I Sessantotto di Sicilia
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Il Sessantotto non è avvenuto solo a Roma o nel Nord Italia. C’è stato un Sessantotto anche nel Sud, e in Sicilia. Qual è stato l’apporto e quali sono state le caratteristiche del Sessantotto delle periferie? E quale “periferia”, quale “centro”?Come ha funzionato l’incontro / scontro tra modernità e resistenze locali? Questo è il primo studio organico che sia stato fatto sul Sessantotto in Sicilia, in occasione del “trentennale” del Sessantotto (Bologna 1998, a cura dell’istituto Gramsci Emilia Romagna). Lo ripubblichiamo in forma ampliata come utile materiale documentario per il “cinquantenario” del 2018 e per i successivi.
dalla Introduzione del libro
- Copertina del libro I Sessantotto di Sicilia di Pina La Villa e Sergio Failla
A Catania la notte tra mercoledì 28 e giovedì 29 febbraio 1968, una ventina di studenti si barricano dentro il palazzo centrale dell’università. L’occupazione durerà una settimana. Sarà seguita da altre occupazioni e da una fase di agitazioni nelle facoltà che dura almeno fino alle elezioni politiche del 72. Il Sessantotto catanese vedrà la partecipazione di un gruppo di “giovani di sinistra” con funzione d’avanguardia rispetto alla massa degli studenti, in un contesto dominato dal sistema democristiano e socialista di Nino Drago e Fagone, costituenti un blocco organico con i “cavalieri del lavoro”; e che nel 1971 avrebbe dato un contributo nazionale alla politica italiana divenendo la città “più nera” d’Italia.
A Palermo la facoltà di Lettere viene occupata nel febbraio ’68. A marzo seguono le occupazioni di Scienze e di Architettura. Nello stesso marzo 1968 si forma l’Interstudentesco tra le scuole medie e vengono occupati tre istituti. Lotta alla mafia a partire dal grave problema dell’edilizia scolastica , autonomia del movimento studentesco, sperimentazione di forme di coordinamento (collettivi e interstudentesco) caratterizzano alcuni anni a cui possiamo anche qui porre il termine del 1972 (anno del rapporto di Lotta Continua sulla Destra fascista a Palermo).
A Messina a partire dal Sessantotto si ha un duplice processo: mentre da una parte il ceto baronale universitario si impegna in una interna lotta per il potere, che porta al predominio delle facoltà di medicina dall’altra la gestione ordinaria e quotidiana dell’Università viene demandata ad un sottoproletariato che garantisca la fedeltà al potere e la non intromissione negli affari interni finanziari. Messina ha il privilegio di conoscere, più che le altre università siciliane, il dominio militare dei gruppi neofascisti (occupazione del rettorato nel marzo 1969; occupazione della Casa dello studente).
Nel 1967-1968 anche la Sicilia, con le sue tre sedi universitarie (Palermo, Catania e Messina) fu "investita" dall’ondata di occupazioni e manifestazioni che nel resto dell’Italia ha interessato le università e le città universitarie. Ma il caso Messina ci avverte subito che, all’interno di movimenti studenteschi comuni al resto d’Italia, in Sicilia c’è qualcosa che diverge dal quadro. La Sicilia vive il Sessantotto (la fase delle lotte studentesche che vanno dal 1967 al 1972) nella complessità di una regione che non ha caratteristiche unitarie, né per storia né per evidenze e manifestazioni sociali. Cogliere il Sessantotto in Sicilia e procedere allo studio storico e all’analisi significa avere a che fare con un quadro estremamente diversificato. Per questo preferiamo parlare qui di studio e tentativo d’analisi di "casi" e non di un unico fenomeno globale regionale.
Quando, nel 1997, siamo partiti con il nostro lavoro di ricerca, sapevamo molto poco del movimento studentesco siciliano. Man mano che abbiamo proceduto, contattando protagonisti, scovando memorie e pubblicazioni in cui (soprattutto in occasione del ventennale) alcuni avevano proceduto a una prima operazione memorialistica, abbiamo scoperto una realtà molto più complessa di quella che ci attendevamo. Questo nostro lavoro può considerarsi un primo tentativo di cogliere la realtà del movimento nell’isola dal punto di vista unitario, e secondo una metodologia storica che, crediamo, supera il limite della parzialità memorialistica. Mentre per altre aree territoriali si è prodotta una vasta memorialistica e persino una produzione di carattere storico sui movimenti sociali e politici negli anni del Sessantotto, per la Sicilia riteniamo non esista una ricostruzione d’insieme e spesso neppure parziale. Si è trattato allora di impostare una prima raccolta di dati e una prima riflessione.
