra in Iraq, che pure è costata diciassette morti all’Arma dei carabinieri (diciassette morti che stanno sulla coscienza di Berlusconi e dei suoi amici, diciassette morti cui il tiranno ridente non ha ancora chiesto scusa). È persa la guerra in Iraq dopo centomila vittime civili innocenti, dopo violenze, torture, massacri che hanno avvelenato il rapporto tra l’Occidente e un miliardo di musulmani nel mondo. Ma anche la guerra in Afghanistan si è rivelata un fallimento colossale.

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Il Ministro della Difesa italiano, incurante del ridicolo e della vergogna intende continuare nella sua guerra, intende rafforzare il contingente ed esporlo a pericoli crescenti. La guerra è del resto la sola prospettiva che rimane a questa classe dirigente, ora che hanno distrutto l’economia e si preparano a smantellare quel che resta delle strutture sociali. Quando si fa la guerra è indispensabile mettere da parte l’intelligenza, è necessario che i cittadini si trasformino in sudditi ubbidienti, è necessario che nessuno abbia strumenti culturali per un pensiero indipendente. Ecco allora che coloro che vogliono la guerra vogliono anche distruggere la scuola. Ecco allora che le spese militari aumentano con i governi di destra come con quelli di centro sinistra (durante il governo Prodi la spesa militare italiana è aumentata del 23%, mentre la spesa per la scuola e la ricerca veniva ridotta). Ecco allora che il Ministro dell’Istruzione vara una riforma che punta a distruggere la scuola pubblica proprio mentre il Ministro della Difesa invita gli studenti a cantare canzoni indecenti.

(...)

Distruggono la scuola e preparano la guerra.

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