I 50 anni di Wish You Were Here
Considerato il secondo capolavoro assoluto dei Pink Floyd, il 12 settembre ha varcato la soglia del mezzo secolo dalla sua uscita
Se si provasse a digitare su internet la parola "wish", molto probabilmente il consiglio di compilazione da parte di un qualsiasi motore di ricerca formerebbe l’intero verso "wish you were here".
Queste quattro parole forse non dicono molto alle nuove generazioni e solo gli appassionati del genere, all’ascolto del primo arpeggio di chitarra della canzone che dà il titolo all’album, si ritroverebbero coinvolti in un turbinio di emozioni e ricordi, difficili da gestire.
Una ricerca quasi maniacale dei Pink Floyd per consegnare ai posteri un altro capolavoro musicale che, dopo il successo di The Dark Side of the Moon del 1973, al quale dedicammo un articolo per il suo cinquantenario, impegnò i componenti nella produzione di un disco dedicato all’amico e fondatore storico, Syd Barrett.
Di questo disco, nei decenni, si sono prodotte diverse ristampe in ogni forma classica o moderna utilizzata dalle case discografiche. La soddisfazione più intrigante, però, rimane la versione originale di questo nono album in studio, pubblicato dai Pink Floyd il 12 settembre 1975.
Chi ebbe il privilegio di acquistarlo alla sua uscita o, in alternativa, negli anni appena successivi, si ricorderà quella copertina rivestita da una plastica nera, idea del grafico Storm Thorgerson che si ispirò ad un album dei Roxy Music, ricoperto di plastica verde per motivi di censura. Si ricorderà anche della cartolina contenuta all’interno che ritraeva un uomo a testa in giù, a candela dentro l’acqua e visibile a specchio dal busto alle gambe, protratte verso l’alto.

- Tuffo cartolina
Per chi è entrato in contatto con questo disco, l’esperienza emotiva ha lasciato sicuramente il segno. Wish You Were Here, come del resto l’intera produzione dei Pinks, ha qualcosa di esclusivo che passa dall’assorbimento mentale delle sonorità, dal sintetizzatore EMS VCS 3 utilizzato nell’album, alle suadenti scale musicali sulle quali si arrampica il compianto Richard Wright, tastierista talentuoso del gruppo. Senza tralasciare la chitarra di David Gilmour che, in tutta la produzione discografica, merita un capitolo a parte.
Sono i testi, però, quelli che, anche in quest’opera, sconvolgono l’attenzione dell’ascoltatore. Un esercizio di comprensione che invitiamo i lettori a svolgere, è quello di ascoltare l’intero disco leggendo i testi delle canzoni. Versi come "You were caught in the crossfire of childhood and stardom/Blown on the steel breeze/Come on, you target for faraway laughter/Come on, you stranger, you legend, you martyr, and shine", contenuti in Shine on you crazy diamond, sono solo un esempio della poetica che Roger Waters riuscì a comporre e dedicare a Syd Barrett, il fondatore storico del gruppo.
I messaggi, poi, di denuncia nei confronti dell’industria musicale, pronta da sempre a succhiare la linfa vitale artistica per guadagni facili a discapito di chi, quest’arte, la crea. Sono tutti concetti che il gruppo riprenderà durante l’intera carriera, intensificati da messaggi più diretti nei confronti del potere becero della politica, del sacrificio di popoli in nome di una guerra, del denaro, tanto, troppo, mal distribuito, unico scopo vitale dei potenti, pronti e sempre minacciosi, a premere un pulsante per una manifestazione imponente di superiorità.
Vogliamo chiudere questo nostro amarcord emozionale che dura ormai da cinquanta anni, riproponendo i versi contenuti nella canzone simbolo dell’intero album. Un’occasione di riflessione e di lettura approfondita dell’animo umano che, nonostante i molteplici cambiamenti delle sensibilità culturali, rendono questi versi attualissimi:
We’re just two lost souls swimming in a fishbowl,
year after year
Runnin’ over the same old ground,
what have we found?
The same old fears,
wish you were here
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