Già alla fine del 1997, facendo un primo punto di verifica sulla nostra ricerca, formulavamo alcune domande.
Cosa fu il movimento studentesco che tra il 1968 e il 1969 ebbe le sue manifestazioni anche in Sicilia? Movimento studentesco: movimento di difesa corporativa, tutto interno ai bisogni di una categoria, quella legata al mondo della scuola - e c’erano sicuramente alcuni che transitavano già verso il mondo accademico o comunque si erano posti la ricerca universitaria quale sbocco personale di vita, che avevano questa tendenza -? O Movimento borghese, fatto da borghesi che vogliono una modernizzazione borghese della società - all’interno di una modernizzazione difficile come quella degli anni Sessanta e della "guerra fredda" in cui si affrontano sul campo borghesia reazionaria, borghesia statunitense, borghesia filo-sovietica ecc. -? O, ancora, movimento del ribellismo borghese, la "fronda" o gli "scapigliati" "maudit" borghesi? O movimento politico anti-borghese, che usa i problemi della scuola e dell’università come momento di lotta e di unificazione dei bisogni di una massa non ancora politicizzata, la fa transitare alla politica di opposizione attraverso la dimostrazione della impossibilità della riforma all’interno della società. I problemi della scuola sono allora problemi strumentalizzati da queste fazioni (le "avanguardie comuniste")? Il 68 come specchio della trasformazione borghese in atto, e dei problemi che non risolve - dunque i fatti dell’università come momento specifico, ma che rimandano ad altro -? Il solito mix di tutto questo?
E, ancora, che caratteristiche ha avuto in terra di Sicilia? E’ stata una ’imitazione’ pedissequa e modaiola di manifestazioni, atteggiamenti, movimento "di riporto", oppure ha avuto una sua specificità? Come si ponevano i ragazzi del movimento in quegli anni, qual era la loro posizione nei confronti non solo dei problemi della scuola, ma dei problemi specifici del mondo del lavoro e della produzione? Che grado avevano di comprensione dei mutamenti e delle trasformazioni in atto nell’isola, qual era la loro dimensione? Cosa pensano oggi quei "ragazzi", di se stessi di allora e di se stessi di ora. Che visione riusciamo a darne noi oggi, che non apparteniamo a quella generazione e che viviamo una fase storica altra?
E ancora, quali "categorie" ci spingono a formulare, provare, verificare, quei movimenti e quelle esperienze. Cosa ci svelano di noi? La sfida del fare ricerca e storia contemporanea deriva dal diverso rapporto che si ha tra se stessi, le proprie categorie mentali, il proprio mondo, e l’ "oggetto" storico, che in ogni momento trasborda, ti coinvolge, richiama un dissidio che è proprio di una storia che non è del passato, non è "finita", ma che ha chiare manifestazioni anche nel nostro oggi. Una storia politica, perché coinvolge direttamente categorie ideologiche e soprattutto finalità polemiche dirette. Trent’anni di distanza possono bastare a riuscire a transitare da uno stadio di contingenza polemica a una acquisizione "scientifica" di dati, informazioni, interpretazioni? Su quest’ultimo punto abbiamo ipotizzato una risposta negativa: no, trent’anni sono pochi. E tuttavia sono sufficienti per un altro tipo di lavoro, che ci appartiene maggiormente, se non altro per questioni "generazionali": noi siamo forse la prima generazione di "storici" che può guardare ai fatti del Sessantotto senza esserne stati coinvolti direttamente, senza reducismi né polemiche di retroguardia. La vicinanza generazionale nello stesso tempo ci permette forse di "comprendere" linguaggi e forme di pensiero che non sono più parte dell’attualità di questo mondo che ha attraversato il 1989.
Un approccio da parte nostra alla storia del Sessantotto, si inquadra poi nell’ambito dell’attenzione che ci siamo posti rispetto ai movimenti e alle forme di azione collettiva che hanno attraversato la società europea ed italiana. Ma con particolare riferimento ai riflessi e alle specificità culturali proprie di una "regione" come la Sicilia, in cui i movimenti della modernizzazione si scontrano in maniera determinata con forme e tensioni sociali e economiche pre-esistenti.
Le difficoltà di ricerca sulla storia contemporanea, oltre alle difficoltà proprie di una ricerca che vede il proprio materiale d’oggetto in evoluzione, riguardano anche l’assenza e l’incuria in cui versano molti archivi pubblici che potrebbero in Sicilia svolgere un ruolo diverso. Poche (ma preziosissime) le eccezioni. L’Università, riguardo alla storia contemporanea e in particolare sulla storia della Sicilia, potrebbe svolgere un ruolo decisivo.
Il nostro approccio si inquadra nell’ambito dell’attenzione che ci siamo posti rispetto ai movimenti e alle forme di azione collettiva che hanno attraversato la società europea ed italiana dopo il 1945. Ma con particolare riferimento ai riflessi e alle specificità culturali proprie di una "regione" come la Sicilia, in cui i movimenti della modernizzazione si scontrano in maniera determinata con forme e tensioni sociali ed economiche preesistenti. Tenendo conto che il 1968 è in Sicilia l’anno del Belice e degli scontri nelle campagne tra braccianti e forze dell’ordine, e quindi nel quadro di un’analisi storica della Sicilia che vede la regione in quegli anni attraversare un periodo di trasformazione, con decise chiusure sul piano politico (dopo l’esperienza del "milazzismo") e speranze di fuoruscita dal sottosviluppo (le indicazioni di un economista come Sylos Labini in un’inchiesta pubblicata nel 1967 e condotta proprio all’Università di Catania in quegli anni). Sul piano sociale assistiamo alla decisa immissione studentesca del ceto medio nell’università e i mutamenti di costume e di mentalità legati al primo consumismo e ai modelli culturali provenienti dal "continente" (con precise conseguenze sul distacco tra giovani e anziani, e il primo emergere di una soggettività femminile).
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Gli Autori
Pina La Villa è nata nel 1960 a Francofonte (SR). Lauree in Filosofia e in Storia Contemporanea, insegna nei Licei, vive a Catania dal 1998. Ha diretto la rivista Sherazade, si è occupata di pari opportunità. Per l’Istituto Gramsci Emilia-Romagna ha pubblicato una ricerca sul Sessantotto in Sicilia, che è stata edita in forma ampliata da ZeroBook nel 2016: I Sessantotto di Sicilia, in collaborazione con Sergio Failla. Ha scritto per Girodivite e per le riviste école, Città di Città, Città d’Utopia. Ha pubblicato per ZeroBook: Elle come leggere (2006), Segnali di fumo (2007) con una nota di Maria Attanasio, Socrate al caffé (2007), Iolanda Crimi: un libro, una storia, la Storia (2005, ristampa ZeroBook 2018). Nel 2017 ha pubblicato per Villaggio Maori edizioni, Aleksandra Kollontaj: marxismo e femminismo nella Rivoluzione russa.
Sergio Failla è nato a Roma nel 1962, si è occupato di storia, informatica e letteratura. E’ stato tra i fondatori del collettivo Girodivite. Lavora presso un ISP siciliano, come sviluppatore e progettista di siti web. Ha pubblicato per ZeroBook: I ragazzi sono in Giro (2006), I ragni di Praha (2006), L’isola che naviga: storia del web in Sicilia (2007), le raccolte di poesie: Fragma 1978-1983 (nuova edizione ZeroBook 2016), Stanze d’uomini e sole : poesie 1986-1996 (2015), La mancanza dei frigoriferi: poesie 1996-1997 (2015). Ha curato l’edizione 2015 de Il cronoWeb, cronologia della storia del Web dalle origini al 2015 poi aggiornata negli anni successivi. Assieme a Pina La Villa ha curato I Sessantotto di Sicilia (1998, 2016). La parte della ricerca riguardante la città di Lentini è stata pubblicata anche con il titolo: Il Sessantotto dei giovani leoni: centro e periferia nel 1968. Il caso Lentini (ZeroBook, 2016).
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